Non
è andata delusa l’attesa di quanti aspettavano l’esito delle regionali
sarde di domenica 24 febbraio per verificare l’andamento del “trend”
nazionale del voto, dopo il test abruzzese che aveva fornito indicazioni
rilevanti.
Prima di tutto va fatto notare come le elezioni regionali mantengano un appeal inferiore a quello delle elezioni politiche facendo registrare, nella generalità dei casi, un calo di partecipazione al voto tra le diverse tornate: segnale importante sotto questo aspetto per quel che riguarda le Europee di maggio. Normalmente le elezioni europee risultano le meno frequentate da elettrici ed elettori, ma nel caso delle prossime consultazioni si verificherà anche la capacità di traino di un turno amministrativo di un certo rilievo e ne constateremo l’effetto.
In Sardegna, a differenza dell’Abruzzo, invece tra i due turni di elezioni regionali (2014 – 2019) si registra un lieve incremento nelle espressioni di voto.
Andando per ordine: nell’occasione delle elezioni politiche del 2018 erano iscritti 1.368.471 elettrici ed elettori e si registrarono 869.000 voti validi; in precedenza nelle elezioni regionali 2014 gli aventi diritto risultavano essere 1.480.322 con 737.305 voti validi per i candidati presidenti e 682.022 voti validi per le liste. Lo scrutinio delle regionali 2019 , sulla base di 1.470.401 iscritte/i nelle liste, ha fatto registrare 759.819 voti validi per i candidati- presidente e 704.943 voti validi per le liste. Nei 5 anni intercorsi fra le due elezioni regionali abbiamo avuto quindi un incremento di 22.514 nell’espressione di suffragi per i candidati – presidenti e di 22.921 per le liste.
Nel 2014 il presidente Pigliaru fu eletto con 312.982 voti pari al 21,14% del totale degli aventi diritto, nel 2019 Solinas è stato eletto presidente con 363.485 voti pari al 24,72%. Un incremento del 3,58%.
Esaminiamo allora l’andamento delle diverse candidature a Presidente.
Come è già stato fatto rilevare Solinas è stato eletto con 363.485 voti: nel 2014 il candidato del centro destra Cappellacci era stato sconfitto con 292.395 voti. L’incremento del candidato di centro destra tra il 2014 e il 2019 è stato dunque di 71.090 voti.
Sul versante del centrosinistra Pigliaru era stato eletto presidente nel 2014 con 312.982 voti: Zedda nel 2019 è stato sconfitto con 250.355 voti, per una flessione di 62.627 voti.
Grande interesse si era dimostrato attorno alla candidatura Desogus presentata dal Movimento 5 stelle, candidatura per la quale non sono possibili raffronti con il 2014 poiché in quell’occasione il Movimento 5 stelle non era presente.
In questo caso il solo confronto possibile diventa allora quello con il voto delle elezioni politiche 2018. Il 4 marzo 2018 il Movimento 5 stelle (Camera dei deputati) ottenne 369.196 voti. Il 24 febbraio 2019 la candidatura Desogus ne ha avuti 85.046, mentre la lista del M5S ne ha ottenuti 68.461. Un calo rispettivamente di 284.123 e di 300.735 unità. Una flessione così rilevante che nel caso specifico non può essere attribuita all’astensione: tra il 2018 e il 2019 il calo dei voti validi è stato (raffrontati i voti dei candidati – presidenti) di 109.181 unità. Ne consegue che la perdita dei voti accusata dal Movimento 5 stelle si è diretta verso altri soggetti: in questo caso l’esito delle elezioni sarde dimostra come la volatilità elettorale abbia colpito il Movimento in dimensioni che si potrebbero definire di “smottamento strutturale”.
Per le altre candidature presentate nell’occasione un raffronto può essere eseguito con quella del candidato Pili, presentatosi nel 2014 sostenuto da 3 liste e nel 2019 dalla sola lista “Sardi Liberi” con un calo di 24.673 unità.
Presenti anche le candidature Maninchedda con 25.474 voti, Murgia 13.331 e Lecis con 4.515.
Esaminiamo allora l’andamento delle diverse liste.
Già scritto del M5S in calo rispetto alle politiche di 300.735 unità. Per fornire un’idea sul piano percentuale, riferendoci al totale degli iscritti nelle liste alle politiche 2018 il M5S aveva ottenuto il 26,97% , percentuale scesa dodici mesi dopo al 4,65%. Un flessione del 22,32%.
