mercoledì 30 settembre 2015

Non solo "cervelli", anche pensionati in fuga dall'Italia

Secondo i dati Inps, nel 2014 crescita del 65%.
E l'Inps paga all’estero 400mila assegni per oltre un miliardo di euro.
Secondo l'Inps, oltre 36.500 pensionati "in fuga" dal 2003 al 2014.

Secondo l'Inps, oltre 36.500 pensionati "in fuga" dal 2003 al 2014.
Non sono solo i giovani a caccia di lavoro che fanno le valigie per andare a vivere all'estero. Secondo un rapporto Inps, sono sempre più numerosi i pensionati italiani che decidono di lasciare l'Italia per andare a vivere in paesi dove il costo della vita è meno caro e dove il peso fiscale incide meno sulle pensioni.
Risultato finale: solo nel 2014 i pensionati espatriati sono stati 5.345, il 65% in più dell'anno precedente. Dal 2010 il numero è più che raddoppiato (+109%). Oltre 36.500 pensionati "in fuga" dal 2003 al 2014.
Il fenomeno non ha certo riflessi economici positivi per il paese. L'Inps eroga all’estero circa 400mila trattamenti pensionistici all’anno per un importo complessivo di oltre un miliardo di euro in più di centocinquanta Paesi. E questo "rappresenta una perdita economica per l’Italia in quanto l’importo erogato non rientra sotto forma di consumi o di investimenti e genera un minor volume di imposte", ha spiegato l'Inps.
Senza considerare poi che nei Paesi che hanno stipulato una convenzione in materia fiscale con l’Italia le pensioni vengono erogate al lordo e, per evitare una "doppia tassazione". Il presidente Boeri propone a questo proposito lo stop delle prestazioni non contributive all'estero. "Paghiamo integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali a persone che vivono e pagano le tasse altrove".
Ma dove vanno i nonni in fuga dall'Italia? Sempre secondo i dati Inps, il 71% dei pensionati emigrati negli ultimi cinque anni si è trasferito in altri Paesi europei, il 10% in America settentrionale e il 6% in America meridionale.

lunedì 28 settembre 2015

Malattia, visite fiscali, reperibilità: tutte le novità

Il lavoratore ammalato deve sottoporsi, preferibilmente sin dal primo giorno di malattia, ad un accertamento sanitario da parte del proprio medico curante, che produce un’apposita certificazione. La disciplina cambia caso a seconda che l’assenza per malattia sia di durata pari o inferiore a 10 giorni, oppure sia superiore a 10 giorni:
– per le assenze da malattia pari o inferiori a 10 giorni, nonché per le assenze fino al secondo evento nel corso dell’anno solare, il lavoratore può rivolgersi anche al medico curante non appartenente al SSN (o con esso convenzionato);
– se invece l’assenza supera i 10 giorni o nei casi di eventi di malattia successivi al secondo nel corso dell’anno, la certificazione deve essere rilasciata esclusivamente dal medico del SSN (o con esso convenzionato).
MEDICO E LAVORATORE: CHI FA COSA
Il medico è tenuto ad inviare la certificazione per via telematica all’INPS, con le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall’Istituto.
Il lavoratore deve richiedere al medico il numero di protocollo identificativo del certificato inviato e fornirlo al proprio datore di lavoro, quando richiesto.
L’INPS, a sua volta, mette a disposizione dei datori di lavoro, attraverso i propri canali telematici, gli attestati di malattia ricevuti dai medici.
Il lavoratore è esonerato dall’invio della documentazione in forma cartacea.
Il lavoratore può continuare a presentare, sia all’INPS che al datore di lavoro, il certificato di malattia in formato cartaceo quando lo stesso viene rilasciato da medici privati non abilitati all’invio telematico o da strutture di pronto soccorso, nonché quando l’evento di malattia comporta il ricovero ospedaliero.
Al momento della visita il lavoratore può richiedere al medico la copia cartacea del certificato e dell’attestato di malattia, o, in alternativa, l’invio della copia dei documenti in formato pdf alla propria casella di posta elettronica.
Quando la stampa della certificazione non è oggettivamente possibile, il medico può limitarsi a chiedere al lavoratore conferma dei dati anagrafici inseriti rilasciandogli il numero di protocollo.
Il lavoratore, infine, può prendere visione dei propri certificati accedendo al sito internet dell’INPS, tramite PIN o codice fiscale.
IL CONTROLLO DEL MEDICO FISCALE INPS
Tutti i datori di lavoro devono presentare le richieste di visita medica di controllo in via telematica, attraverso il portale dell’INPS (servizio “Richiesta visita medica di controllo“).
Al termine della visita di controllo il medico redige presso il domicilio del lavoratore un apposito verbale informatico e ne fornisce copia al lavoratore. Il verbale viene trasmesso in tempo reale ai sistemi informatici dell’INPS e reso contestualmente accessibile al datore di lavoro che ha richiesto la visita.
Il datore di lavoro può inviare all’INPS, con un’unica operazione (funzione “Invio richieste multiple”), più richieste di visite mediche di controllo (al massimo 50).
OBBLIGO REPERIBILITA’ DEL LAVORATORE E FASCE ORARIE
Per consentire il controllo dello stato di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale:
tutti i giorni durante la durata della malattia comprese le domeniche ed i giorni festivi
nelle seguenti fasce orarie giornaliere:
1) lavoratori statali e personale enti locali
mattina: dalle ore 9 alle 13
pomeriggio: dalle ore 17 alle 18.
2) Lavoratori settore privato
mattina: dalle ore 10 alle 12
pomeriggio: dalle ore 17 alle 19.
Se i contratti collettivi dovessero stabilire regole diverse sarebbero nulli e quindi inapplicabili.
IL LAVORATORE GIA’ VISITATO PUO’ RICEVERE UNA SECONDA VISITA?
Su tale punto i giudici hanno fornito pareri discordanti. Alcune sentenze ritengono che il lavoratore debba sempre rendersi reperibile nelle fasce orarie, anche nel caso in cui il controllo medico sia già avvenuto, in quanto il datore di lavoro ha diritto alla reiterazione delle visite nei limiti in cui ciò non abbia lo scopo di molestare o danneggiare il lavoratore senza un valido motivo.
Un altro orientamento stabilisce invece che, posto il carattere eccezionale della limitazione della libertà di movimento che deriva dall’obbligo della reperibilità, il lavoratore non è più tenuto a rispettarla una volta che il medico di controllo abbia accertato la malattia. Diversamente si potrebbe addirittura incidere negativamente sulla guarigione, specialmente per alcune patologie la cui cura può richiedere l’allontanamento dal luogo abituale di residenza per località più consone alle condizioni del lavoratore ammalato.
SE IL LAVORATORE OSTACOLA LA VISITA
Il lavoratore ha il dovere di cooperare all’effettuazione delle visite domiciliari, in modo da consentire al medico l’immediato ingresso nell’abitazione. Se non rispetta tale dovere per incuria, negligenza o altro motivo (si pensi all’assenza del nome del lavoratore sul citofono) scatta la decadenza dal diritto al trattamento economico; non vi si può rimediare neanche con la conferma della malattia in una successiva visita ambulatoriale.
LAVORATORE ASSENTE ALLA VISITA
Se il lavoratore risulta assente alla visita di controllo domiciliare, il medico:
– rilascia, possibilmente a persona presente nell’abitazione del lavoratore, un avviso recante l’invito per quest’ultimo a presentarsi il giorno successivo (non festivo) alla visita di controllo ambulatoriale, salvo che l’interessato non riprenda l’attività lavorativa;
– comunica l’assenza del lavoratore all’INPS che, a sua volta, avvisa il datore di lavoro.
Se il lavoratore non si reca alla visita ambulatoriale, l’INPS ne dà comunicazione al datore di lavoro ed invita il lavoratore a fornire le proprie giustificazioni entro 10 giorni.