L’analisi del campo del centro destra indica per la Lega una flessione tra le politiche 2018 e le regionali 2019 (anche la Lega come il M5S non era presente nelle regionali 2014) da 93.771 voti a 80.068, un meno 13.703 suffragi.
Da considerare però la presenza del Partito Sardo d’Azione (che esprimeva il candidato presidente, poi eletto). Il Psd’az non era presente alle politiche 2018 (le sue candidature erano interne al centro destra) e ha realizzato un notevole incremento tra le regionali 2014 e quelle 2019 passando da 31.886 voti a 69.816 ( più 37.930). Dato che naturalmente altera l’esito delle altre formazioni di centro destra.
Forza Italia registra una rilevante flessione sia rispetto alle Regionali 2014, sia rispetto alle Politiche 2018 passando da 126.327 voti (regionali 2014) a 128.503 ( politiche 2018) fino a 56.450 (regionali 2019), oltre il 50% del proprio elettorato.
Fratelli d’Italia conferma invece la crescita fatta registrare tra le regionali 2014 e le politiche 2018 quando era passato da 19.275 a 34.963 voti sostanzialmente confermati (33.323) il 24 febbraio 2019. Un indice di consolidamento che si evidenzia in tutte le diverse tornate elettorali di questa fase per questa formazione.
L’UDC sarda cala tra le due elezioni regionali ma nel 2019 cresce rispetto alle politiche 2018: da 51.923 (2014) a 12.584 (2018) a 26.049 (2019).
Il centro destra sardo aveva presentato alle regionali 2014 tre liste locali di sostegno, cresciute a 5 nel 2019: complessivamente i voti sono passati da 69.938 a 99.139 fornendo sicuramente un incremento di rilievo alla candidatura rivelatasi vincente.
C’era molta attesa nel campo del centro sinistra per verificare il dato di tenuta del PD e l’apporto che avrebbero fornito le cinque liste di sostegno alla candidatura Zedda, sindaco di Cagliari eletto a suo tempo al di fuori dalle liste del PD.
Nonostante una rilevante flessione il PD si è affermato con il partito di maggioranza relativa nell’isola raccogliendo 94.818 voti. Nel 2014 erano stati 150.492 poi scesi nel 2018 a 128.884. Il calo tra il 2014 e il 2019 è stato quindi di 55.674 suffragi (si ricorda che tra la candidatura Pigliaru e quella Zedda sono mancati 62.627 voti.). Per fornire un’idea più approfondita del valore assoluto della maggioranza relativa nella misura conseguita dal PD è il caso di ricordare che la percentuale rapportata al totale degli iscritti (e non dei voti validi) è stata del 6,44%, con un indice di frammentazione molto elevato a dimostrazione di una fragilità congenita del sistema nel suo insieme.
Tra le liste di appoggio della candidatura Zedda sarebbe necessario distinguere tra quelle dichiaratamente di orientamento a sinistra e quelle che più propriamente potevano essere definite come “civiche”.
A sinistra, infatti, possiamo collocare LeU, Campo Progressista e Progetto Comunista: queste tre liste hanno conseguito complessivamente 52.405 voti. Nel 2014 Sel ne aveva avuto 35.376, PRC e Comunisti Italiani (che in questa occasione hanno sostenuto la candidatura Lecis) 13.982, una lista del PSI 9.518, una lista IDV – Verdi 7.551. Difficile eseguire comparazioni se non fornire l’impressione di un ulteriore calo delle liste di sinistra nell’ambito del centrosinistra. Una lista di Cristiani Popolari Socialisti ha ottenuto 9.542 voti, mentre le liste che possono essere definite come più propriamente civiche hanno avuto in totale 55.778.
Nell’insieme rispetto alle Regionali 2014 dove il centro sinistra aveva avuto (come liste) 289.663 voti con il PD che ne rappresentava il 51,95% nel 2019 lo stesso schieramento ha avuto 212.933 voti dei quali il PD ne ha rappresentato il 44,52%. Si può quindi parlare di una flessione complessiva con un sistema di alleanze articolato ma non in grado di affrontare il calo ma soltanto di contribuire a contenerlo.
Da rimarcare ancora come il Partito dei Sardi abbia ottenuto più voti del suo candidato alla presidenza 26.006 contro 25.474, la lista di Autodeterminazione che alle politiche 2018 aveva ottenuto 19.307 voti è scesa a 13.311 ( la candidatura di Andrea Murgia poco sopra con 13.381).