domenica 27 settembre 2015

Sanità, si gratta ancora dal fondo del barile

Diritto alla salute addio! Come dire: morite prima così risparmiamo anche sulle pensioni, e possiamo potenziare le spese militari per la guerra. Nella calura estiva una vera e propria mazzata si è abbattuta sulla sanità pubblica. Il Governo deve far quadrare i conti come richiede l'UE e le spese sanitarie sono tra i primi tagli della spending review.
Non tagli agli sprechi o razionalizzazione delle risorse, ma tagli lineari che colpiscono la salute. Il capolavoro del deputato Pd Gutgeld, fedele renziano, è una voragine di 10 miliardi che si aggiunge a quella degli ultimi anni e che attacca la prescrizione degli esami. Basta con analisi, tac e risonanze magnetiche, visite specialistiche, stop a quasi 200 prestazioni specialistiche e a oltre cento tipologie di ricoveri ritenuti uno spreco miliardario.
Strutture sanitarie e medici avranno un limite di prescrizione oltre al quale non potranno andare, vale a dire che i pazienti saranno privati di diagnosi accurate se non a proprie spese, come se già non bastasse il pagamento dei ticket. Introdotti con la giustificazione del ripiano del deficit della spesa sanitaria accumulato in seguito a gestioni clientelari, di corruzione, di tangenti, ruberie varie ecc. Un balzello per la spesa sanitaria che si paga già attraverso il prelievo fiscale generale, l'Irpef e le assicurazioni auto.
Il Sistema sanitario nazionale, nato nel 1978 forte di una mobilitazione che si richiamava all'art. 31 della Costituzione, è un vago ricordo. Dal 1992 con De Lorenzo, allora ministro della sanità, ad oggi una serie di controriforme, la riforma del titolo V, le politiche della Commissione europea, hanno cambiato completamente i principi ispiratori e la sanità è diventata un'azienda che deve produrre profitto. Anche con il governo Prodi e Rosi Bindi ministro, nel 1999, si è confermata l'aziendalizzazione e la regionalizzazione, inoltre sono stati introdotti i LEA, i livelli essenziali di assistenza.
L'attuale attacco durissimo alla sanità, con differenze tra Regione e Regione per via del Patto Stato-Regioni, mette a serio rischio il diritto alla salute. La riduzione di personale – sottoposto a turni e orari massacranti per contratti firmati da quei sindacati che dovrebbero difendere i lavoratori - mette in pericolo la salute stessa dei dipendenti e abbassa il livello di qualità del servizio. E a sopperire vuoti e posti vacanti sono chiamati a lavorare, gratis, i volontari (speranzosi in una futura assunzione), perché l'Italia per numero di infermieri è sotto la media OCSE: 6,4 per mille abitanti contro media Ocse a 8,8 mancano quindi 60 mila infermieri.
Cosa sta accadendo nella sanità pubblica? Depotenziamento, ridimensionamento e declassamento di interi ospedali obbligano pazienti e parenti a scomodi e costosi spostamenti. Per evitare lunghe liste d'attesa si dirigono i pazienti verso il cosiddetto volontariato, cioè verso il terzo settore che alle Regioni costa più del servizio interno, si riducono i posti letto (la media Ocse è 4,8 per mille abitanti mentre in Italia è a 3,4 mille e 12 anni fa era a 4,7), si limitano i giorni di degenza, si è introdotta l'intramoenia - il sistema che permette agli specialisti l'uso privato della struttura pubblica a pagamento -. Si chiudono i reparti maternità là dove si registrano meno di 1000 parti all'anno costringendo le donne - stressate dal travaglio - a lunghi percorsi su strade spesso dissestate, impervie, piene di curve e l'uso dell'elicottero dalle isole, tempo permettendo.
Con l'imposizione del DRG (diagnostic related group), una sorta di prezzario delle prestazioni in uso negli Stati Uniti ai pazienti non è garantita la necessaria assistenza e vengono dismessi non completamente guariti. E mentre si eliminano i presidi di quartiere e gli ospedali, se ne costruiscono altri con il sistema economico del project financing per assicurare ulteriori profitti e speculazioni finanziarie ai privati e per loro la sanità diventa un vero e proprio affare. Lo scopo del Governo nazionale e regionale tra chiacchiere e slogan smentite dalla realtà è chiaro: smantellare il servizio pubblico sanitario - che è un diritto costituzionale - per orientarlo verso la totale liberalizzazione e privatizzazione, con grande vantaggio dei pazienti ricchi, delle cliniche private, delle compagnie assicurative (Unipol sta spopolando), del terzo settore cosiddetto volontariato.
In piena sintonia con quanto richiesto dall'imperialismo Usa attraverso il TTIP, il trattato che l'UE sta firmando, e con il Tisa, "Trade in services agreement", altro accordo che l'Italia sta negoziando su pressione di grandi lobby e multinazionali attraverso la Commissione europea e che riguarda la privatizzazione di tutti i servizi fondamentali ancora oggi pubblici (istruzione, trasporti) compresa la sanità. Sebbene in Italia ci siano 10 milioni di cittadini che rinunciano alle cure mediche per le loro cattive condizioni economiche e altri milioni si sacrificano per pagare i ticket, si ha la percezione che l'antipopolare attacco al diritto alla salute e il futuro "americanizzato" che ci aspetta, non sia recepito dai cittadini.
Forse la comunicazione del Governo, seppure parziale e non veritiera è così convincente? La salute non è un tema che interessa parlamentari e politicanti che sanno bene come stanno le cose, ma hanno l'interesse di procedere verso una società sempre più elitaria eliminando il welfare. Liberalizzazione e privatizzazione sono termini cari anche alle forze di destra che difendono i servizi pubblici, ma solo a parole e strumentalmente.
Tutti sanno che la spesa militare continua ad aumentare, sanno che l'Italia spende 70 milioni al giorno per la "difesa", che il governo Renzi (scavalcando il Parlamento) si è impegnato a mantenere forze militari in Afghanistan e fornire a Kabul un aiuto economico di 4 miliardi di dollari annui. Si è impegnato a sostenere lo speciale fondo al governo di Kiev, candidato a entrare nella Nato ed allargare ulteriormente l'Alleanza atlantica ad est. Sanno quanto costa mantenere lo staff dei quartieri generali attraverso i ministeri degli esteri per coprire i costi operativi e di mantenimento della struttura militare internazionale (circa il 9% per "operazioni e missioni a guida Nato"). E quanto si spende per le Basi Usa e Nato sul nostro territorio? E per le esercitazioni militari? È di questi mesi una delle più grandi esercitazioni Nato la TJ15 che vede impegnate soprattutto in Italia, Spagna e Portogallo oltre 230 unità terrestri, aeree e navali e forze per le operazioni speciali di oltre 30 paesi alleati (36 mila uomini, oltre 60 navi e 140 aerei da guerra).
Tutti impegni che non solo inquinano, non solo trascinano l'Italia in nuove guerre, ma sottraggono enormi risorse alla spesa sanitaria, alle pensioni, all'occupazione e alla solidarietà verso gli immigrati. Tutti tacciono sullo spreco di denaro e sulle grandi spese (comprese quelle per governo e parlamentari) e accettano i tagli della sanità. Quindi per tornare all'argomento iniziale non ci sono scorciatoie. La lotta e l'organizzazione, anche su argomenti parziali come il rifiuto della speculazione sulla salute, su quel diritto che è la condizione di benessere psico fisico come il diritto a rimanere sani con la garanzia della prevenzione, oltre che dal non essere avvelenati dall'inquinamento generale, compreso quello delle manovre militari e della guerra, sono fondamentali. Senza dimenticare che il problema di tutti i nostri mali si chiama capitalismo, il sistema basato sulla ricerca del massimo profitto, che calpesta pure la salute. Ed è questo sistema che va abbattuto per costruirne uno che abbia al centro i lavoratori, le masse popolari e le loro esigenze.