Rifondazione Comunista – Sinistra Sarda si è fermata a 4267 voti (con la candidatura Lecis a 4.515) mentre Potere al Popolo alle Politiche 2018 aveva ottenuto 7.885 suffragi e, ancora, la lista PRC – Comunisti Italiani presente nelle Regionali 2014 all’intero del centrosinistra di Pigliaru ottenne 13.982 voti. Una discesa evidente nell’espressione di voto della sinistra d’alternativa.
I rilievi più evidenti, alla fine, possono essere così riassunti.
1) Si conferma la minore appetibilità delle elezioni regionali rispetto alle politiche ma in Sardegna tra il 2014 e il 2019 si registra un lievissimo incremento nella partecipazione al voto;
2) Il centro destra si afferma grazie soprattutto alla forza dei suoi soggetti organizzati. La presenza del Partito Sardo d’Azione impedisce di comprendere meglio la forza di sfondamento potenzialmente rappresentata dalla Lega anche in quelle che un tempo erano considerate “parti bus infidelium”. Forza Italia prosegue nel suo regresso mentre si consolidano i Fratelli d’Italia;
3) Il centro sinistra offre segni di vitalità anche se, almeno nello specifico delle regionali sarde, il PD appare meno centrale nello schieramento. Si nota nello schieramento di centro sinistra l’assenza di soggetti organizzati ma su questo punto sarà necessario riflettere in caso di elezioni generali;
4) Come già scritto all’interno del testo quello del M5S può essere definito, a questo punto uno “smottamento strutturale”. Difficile trovare altra definizione per una perdita, in due regioni come Abruzzo e Sardegna (tutto sommato periferiche) di circa mezzo milione di voti in due tornate elettorali svoltesi a distanza ravvicinata.
5) Non si sfugge, come già fatto rilevare, ad una impressione di debolezza complessiva dei soggetti che compongono il sistema, non solo in Sardegna, e di riapertura di una fase di transizione e di ricerca di equilibri non ancora definiti. Il calo del M5S contribuisce molto a costruire questa incerta possibilità. Diventa difficile pensare anche ad un ritorno verso il bipolarismo classico centro destra – centro sinistra. E’ il caso comunque di ricordare che le elezioni sarde sono state elezioni locali destinate ad eleggere Presidente e Consiglio di quella Regione. Non va mia dimenticata, insomma, la specificità di ogni turno elettorale.
Prima di tutto va fatto notare come le elezioni regionali mantengano un appeal inferiore a quello delle elezioni politiche facendo registrare, nella generalità dei casi, un calo di partecipazione al voto tra le diverse tornate: segnale importante sotto questo aspetto per quel che riguarda le Europee di maggio. Normalmente le elezioni europee risultano le meno frequentate da elettrici ed elettori, ma nel caso delle prossime consultazioni si verificherà anche la capacità di traino di un turno amministrativo di un certo rilievo e ne constateremo l’effetto.
In Sardegna, a differenza dell’Abruzzo, invece tra i due turni di elezioni regionali (2014 – 2019) si registra un lieve incremento nelle espressioni di voto.
Andando per ordine: nell’occasione delle elezioni politiche del 2018 erano iscritti 1.368.471 elettrici ed elettori e si registrarono 869.000 voti validi; in precedenza nelle elezioni regionali 2014 gli aventi diritto risultavano essere 1.480.322 con 737.305 voti validi per i candidati presidenti e 682.022 voti validi per le liste. Lo scrutinio delle regionali 2019 , sulla base di 1.470.401 iscritte/i nelle liste, ha fatto registrare 759.819 voti validi per i candidati- presidente e 704.943 voti validi per le liste. Nei 5 anni intercorsi fra le due elezioni regionali abbiamo avuto quindi un incremento di 22.514 nell’espressione di suffragi per i candidati – presidenti e di 22.921 per le liste.
Nel 2014 il presidente Pigliaru fu eletto con 312.982 voti pari al 21,14% del totale degli aventi diritto, nel 2019 Solinas è stato eletto presidente con 363.485 voti pari al 24,72%. Un incremento del 3,58%.
Esaminiamo allora l’andamento delle diverse candidature a Presidente.
Come è già stato fatto rilevare Solinas è stato eletto con 363.485 voti: nel 2014 il candidato del centro destra Cappellacci era stato sconfitto con 292.395 voti. L’incremento del candidato di centro destra tra il 2014 e il 2019 è stato dunque di 71.090 voti.