sabato 26 settembre 2015

Si ammali chi può

La ministra della Salute Beatrice Lorenzin allunga a 208 voci la lista di esami clinici da ridurre e sottrae altri 2,3 miliardi al Servizio sanitario nazionale. L’accusa è di eccesso di prescrizioni inappropriate. In preparazione altre norme per ridurre la medicina difensiva. I sindacati: manifestazione nazionale a novembre
Messo defi­ni­ti­va­mente in sof­fitta l’obiettivo prio­ri­ta­rio di pre­ve­nire le malat­tie che era alla base della riforma sani­ta­ria del 1978, la mini­stra della Salute Bea­trice Loren­zin allunga ulte­rior­mente fino a 208 voci, rispetto alle 108 dell’agosto scorso, l’elenco degli esami cli­nici - da inse­rire in un pros­simo decreto legge - che saranno coperti dal Sistema sani­ta­rio nazio­nale solo a deter­mi­nate con­di­zioni, pre­ve­dendo san­zioni per i medici che non rispet­tano i paletti impo­sti e per­se­ve­rano invece in quell’«eccesso di pre­scri­zioni» esploso negli ultimi anni con la cosid­detta “medi­cina difensiva”.
Un pro­blema, quello dell’appropriatezza delle pre­scri­zioni di test dia­gno­stici (ma di abuso di far­maci non parla più nes­suno) su cui tutti con­cor­dano, inclusi, con scarsa auto­cri­tica, i camici bian­chi, e che com­por­te­rebbe secondo i cal­coli gover­na­tivi uno spreco di risorse pub­bli­che pari a 13 miliardi ogni anno. I medici però non ci stanno ad accet­tare il «metodo repres­sivo» che limita la loro azione «in scienza e coscienza» e «rischia di incri­nare il rap­porto di fidu­cia col paziente». Ma soprat­tutto, si riper­cuote sulla salute pub­blica, aumen­tando il diva­rio tra le oppor­tu­nità di accesso alle cure a seconda del censo e della regione di appartenenza.
E allora la Fede­ra­zione nazio­nale degli Ordini dei medici annun­cia già per novem­bre una mani­fe­sta­zione nazio­nale di tutta la cate­go­ria per «richia­mare l’attenzione sulle cri­ti­cità emer­genti del Ssn», men­tre Mas­simo Cozza, segre­ta­rio nazio­nale Fp Cgil Medici chiama alla «mobi­li­ta­zione uni­ta­ria con i cit­ta­dini a difesa del Ssn e con­tro i tagli alla sanità camuf­fati come man­cati aumenti o risparmi annun­ciati da Renzi e Padoan».
Cozza spiega al mani­fe­sto: «Con quest’ultima mano­vra di luglio inse­rita nel decreto sugli enti locali, in appli­ca­zione del Patto sulla salute siglato da governo e regioni e da com­ple­tare appunto con l’elenco degli esami cli­nici sti­lato dal mini­stero, si tagliano 2,3 miliardi alla sanità pub­blica. Ma sono 30 i miliardi sot­tratti negli ultimi cin­que anni e non rein­ve­stiti sul Ssn». Inol­tre, il prov­ve­di­mento della mini­stra Loren­zin — che limita, per esem­pio, la pos­si­bi­lità di ripe­tere l’esame del cole­ste­rolo e dei tri­gli­ce­ridi nel san­gue a una volta ogni cin­que anni, a meno di par­ti­co­lari neces­sità cura­tive — sca­rica sulle regioni la messa a punto del modus ope­randi: chi con­trol­lerà, chi diri­merà even­tuali con­tro­ver­sie tra medico e con­trol­lore, quali san­zioni per il medico e chi le inflig­gerà. C’è da scom­met­tere che ogni regione si rego­lerà a modo suo. E così l’erogazione dei ser­vizi, già a mac­chia di leo­pardo, diven­terà tal­mente diso­mo­ge­nea da vio­lare il diritto costi­tu­zio­nale san­cito dall’articolo 32. In più, aggiunge Luigi Conte, segre­ta­rio Fnom­ceo, «molti dei 208 esami indi­cati nel prov­ve­di­mento come a rischio inap­pro­pria­tezza sono desueti e già non utilizzati».
Ribatte Loren­zin: «Non c’è una cac­cia al medico, tutt’altro. Gli diamo gli stru­menti per agire in modo più sereno. Le san­zioni ammi­ni­stra­tive sul sala­rio acces­so­rio scat­te­ranno dopo un eccesso rei­te­rato di pre­scri­zioni inap­pro­priate e solo dopo un con­trad­dit­to­rio con il medico che dovrà giu­sti­fi­care scien­ti­fi­ca­mente le sue scelte. Se non lo farà, solo allora scat­terà la san­zione». La mini­stra assi­cura inol­tre che i «pro­to­colli che sta­bi­li­scono come e quando fare gli esami sono stati decisi dalle società scien­ti­fi­che e rivi­sti dal Con­si­glio supe­riore di sanità». E invece l’associazione dei medici diri­genti Anaao «con­ferma la pro­pria totale con­tra­rietà ad affron­tare il tema dell’appropriatezza cli­nica per via poli­tica e ammi­ni­stra­tiva - afferma il segre­ta­rio nazio­nale Costan­tino Troise - Senza con­tare i veri e pro­pri stra­fal­cioni pre­senti nella parte tec­nica del decreto, che la dicono lunga sulle com­pe­tenze e sull’attenzione riser­vate alla materia».
Non sono poche invece le orga­niz­za­zioni che plau­dono al prov­ve­di­mento con­si­de­rato «utile alla lotta agli spre­chi». Ma men­tre i sin­da­cati dei radio­logi, per esem­pio, chie­dono di «risol­vere rapi­da­mente la que­stione della respon­sa­bi­lità pro­fes­sio­nale», per il Coda­cons i medici «appa­iono total­mente tute­lati e pos­sono ricor­rere anche a forme par­ti­co­lari di assi­cu­ra­zione», «il pro­blema sem­mai è garan­tire un livello di assi­stenza sani­ta­ria ade­guata evi­tando distor­sioni a danno degli utenti».
L’elenco di Loren­zin comun­que, secondo Mas­simo Cozza, «non rap­pre­senta in alcun modo un limite alla medi­cina difen­siva». E infatti il governo sta già lavo­rando, come ha riba­dito ieri, ad una serie di norme da inse­rire nella legge di sta­bi­lità per aiu­tare i medici a tute­larsi dalle cause teme­ra­rie che sareb­bero, secondo i sin­da­cati, il 97% di quelle inten­tate da pazienti.

venerdì 25 settembre 2015

Democrazia, compassione e moralità non appartengono più al mondo occidentale

Invece di "esportare" la democrazia l'Occidente dovrebbe tenerne un pò per sé, scrive Paul Craig Roberts. Gli Stati Uniti sono una oligarchia in cui il governo risponde a sei potenti gruppi di interesse privati. In Europa i governi sono responsabili verso l'Unione europea, Washington, e banchieri privati, non verso i loro popoli . Nel Regno Unito gli alti vertici militari si sono detti pronti a prendere il potere.
Jeremy Corbyn è il primo laburista a guidare il Partito laburista dopo tanto tempo. Considerando la stupidità e l'immoralità dei Tories, Corbyn potrebbe diventare primo ministro della Gran Bretagna. In tal caso, Corbyn sposterebbe le priorità di bilancio dal sostenere le guerre di Washington verso una ristrutturazione dello Stato sociale sociale
Un generale di alto livello dell'esercito britannico ha detto che l'esercito non avrebbe permesso al popolo di "mettere un cane sciolto a responsabile della sicurezza del Paese. L'esercito non lo permetterà e utilizzerà tutti i mezzi possibili, leciti o illeciti, per evitare questo ".
In altre parole, un esito democratico inaccettabile per l'esercito inglese sarebbe rovesciato. Proprio come in Egitto.
Qui abbiamo l'incongruenza di Washington e Londra di portare la democrazia agli altri attraverso quelli che Vladimir Putin chiama la "democrazia degli attacchi aerei", mentre tollerano un deficit di democrazia per loro stessi. La conclusione più sicura è che la democrazia è un mantello per un ordine del giorno aggressivo, non è un valore in sé per le élite degli Stati Uniti e del Regno Unito, che governano e che intendono continuare a governare questi paesi a loro vantaggio personale.
Non solo ha la democrazia ha abbandonato il mondo occidentale, ma anche la compassione, l'empatia per gli altri, la moralità, l'integrità, il rispetto per la verità, la giustizia, la fedeltà e il rispetto di sé. La civiltà occidentale è diventata un guscio vuoto. Non è rimasto nulla, solo avidità e la coercizione e la minaccia di coercizione. Quando ho letto che il Presidente russo Putin vuole essere un partner dell'Occidente, mi sono chiesto perché un paese così potente, che è emerso come una luce dalle tenebre, voglia essere il partner di Satana. Suppongo che questa notizia sia falsa o che Putin stia agendo nell'interesse del genere umano per disinnescare la pericolosa situazione creata da Washington e dai suoi burattini della NATO.
La Russia non deve dimenticare il coraggioso discorso che il presidente venezuelano Hugo Chavez ha dato alle Nazioni Unite il 20 settembre 2006. In piedi sul podio, Chavez ha paragonato George W. Bush a "Satana stesso, che parlava come se il mondo fosse di sua proprietà. È ancora possibile sentire l'odore dello zolfo". "Lo scopo dell'America, ha detto Chavez, è" preservare il modello di dominazione, sfruttamento e saccheggio dei popoli del mondo "
Le parole di Chavez contenevano troppo verità per i politici degli Stati Uniti. Nancy Pelosi, il multimiliardario presidente della Camera dei Rappresentanti, ha detto che un discorso del genere era prevedibile da un "delinquente".
Altrove la risposta è stata diversa. Rafael Correa, attualmente presidente dell'Ecuador, ha detto che Chavez aveva insultato Satana, perché anche se Satana è il male come Washington, è almeno intelligente mentre Washington è completamente stupida.
Il mondo occidentale è agli sgoccioli. La disoccupazione è orrenda per i giovani europei e americani, principalmente per queli istruiti. Laa facile risposta- "l'educazione è la soluzione" - è una bugia. I ricercatori non possono ottenere posti di lavoro perché i bilanci universitari vengono tagliati al fine di risparmiare soldi per le guerre e i salvataggi bancari e il 75% del budget rimanente è utilizzato dalle amministrazioni per pagare a se stesse grandi stipendi e benefit.
La mentalità di Wall Street domina la vita americana, e questa avidità è stata esportata in Europa, che aveva raggiunto un rapporto di condivisione tra lavoro e capitale. Oggi l'Europa, come gli Stati Uniti, è un deserto di opportunità per i giovani. La Grecia è stata sacrificata per i banchieri privati, e l'Italia, la Spagna, il Portogallo sono in attesa dietro le quinte. Al posto dei paesi europei indipendenti, si fa largo un'autorità centralizzata fascista.
Mentre milioni di rifugiati causati dalle guerre di Washington e dei suoi alleati della NATO cercano rifugio in Europa, i bilanci per il benessere sociale vengono messi sotto pressione..
Negli ultimi anni abbiamo assistito a banchieri privati che agendo attraverso l'Unione europea sono stati in grado di nominare i governi di Grecia e Italia.
Nel mondo occidentale viene ristabilita l'aristocrazia della ricchezza. Se la Russia e la Cina partecipassero a questo "partenariato", miliardi di persone saranno governati da un pugno di ricchi
Il mondo è sul filo del rasoio. L'Occidente è perduto. Russia e la Cina potrebbero andare giù con l'Occidente, perché sia la Russia che la Cina hanno sofferto la tirannia e guardano verso l'Occidente per un percorso di libertà. Ma i percorsi occidentali portano a "dominazione, sfruttamento e il saccheggio dei popoli del mondo."
Russia e Cina parteciperanno al saccheggio, o sapranno resistere per l'umanità?

giovedì 24 settembre 2015

Sanità aumenta la lista degli esami "proibiti"

Dall'estrazione e ricostruzione dei denti alla radiologia diagnostica comprendente risonanze e tomografie, dalle prestazioni di laboratorio come l'esame del colesterolo alla medicina nucleare e gli esami di genetica: sono diventate 208 le prestazioni e gli esami sotto 'stretta osservazione' attraverso il provvedimento in preparazione al ministero della Salute e che si tradurrà in un decreto volto a garantire l'appropriatezza delle prestazioni sanitarie, al fine di evitare “esami e visite inutili” che costano ogni anno al Servizio sanitario nazionale circa 13 mld di euro.
Il documento provvisorio, consegnato ieri ai sindacati medici dal ministro Beatrice Lorenzin in occasione di una riunione tecnica al dicastero, 'infoltisce' dunque la lista degli esami 'sorvegliati speciali' rispetto alla prima bozza resa nota dai sindacati prima della pausa estiva e che indicava 180 prestazioni. Il documento precisa dunque, accanto ad ogni prestazione citata, le 'condizioni di erogabilità', ovvero i criteri in base ai quali il medico può prescrivere al paziente quella determinata prestazione a carico del Servizio sanitario nazionale. Per quanto riguarda ad esempio le condizioni di erogabilità delle prestazioni odontoiatriche, potranno usufruirne gratuitamente - oltre ai già previsti interventi legati alla prevenzione - i bambini da 0 a 14 anni in condizioni di ''vulnerabilità sanitaria'' (ovvero, si specifica nel documento, ''condizioni di tipo sanitario che rendono indispensabili o necessarie le cure odontoiatriche'') o di ''vulnerabilità sociale'' (ovvero ''condizioni di svantaggio sociale ed economico che impediscono l'accesso alle cure odontoiatriche a pagamento per gli elevati costi presenti nelle strutture private''). Anche per l'erogazione delle dentiere sono previsti gli stessi criteri. E' comunque garantita a tutti i cittadini il trattamento delle urgenze odontostomatologiche. Rispetto invece a prestazioni come le risonanze magnetiche, è previsto che siano ''erogabili'' in particolari condizioni legate ad esempio a patologie oncologiche o traumatiche. Lungo pure l'elenco delle prestazioni di laboratorio. Tra gli esami 'sotto monitoraggio', ad esempio, quello del colesterolo totale: le condizioni di erogabilità prevedono che sia ''da eseguire come screening in tutti i soggetti di età superiore a 40 anni e nei soggetti con fattori di rischio cardiovascolare o familiarità per dislipidemia o eventi cardiovascolari precoci. In assenza di valori elevati, modifiche dello stile di vita o interventi terapeutici - si precisa - l'esame è da ripete a distanza di 5 anni''.
I medici protestano per bocca dell'Anaoo. "Se il tema dell’appropriatezza prescrittiva, ed il relativo consumo delle risorse - si legge in un comunicato - viene considerato fondamentale per l’equilibrio economico dei sistemi sanitari evoluti, è impensabile procedere attraverso note, tabelle e sanzioni. Con il rischio di inquinare il rapporto medico-paziente e di spingere i cittadini verso le strutture private, obbligando le fasce più deboli della popolazione ad ingrossare il numero di coloro che già ora rinunciano alle cure ed alimentando una spesa out of pocket che già è ai massimi in Europa".
L’Anaao Assomed ribadisce che si tratta di una "pesante ingerenza che umilia le peculiarità della professione medica, insieme alla legge di stabilità e ai tagli del FSN, al DDL sulla responsabilità professionale, al contratto di lavoro e ai decreti delegati riguardanti il personale delle amministrazioni pubbliche, è tra le cause del malessere professionale che ha portato alla mobilitazione della categoria ormai in atto".