Sul versante del centrosinistra Pigliaru era stato eletto presidente nel 2014 con 312.982 voti: Zedda nel 2019 è stato sconfitto con 250.355 voti, per una flessione di 62.627 voti.
Grande interesse si era dimostrato attorno alla candidatura Desogus presentata dal Movimento 5 stelle, candidatura per la quale non sono possibili raffronti con il 2014 poiché in quell’occasione il Movimento 5 stelle non era presente.
In questo caso il solo confronto possibile diventa allora quello con il voto delle elezioni politiche 2018. Il 4 marzo 2018 il Movimento 5 stelle (Camera dei deputati) ottenne 369.196 voti. Il 24 febbraio 2019 la candidatura Desogus ne ha avuti 85.046, mentre la lista del M5S ne ha ottenuti 68.461. Un calo rispettivamente di 284.123 e di 300.735 unità. Una flessione così rilevante che nel caso specifico non può essere attribuita all’astensione: tra il 2018 e il 2019 il calo dei voti validi è stato (raffrontati i voti dei candidati – presidenti) di 109.181 unità. Ne consegue che la perdita dei voti accusata dal Movimento 5 stelle si è diretta verso altri soggetti: in questo caso l’esito delle elezioni sarde dimostra come la volatilità elettorale abbia colpito il Movimento in dimensioni che si potrebbero definire di “smottamento strutturale”.
Per le altre candidature presentate nell’occasione un raffronto può essere eseguito con quella del candidato Pili, presentatosi nel 2014 sostenuto da 3 liste e nel 2019 dalla sola lista “Sardi Liberi” con un calo di 24.673 unità.
Presenti anche le candidature Maninchedda con 25.474 voti, Murgia 13.331 e Lecis con 4.515.
Esaminiamo allora l’andamento delle diverse liste.
Già scritto del M5S in calo rispetto alle politiche di 300.735 unità. Per fornire un’idea sul piano percentuale, riferendoci al totale degli iscritti nelle liste alle politiche 2018 il M5S aveva ottenuto il 26,97% , percentuale scesa dodici mesi dopo al 4,65%. Un flessione del 22,32%.
L’analisi del campo del centro destra indica per la Lega una flessione tra le politiche 2018 e le regionali 2019 (anche la Lega come il M5S non era presente nelle regionali 2014) da 93.771 voti a 80.068, un meno 13.703 suffragi.
Da considerare però la presenza del Partito Sardo d’Azione (che esprimeva il candidato presidente, poi eletto). Il Psd’az non era presente alle politiche 2018 (le sue candidature erano interne al centro destra) e ha realizzato un notevole incremento tra le regionali 2014 e quelle 2019 passando da 31.886 voti a 69.816 ( più 37.930). Dato che naturalmente altera l’esito delle altre formazioni di centro destra.
Forza Italia registra una rilevante flessione sia rispetto alle Regionali 2014, sia rispetto alle Politiche 2018 passando da 126.327 voti (regionali 2014) a 128.503 ( politiche 2018) fino a 56.450 (regionali 2019), oltre il 50% del proprio elettorato.
Fratelli d’Italia conferma invece la crescita fatta registrare tra le regionali 2014 e le politiche 2018 quando era passato da 19.275 a 34.963 voti sostanzialmente confermati (33.323) il 24 febbraio 2019. Un indice di consolidamento che si evidenzia in tutte le diverse tornate elettorali di questa fase per questa formazione.
L’UDC sarda cala tra le due elezioni regionali ma nel 2019 cresce rispetto alle politiche 2018: da 51.923 (2014) a 12.584 (2018) a 26.049 (2019).
Il centro destra sardo aveva presentato alle regionali 2014 tre liste locali di sostegno, cresciute a 5 nel 2019: complessivamente i voti sono passati da 69.938 a 99.139 fornendo sicuramente un incremento di rilievo alla candidatura rivelatasi vincente.
C’era molta attesa nel campo del centro sinistra per verificare il dato di tenuta del PD e l’apporto che avrebbero fornito le cinque liste di sostegno alla candidatura Zedda, sindaco di Cagliari eletto a suo tempo al di fuori dalle liste del PD.