mercoledì 23 settembre 2015

Karzai ammette: Al-Qaeda? Mai esistita, era un’invenzione

L’ex presidente afghano Hamid Karzai, intervistato l’11 settembre 2015 da un giornalista di “Al Jazeera”, spazza via 14 anni di narrativa ufficiale occidentale dichiarando che Al-Qa’ida è una mera invenzione. Lo dice senza alcun tentennamento: «Per me è un’invenzione. Non ho mai ricevuto un solo rapporto da una qualunque fonte afghana su Al-Qa’ida o su quello che stessero facendo. Noi non li vediamo, non riusciamo a visualizzarli, per noi non esistono. Non ho mai ricevuto rapporti dalla nostra intelligence, o dalla nostra gente. Non ho mai avuto a che fare con loro». Il video con l’intervista (sottotitolato in italiano da “luogocomune” e ripreso da “Pandora Tv”) non è stato ancora citato con rilievo dai nostri grandi media. Eppure la notizia è importante. La traduciamo anche in un semplice concetto: gli enormi costi economici e umani dell’invasione dell’Afghanistan da 14 anni in qua sono imposti ai popoli sulla base di un pretesto inventato. Esattamente come fu per la guerra in Iraq. Ulteriore traduzione: si corre a cercare negli occhi degli altri popoli pagliuzze da chiamare “criminali di guerra”, mentre abbiamo travi conficcate nei nostri democratici occhi occidentali. Come definire altrimenti un Tony Blair?
La classe dirigente neocolonialista che ha trascinato il mondo nella guerra afghana – e poi nella serie di successive distruzioni di altri Stati – ha mentito sistematicamente, rendendosi responsabile della devastazione di grandi comunità umane. Cosa sia Hamid Karzaistata Al-Qa’ida negli ultimi quindici anni è dunque una delle questioni cruciali per capire la nostra epoca. La disgrazia è che la natura di Al-Qa’ida nelle redazioni dei grandi media rimane un soggetto “tabù”, affrontato con un mix micidiale di malafede, ignoranza, camaleontismo intellettuale. I fili che portano alla verità, quando il giornalismo volesse seguirli e fare il suo mestiere, ci sarebbero pure. Ma rimangono sconosciuti ai più. Come fu nel caso delle dichiarazioni di uno dei massimi esponenti dello spionaggio francese, Alain Chouet, l’uomo che aveva plasmato le strutture antiterrorismo ai vertici dei servizi segreti d’Oltralpe negli stessi anni in cui Washington e Londra elaboravano le favole e gli spettri della Guerra Infinita. Leggetele: quelle dichiarazioni di Chouet smontavano tutto quel che i grandi organi di informazione avevano fin lì raccontato su Al-Qa’ida. Quegli stessi organi si guardarono bene dal dargli peso.
È perciò ipotizzabile che al-Qa’ida, così come caratterizzata e spiegata dall’amministrazione Usa e da quella britannica quale nucleo di un minaccioso ed esteso complotto terroristico su scala planetaria, non esista affatto? Che cioè sia un’illusione gonfiata e deformata dai politici? Un cupo imbroglio che si è moltiplicato tramite i governi di mezzo mondo, i servizi di sicurezza e l’informazione internazionale, senza che nessuno osasse contestarlo. Rispondere correttamente a queste domande può aiutare a spiegare le crisi di oggi (e, temiamo, di domani): le guerre, le migrazioni di masse di profughi, l’isteria mediatica, il futuro di tutti noi. Sia chiaro. Qui non si dubita del fatto che crudeli e ricchi esponenti delle petromonarchie, ben inseriti nei giochi delle classi dirigenti, organizzino un flusso smisurato di finanziamenti a favore di gruppi di fanatici islamisti introdotti alla lotta terroristica (si pensi anche all’Isis, di cui si dirà più avanti). Non si dubita neanche del fatto che una variante aberrante dell’Islam fondamentalista abbia provocato massacri e tensioni ovunque nel pianeta. Ma le ondate di rivelazioni di Bin Ladenquesti anni demoliscono alla radice l’esistenza di una minaccia terroristica internazionale unificata antioccidentale e autonoma di portata equiparabile alla cosiddetta “minaccia sovietica” del tempo che fu.
L’agenda politica imposta dai neoconservatori (sia quelli autentici, sia le loro varianti di sinistra) è falsa. Però pretende che noi crediamo senza prove, senza logica, spogliati dei normali parametri di analisi politica (perché, se osi adoperarli, ti aggrediscono come indemoniati incolpandoti di complottismo, di inammissibili dietrologie, ecc). Dunque dobbiamo credere, e perciò obbedire, e alla fine anche combattere il nemico invisibile, indefinibile, incalcolabile, dicendo di sì a un puzzle i cui pezzi non s’incastrano uno con l’altro. Uno dei giornali turchi più importanti (e recentemente più perseguitati dal regime di Erdoğan), il quotidiano “Zaman”, nel 2004, si chiedeva: “Al-Qa’ida, un’operazione dei servizi segreti?”: «Gli specialisti di intelligence turchi concordano sul fatto che non c’è un’organizzazione come al-Qa’ida. Semmai, al-Qa’ida è il nome di un’operazione da servizi segreti. Il concetto “combattere il terrore” è il background del modello di guerra a bassa intensità, condotta nell’ordine mondiale monopolare. L’oggetto di questa strategia della tensione è denominato al-Qa’ida».
Abbiamo innumerevoli conferme che aiutano a rileggere il fenomeno Al-Qa’ida come una porta girevole in cui transitano e vengono ingaggiati migliaia di tagliagole fanatizzati che operano al servizio delle strategie imperiali. Se si considera quanta gente abbia lungamente soggiornato nei “gulag offshore” dell’Occidente (Guantánamo e i suoi fratelli), per poi uscirne ancora più armata di prima, quei luoghi somigliano tanto a campi di condizionamento e reclutamento. Loro, i miliziani jihadisti brutti e cattivi, non si caricano delle responsabilità giuridiche che il diritto bellico imporrebbe a normali soldati inquadrati in eserciti più tradizionali. Il crimine di guerra rimane orfano: partendo da loro non si risale facilmente lungo la catena di comando, quella che passa dal criminale di guerra che sgozza i civili sino ai burattinai dei suoi burattinai, quei criminali di guerra più David Petraeusgrossi e puliti che se ne stanno nel back-office, mentre lanciano le guerre umanitarie e inaugurano gli ospedali. Poi, va detto, li vediamo agire d’amore e d’accordo, come è accaduto in tante guerre degli ultimi anni.
Oggi il generale David Petraeus, ex direttore della Cia, propone di riciclare miliziani di Al-Nusra (in altri momenti definita come Al-Qa’ida inSiria) per combattere contro l’Isis. Un investimento nel caos, come quello auspicato da George Friedman, il capo della Stratfor, espressione del complesso militare-industriale Usa, quando rivendica con orgoglio la volontà dell’Impero di mettere interi popoli l’uno contro l’altro. A proposito dell’Isis, sembra il “next level” del videogioco Al-Qa’ida. Mentre Al-Qa’ida è una vecchia sigla che svolge alcuni limitati servizi, l’Isis appare un progetto più organico e più ambizioso nell’ambito della Guerra Infinita. Ha il compito Alain Chouettemerario di distruggere l’ordine statuale che perdurava nel Vicino Oriente in continuità con i trattati successivi alla prima guerra mondiale, per instaurarne uno del tutto nuovo, con altri confini, divisioni etniche, poteri.
Ed è anche la piattaforma militare-terroristica da cui potrebbe partire una guerra non ortodossa nel cuore dell’Eurasia, contro gli attuali alleati di Russia e Cina e contro gli stessi giganti eurasiatici. Un incubo geopolitico in mano agli stessi doppiogiochisti e triplogiochisti che finanziano sia Al-Qa’ida sia nuovi grattacieli londinesi. Ecco perché l’intervista a Karzai rompe molti schemi. È molto significativo che il suo giovane intervistatore si accorga subito che il quadro lì dipinto in diretta stia inconcepibilmente uscendo dalla solita cornice. Non può collocarsi nella bolla mediatica di riferimento – sta per forza in un altro frame – tanto che gli domanda: «Quando lei dice che sono un’invenzione, e che non ha mai visto le prove, la definiscono un “complottista”? Qualcuno potrebbe dire che lei sembra un complottista». Più che una domanda, è un riflesso condizionato pavloviano. Lo stesso stimolo a cui rispondono ancora in troppi, nel mondo forgiato dall’11 settembre 2001.