Nonostante una rilevante flessione il PD si è affermato con il partito di maggioranza relativa nell’isola raccogliendo 94.818 voti. Nel 2014 erano stati 150.492 poi scesi nel 2018 a 128.884. Il calo tra il 2014 e il 2019 è stato quindi di 55.674 suffragi (si ricorda che tra la candidatura Pigliaru e quella Zedda sono mancati 62.627 voti.). Per fornire un’idea più approfondita del valore assoluto della maggioranza relativa nella misura conseguita dal PD è il caso di ricordare che la percentuale rapportata al totale degli iscritti (e non dei voti validi) è stata del 6,44%, con un indice di frammentazione molto elevato a dimostrazione di una fragilità congenita del sistema nel suo insieme.
Tra le liste di appoggio della candidatura Zedda sarebbe necessario distinguere tra quelle dichiaratamente di orientamento a sinistra e quelle che più propriamente potevano essere definite come “civiche”.
A sinistra, infatti, possiamo collocare LeU, Campo Progressista e Progetto Comunista: queste tre liste hanno conseguito complessivamente 52.405 voti. Nel 2014 Sel ne aveva avuto 35.376, PRC e Comunisti Italiani (che in questa occasione hanno sostenuto la candidatura Lecis) 13.982, una lista del PSI 9.518, una lista IDV – Verdi 7.551. Difficile eseguire comparazioni se non fornire l’impressione di un ulteriore calo delle liste di sinistra nell’ambito del centrosinistra. Una lista di Cristiani Popolari Socialisti ha ottenuto 9.542 voti, mentre le liste che possono essere definite come più propriamente civiche hanno avuto in totale 55.778.
Nell’insieme rispetto alle Regionali 2014 dove il centro sinistra aveva avuto (come liste) 289.663 voti con il PD che ne rappresentava il 51,95% nel 2019 lo stesso schieramento ha avuto 212.933 voti dei quali il PD ne ha rappresentato il 44,52%. Si può quindi parlare di una flessione complessiva con un sistema di alleanze articolato ma non in grado di affrontare il calo ma soltanto di contribuire a contenerlo.
Da rimarcare ancora come il Partito dei Sardi abbia ottenuto più voti del suo candidato alla presidenza 26.006 contro 25.474, la lista di Autodeterminazione che alle politiche 2018 aveva ottenuto 19.307 voti è scesa a 13.311 ( la candidatura di Andrea Murgia poco sopra con 13.381).
Rifondazione Comunista – Sinistra Sarda si è fermata a 4267 voti (con la candidatura Lecis a 4.515) mentre Potere al Popolo alle Politiche 2018 aveva ottenuto 7.885 suffragi e, ancora, la lista PRC – Comunisti Italiani presente nelle Regionali 2014 all’intero del centrosinistra di Pigliaru ottenne 13.982 voti. Una discesa evidente nell’espressione di voto della sinistra d’alternativa.
I rilievi più evidenti, alla fine, possono essere così riassunti.
1) Si conferma la minore appetibilità delle elezioni regionali rispetto alle politiche ma in Sardegna tra il 2014 e il 2019 si registra un lievissimo incremento nella partecipazione al voto;
2) Il centro destra si afferma grazie soprattutto alla forza dei suoi soggetti organizzati. La presenza del Partito Sardo d’Azione impedisce di comprendere meglio la forza di sfondamento potenzialmente rappresentata dalla Lega anche in quelle che un tempo erano considerate “parti bus infidelium”. Forza Italia prosegue nel suo regresso mentre si consolidano i Fratelli d’Italia;
3) Il centro sinistra offre segni di vitalità anche se, almeno nello specifico delle regionali sarde, il PD appare meno centrale nello schieramento. Si nota nello schieramento di centro sinistra l’assenza di soggetti organizzati ma su questo punto sarà necessario riflettere in caso di elezioni generali;
4) Come già scritto all’interno del testo quello del M5S può essere definito, a questo punto uno “smottamento strutturale”. Difficile trovare altra definizione per una perdita, in due regioni come Abruzzo e Sardegna (tutto sommato periferiche) di circa mezzo milione di voti in due tornate elettorali svoltesi a distanza ravvicinata.
5) Non si sfugge, come già fatto rilevare, ad una impressione di debolezza complessiva dei soggetti che compongono il sistema, non solo in Sardegna, e di riapertura di una fase di transizione e di ricerca di equilibri non ancora definiti. Il calo del M5S contribuisce molto a costruire questa incerta possibilità. Diventa difficile pensare anche ad un ritorno verso il bipolarismo classico centro destra – centro sinistra. E’ il caso comunque di ricordare che le elezioni sarde sono state elezioni locali destinate ad eleggere Presidente e Consiglio di quella Regione. Non va mia dimenticata, insomma, la specificità di ogni turno elettorale.
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