martedì 22 settembre 2015

Italia sotto controllo totale NATO

L'Italia è sotto il controllo totale della NATO. A dimostrarlo sono le numerosissime basi militari americane sparse per il Paese, la trasformazione della Sicilia in un centro tecnologico di droni, aeroporti adibiti a massicce esercitazioni internazionali, sistemi di guerra probabilmente pericolosi per la salute come il Muos.
Ora, come può l'Italia avere una politica estera indipendente se è totalmente militarizzata dalla NATO? I media questa domanda non se la pongono, del resto le basi militari americane sono praticamente un tabù sulla stampa italiana.
I cittadini però potranno pur sapere quello che avviene sul loro territorio? Nel frattempo si avvicina la più grande esercitazione NATO dai tempi della guerra fredda, la "Trident Juncture 2105", ospitata anche dal Belpaese. L'importante è essere consapevoli del ruolo fondamentale che ha l'Italia nei giochi di guerra firmati NATO. C'è però chi lancia l'allarme e dice "no" alla guerra e alla Nato come Padre Alex Zanotelli, che ha gentilmente rilasciato un'intervista in merito a Sputnik Italia.
- Padre Alex, qual è il suo punto di vista sulle esercitazioni NATO "Trident Juncture 2015" che si svolgeranno in Italia quest'autunno?
- Siamo davanti alla più grande esercitazione militare mai fatta dopo il crollo del muro di Berlino. Le esercitazioni si svolgeranno dal 3 ottobre fino al 6 novembre con la partecipazione dei rappresentanti di tutte le fabbriche di armi. Parliamo di una cosa imponente che esprime la militarizzazione di questo nostro sistema economico e finanziario. Il comando centrale sarà proprio Napoli, a Lago Patria. Ecco perché noi a Napoli ci stiamo mobilitando per una manifestazione nazionale del 24 ottobre nel cuore di queste esercitazioni.
Vogliamo lanciare un grido di allarme, perché vediamo un mondo che sta andando a rotoli, ma non ci accorgiamo che dietro tutto questo c'è la guerra. Noi diciamo "no" al militarismo, che si esprime con la NATO, la quale di tutte le spese di armi al mondo spende il 70%.
- Oltre alle imminenti esercitazioni, l'Italia è già piena di basi militari americane, ha il Muos in Sicilia. Possiamo dire che l'Italia è già un teatro di guerra ed è sempre più sotto il controllo NATO?
- Sì, è sotto il totale controllo NATO. Io ho citato Napoli prima perché sarà il quartier generale delle esercitazioni, ma la Sicilia è fondamentale. Sigonella sarà la capitale mondiale dei droni. Niscemi è stata scelta come quarta capitale delle comunicazioni militari. L'Italia gioca un ruolo fondamentale in tutto questo, che purtroppo la gente non sa.
- Non tutti sanno che sul territorio italiano ci sono anche 80 bombe atomiche. Secondo lei, Padre Alex, perché la stampa parla così poco di quello che avviene nelle basi militari americane?
- È chiaro che la stampa è in mano al potere economico e finanziario. Per questo la gente non sa queste cose, i telegiornali e la stampa non ne parlano. Questo è gravissimo, parliamo di una grande ignoranza voluta della gente. Se la gente sapesse, si ribellerebbe a questo assurdo sistema nel quale viviamo.
- Per questa militarizzazione americana, l'Italia potrebbe non essere libera anche da un punto di vista politico?
- La nostra politica estera non esiste, la nostra politica estera la fa la NATO. Lo abbiamo visto quando siamo andati in guerra con la NATO in Afghanistan, in Libia. È importante iniziare a capire che l'Italia non è un Paese libero, siamo parte integrante di questo impero mondiale che è protetto da armi superpotenti.
- Padre Alex, che messaggio vorrebbe lanciare all'opinione pubblica? Qual è il suo auspicio?
- Prima di tutto dobbiamo ripensare a livello politico la nostra presenza nella NATO, dobbiamo uscirne fuori. Da questo punto di vista mi sento in compagnia con gli unici due che della democrazia cristiana nel '48 votarono contro la presenza nella NATO. Uno di loro due si è ritirato dalla politica ed è diventato un monaco. Era molto arrabbiato, perché capiva che non poteva farci niente, parlo di Giuseppe Dossetti, un grande, l'anima della Costituzione italiana. Lui ha votato contro la presenza nella NATO, votò contro il proprio partito.
Oggi il mio appello è prima di tutto alle istituzioni. Dobbiamo uscire dalla NATO se vogliamo un minimo di libertà per fare noi una nostra politica.
Secondo: vorrei fare una domanda alla politica. Quando ero direttore di "Nigrizia" sono stato tartassato per aver sollevato il problema delle armi, perché sapevo che una somma di soldi andava ai partiti che erano allora al governo. Ho scritto un'altra lettera recentemente: voglio sapere quanti soldi oggi vanno ai partiti che sono al governo sulle tangenti d'armi. Sono questioni fondamentali, se la gente sapesse queste cose, comincerebbe a reagire in un'altra maniera. Purtroppo la gente non sa.
Il mio terzo appello è alla gente. Dobbiamo rafforzare il movimento per la pace, noi siamo frantumati, dobbiamo sentirci invece un'unica realtà, dalla Sicilia al Trentino. Dobbiamo creare una cittadinanza attiva, capace di dire "no" con chiarezza a questo sistema economico militarizzato che sta in piedi per la super potenza delle nostre armi.

lunedì 21 settembre 2015

Ma chi sono i "costituenti" che riformano il Senato?

La riforma del Senato è diventata l'ostacolo su cui potrebbe inciampare il governo Renzi. Non crediamo che ciò accadrà, diciamo subito. Ma il modo in cui va maturando una riforma costituzionale – che decide degli assetti di lungo termine delle istitutzioni e dei rapporti tra i poteri dello stato – merita qualche attenzione.
Siamo infatti abituati a considerare Renzi e i suoi robot-valletti come dei mentitori seriali, quindi indegni di attenzione a quanto vanno dicendo. È giusto, e proprio perché è giusto diventa necessario analizzare quel che fanno, non quel che dicono.
Sul merito della riforma del senato, c'è poco da aggiungere a quanto hanno già detto autorevoli costituzionalisti di diverse scuole (Zagrebelski, Villone, Ferrara, ecc). Fare del Senato un microcontenitore di nominati di secondo grado (presi dalle regioni e dai Comuni, più 5 di competenza del Presidente della Repubblica), senza più funzioni di controllo legislativo, è di fatto un'abolizione secca.
La legge elettorale chiamata “Italicum”, peraltro, svuota anche la Camera dei Deputati (così come aveva fatto il “Porcellum” calderolian-berlusconiano), confermandola come un contentitore di nominati dalle segreterie di partito (in realtà selezionati e imposti dalla consorterie organizzate in forma elettorale), quindi obbedienti in tutto e per tutto alla volontà dei capicorrente.
L'abnorme “premio di maggioranza” al partito che vince il secondo turno, infine, rende possibile un governo blindato, scelto magari solo dal 20% dei votanti (attualmente la metà degli aventi diritto). Se non è un golpe, insomma, poco ci manca.
Ma quello che vi invitiamo a considerare è anche il metodo, altrettanto immondo, in cui si “cerca la maggioranza” per far approvare la riforma del Senato allo stesso Senato.
Il Pd, ieri, si è formalmente spaccato sull'art. 2, ossia sulla non eleggibilità dei componenti il prossimo Senato. La bersaniana Denis Lo Moro ha abbandonato il tavolo di confronto interno ai piddini presenti in Commissione Affari Costituzionali, vista l'irremovibilità dei renziani a qualsiasi modifica.
A quel punto la presidente della Commissione, la renziana Anna Finocchiaro, ha deciso di “tirare dritto”, convocando per oggi la riunione dei capigruppo per portare in aula il testo senza modifiche. Così facendo ha naturalmente fatto saltare sulla sedia Pietro Grasso, presidente del Senato, che è per regolamento l'unico che ha il potere di convocare i capigruppo, anche se di norma lo fa su richiesta anche di singoli gruppi.
Una scortesia istituzionale in più, e volontaria, perché i renziani vogliono sapere se Grasso ammetterà o meno le migliaia o pochi emedamenti che mettono in discussione l'art. 2. Un pressing coatto rinforzato dalla decisione, presa dalla stessa Finocchiaro, di dichiarare “inammissibili” tutti gli emedamenti su questo punto.
Dal punto di vista regolamentare qualche ragione c'è. Un testo di legge già passato sia in Senato che alla Camera può essere modificato solo nelle parti che l'altro ramo del parlamento ha cambiato rispetto alla prima lettura. E nell'art. 2 c'è stato un solo cambiamento; l'uso della preposizione “dai” al posto di “nei”. Nulla, insomma, che possa interferire sull'eleggibilità dei senatori, stupidamente approvata in pima lettura anche dai bersaniani del Pd.
È chiaro, insomma, che dietro la spinta degli emedamenti a tutto campo, c'è un'intenzione politica non esplicitata che Renzi, a questo punto, preferisce far venire allo scoperto per decapitare definitivamente la minoranza interna. Ma coì facendo deve mettere sul piatto la disponibilità a far cadere il suo stesso governo, se dovesse finire in minoranza su qualche emendamento decisivo, e accettare la sfida di nuove elezioni.
Il suo calcolo è quasi trasparente: se ci deve essere un rischio elezioni, meglio subito che tra un anno o due, quando saranno molto più visibili, socialmente, gli effetti delle sue più infami “riforme” (Jobs Act, scuola, sanità, ammortizzatori sociali, ecc). Per quanto in rapido calo, la sua immotivata popolarità (tutta dovuta a una precisa scelta dei proprietari del principali media mainstream) è ancora enormemente superiore a quella di qualsiasi possibile competitore. Unica eccezione i grillini, contro cui sarebbe in fondo facile chiamare all'”unità nazionale” di centrodestra e “democratici”.
Ma cadere, per quanto con molti salvagente, è sempre un rischio. Quindi va berlusconianamente cercando di comprarsi più senatori possibile, sia nella minoranza Pd che tra le opposizioni ufficiali (Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia, ecc).
Ed è qui che il metodo si traforma in sostanza politica e costituzionale.
Per esempio: il leghista Calderoli avrebbe potuto decidere di ritirare gli emendamenti leghisti presentati in commissione. Un gesto di “cortesia” parlamentare intinto nel veleno, perché avrebbe costretto i renziani ad affrontare il voto in Commissione, dove non hanno i numeri. Sarebbe stato un punto a favore dell'opposizione di destra al governo. Ma Calderoli non l'ha fatto. E sembra logico dedurre che il motivo sta in uno scambio poco onorevole per tutti: oggi il Senato deve decidere se metterlo in stato d'accusa per le offese all’ex ministro Cecile Kyenge (che chiamò “orango”). Basta che il Pd decida di votare contro e lo scambio è fatto. Calderoli la passa liscia e qualche voto leghista a favore (o non contrario) del testo renziano si può trovare...
Stesse scene su altri fronti, dove la “strana coppia” di fiorentini in odor di loggia (Verdini, peraltro finito sotto inchiesta per la P4, e Luca Lotti, neo sottosegretario alla presidenza del Consiglio), va sondando disponibilità individuali e/o di gruppo. Lo scambio, in questi altri casi, riguarda la possibilità di trovare posto nelle future liste blindate per la Camera oppure la certezza di venir rispescati magari a livello regionale.
Oppure c'è la possibilità di scansare una autorizzazione all'arresto. Come nel caso di Giovanni Biliardi, senatore Ncd. La Giunta per le autorizzazioni ha già dato il suo parere favorevole all'ingabbiamento, ma la relatrice Pezzopane non avrebbe ancora depositato la relazione "tecnica". Quindi, se l'arrestando darà il voto suo e di qualche amico a favore della riforma, il Pd potrebbe contraccambiare – come già fatto per Azzollini – votrando in aula il “no” alle manette.
Pratiche ignobili certo non nuove nei corridoi parlamentari. Ma in ballo stavolta non c'è una leggina sul finanziamento di una fondazione che “interessa” un boss locale, né una sul finanziamento dei partiti. Si sta parlando di poteri costituzionali, di “equilibri” tra questi poteri. Che si possa procedere a maggioranza semplice (invece che “qualificata”, ovvero due terzi dei senatori) è già uno sfregio. Che lo si faccia contando su una manciata di corrotti, minacciati, “scambisti”, dà la cifra autentica della moralità di questa banda al governo.

domenica 20 settembre 2015

Cosa nostra, la strage di Capaci e l'ombra dei Servizi

C'era un uomo, durante la preparazione della strage di Capaci, che non avevo mai visto prima. Non era dei nostri, era sui 45 anni. Arrivò con Nino Troia, il proprietario del mobilificio di Capaci dove fu ucciso Emanuele Piazza, un giovane collaboratore del Sisde che pensava di fare l'infiltrato”. E' il racconto del pentito Gioacchino La Barbera, l'ex boss di Altofonte che sistemò il tritolo per la strage e diede il segnale per l'esplosione, in un'intervista rilasciata al quotidiano “La Repubblica”.
Raggiunto nella località protetta in cui vive, con un'altra identità, il collaboratore di giustizia, rivive il giorno dell'Attentatuni, in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo ed i tre agenti di scorta, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo.
“Fui io a dare il segnale agli altri appostati sulla collina – ricorda - Ero in contatto telefonico con Nino Gioè. Sapevamo che il giudice sarebbe arrivato di venerdì o sabato... Era tutto pronto, e il cunicolo già imbottito di esplosivo. Ce lo avevo messo io, due settimane prima. Quando mi dissero che la macchina blindata era partita da Palermo per l’aeroporto mi portai con la mia Lancia Delta sulla via che costeggia l’autostrada Palermo-Punta Raisi, all’altezza del bar Johnnie Walker... Seguii il corteo delle macchine blindate parlando al cellulare con Gioè. Andavano più piano del previsto, sui 90-100 chilometri orari... Chiusi la telefonata dicendo vabbè ci vediamo stasera... amuninni a mangiari ‘na pizza. Poi sentii un boato, fortissimo, poi vidi alzarsi un’enorme nuvola di fumo alta quasi cinquanta metri...”.
Sulla presenza di quel soggetto estraneo La Barbera non sa dire molto. In questi anni gli investigatori gli hanno mostrato diverse fotografie ma non lo ha mai riconosciuto. “Evidentemente – aggiunge – mi hanno mostrato quelle sbagliate”.
Mandanti o concorrenti esterni
L'ipotesi di un possibile intervento di soggetti esterni a Cosa nostra, così come il coinvolgimento di mandanti esterni sulla delibera di morte, non è peregrina. A Caltanissetta, dove si stanno celebrando i processi Capaci bis e Borsellino quater, per il momento non sarebbero stati trovati riscontri determinanti in tal senso ma, come ha più volte detto l'ex Procuratore capo Sergio Lari prima di riceve il nuovo incarico di Procuratore generale, “non si può smettere di indagare”. Del resto gli elementi oscuri che restano da approfondire sono diversi, a cominciare dalle testimonianze sulla presenza di un aereo misterioso che sorvolava il tratto Palermo-Punta Raisi nel giorno della strage, fino alla presenza di uomini in mimetica sul tetto della Mobiluxor, il mobilificio a ridosso dell’autostrada.
Non solo. Resta assolutamente un mistero la ragione per cui Cosa nostra, anziché uccidere Falcone a Roma, dove spesso girava anche privo di scorta, ha voluto compiere un attentato così eclatante lungo l'autostrada.
Diversi collaboratori di giustizia raccontano come, fin dal febbraio del 1992, Falcone era stato pedinato nella capitale da un gruppo di fuoco guidato da Matteo Messina Denaro e dagli uomini della famiglia di Brancaccio: doveva essere assassinato lì a colpi di kalshnikov, senza bisogno di ricorrere ad alcuna azione clamorosa. Poi arrivò il contrordine di Riina. Perché Falcone bisognava ucciderlo in modo eclatante, a Palermo.
Perché quel cambio di strategia? E come facevano i boss a conoscere con precisione l'arrivo di Falcone a Punta Raisi? Domande che restano aperte. Chi era l'uomo di cui parla Gioacchino La Barbera? Può essere lo stesso che ha visto Gaspare Spatuzza all'interno del garage di via Villasevaglios, mentre la Fiat 126 rubata a Pietrina Valenti veniva trasformata in autobomba per uccidere Borsellino in via d’Amelio? “Non era un ragazzo, né un vecchio – ha raccontato il pentito di Brancaccio - doveva avere 50 anni. Non l’avevo mai visto prima, né lo vidi dopo quella volta. Di certo non era di Cosa nostra. Ma non mi allarmò la presenza di quell’uomo perché se era lì era perché Giuseppe Graviano lo voleva. In questi anni mi sono sforzato di dare indicazioni su di lui, ma lo ricordo come un negativo sfocato di una foto”. Può essere uno uomo appartenente ai servizi deviati? Nel giugno del 2013, durante la sua deposizione al Borsellino quater, Spatuzza ha anche aggiunto qualche dettaglio: “Ho fatto pure una descrizione, effettuando un riconoscimento fotografico ma non è che posso dire cose. Tra le possibilità c'è che possa appartenere alle forze dell'ordine e la mia vita la gestiscono loro, sono io la prima persona ad avere interesse a vederla in carcere. Ma proprio non ricordo. Questo è un mistero fondamentale da risolvere e io sono qui per la verità”.
Purtroppo, per il momento, non è stato individuato alcun soggetto e chissà che le parole di La Barbera non possano dare nuovi spunti.
Il “suicidio” di Gioé
Sempre nell'intervista a La Repubblica quest'ultimo torna anche sulla morte di Nino Gioé, non senza qualche timore: “Non so se si è suicidato. Rispondendo a questa domanda mi fa mettere nei guai funzionari della Dia che con me si sono comportati bene... Che mi hanno aiutato. Sapevo che avevano fatto dei verbali con lui. Gioè stava collaborando, ne sono certo. Ero nella sua stessa sezione, insieme a Santino Di Matteo, e Gioè era l’unico a ricevere visite. La mia finestra dava sulla strada e vedevo un viavai di macchine e di persone che arrivavano per lui. Pochi giorni prima della sua morte, dal carcere di Rebibbia mi trasferirono a Pianosa mentre Di Matteo fu tradotto all’Asinara”. Quanto alle dichiarazioni del boss Francesco di Carlo, secondo cui le stragi furono pianificate in una riunione cui parteciparono anche iscritti alla P2, “so - dice il pentito - di riunioni con generali e di incontri tra Riina ed ex ministri democristiani. I loro nomi sono stati fatti, come quelli dei giudici che aggiustavano i processi...”.
Il pentito poi dice che vi fu una collaborazione dei servizi segreti per l'omicidio Lima (“C'erano uomini dei servizi sul Monte Pellegrino”) e che l'omicidio Mattarella “fu voluto dai politici” mentre Dalla Chiesa fu ucciso probabilmente “per fare un favore”.
Il confronto dimenticato
Ma La Barbera, rispondendo alle domande della collega Raffaela Fanelli torna anche sulla vicenda che l'ha visto protagonista con Vincenzo Scarantino: “Mi assumo la responsabilità di quello che sto dicendo: all’inizio della mia collaborazione mi fu proposto di fare un confronto audio visivo con lo stesso Scarantino alla presenza dei carabinieri che l’avevano in gestione, funzionari della Dia e i magistrati di Caltanissetta che allora si occupavano del caso. Durante il confronto lo sbugiardai. Dissi subito che Scarantino non sapeva cose importanti di Cosa Nostra. Di quel confronto non c’è traccia: sono spariti verbali e registrazioni”.
Il riferimento al confronto con il falso pentito si mescola di fatto alla nota querelle di alcuni avvocati di boss mafiosi scaturita nel ’95 a seguito di una loro richiesta (in un primo momento inevasa) di poter leggere i verbali di confronto tra lo stesso Scarantino e i collaboratori di giustizia: Salvatore Cancemi, Mario Santo Di Matteo e Gioacchino La Barbera. Il 13 gennaio 1995 quei “faccia a faccia” avevano palesemente rivelato l’inconsistenza della caratura mafiosa del picciotto della Guadagna. Un occhio di riguardo meritano le dichiarazioni dell’ex boss di Porta Nuova (deceduto nel 2011). “Tu sei un bugiardo – aveva detto Cancemi a Scarantino – chi è che ti ha detto questa lezione? Chi te l’ha fatta questa lezione? Dicci la verità, devi dire la verità, ma chi ti conosce, ma chi sei? Ma questa lezione chi te l’ha fatta?” (…) “Ma veramente date ascolto a questo individuo? Signori giudici, questo sta offendendo l’Italia, tutta l’Italia sta offendendo costui!”. “Attenzione, state attenti è falso, non credete nemmeno a una virgola di quello che vi sta dicendo”. (…) “Queste parole gliele hanno messe in bocca, gli hanno fatto una lezione e ora la sta ripetendo”. Il deposito posticipato di questi atti al processo “Borsellino bis” era costato una denuncia da parte dei quegli stessi legali nei confronti dei pm Annamaria Palma, Carmelo Petralia e Nino Di Matteo per “comportamento omissivo”. A loro volta i magistrati avevano denunciato per calunnia i tre avvocati. Il 25 febbraio 1998 il Gip di Catania aveva definitivamente archiviato l’inchiesta sui sostituti procuratori di Caltanissetta in quanto priva di alcun “comportamento omissivo”.
I documenti della casa di Riina
Infine l'ex boss di Altofonte parla dei documenti spariti dalla villa di Totò Riina dopo il suo arresto: “Dopo il suo arresto accompagnai, insieme a Nino Gioè, i figli e la moglie di Riina fino alla stazione, da lì presero un taxi per Corleone. Poi seguii la pulizia e l’estrazione della cassaforte dalla villa di via Bernini e portai in un parcheggio la golf bianca intestata a un giardiniere della provincia di Trapani, non ricordo se Marsala o Mazara. Un’auto che ritirò Matteo Messina Denaro, con tutto quello che era stato trovato nella cassaforte. L’auto non era di valore quindi posso pensare che fossero più importanti i documenti”.

sabato 19 settembre 2015

Legge di stabilità, i deboli restano scoperti

Tra il mini­stero dell’Economia e Palazzo Chigi si pre­para la legge di Sta­bi­lità che com­por­terà una mano­vra da 27 miliardi, e già il mini­stro Pier Carlo Padoan è costretto a fare un impos­si­bile zig zag tra le richie­ste a cui il governo pre­fe­ri­rebbe non rispon­dere: ma la mani­fe­sta­zione degli eso­dati di due giorni fa, che ha visto i sin­da­cati som­mati alla Lega di Sal­vini, non poteva pas­sare sotto silen­zio. E così ieri Padoan, nel corso di un que­stion time alla Camera, ha dovuto riba­dire che l’esecutivo «rico­no­sce il disa­gio» e che «valuta un nuovo inter­vento». Se man­cano i panini, forse arri­ve­ranno le brio­che , ma fatto sta che per ora le risorse non sono ancora state repe­rite: e invece il taglio dell’Imu e della Tasi per tutti — anche per i ric­chi con case di lusso e castelli — resta una priorità.
I sin­da­cati hanno aggiunto almeno altri due capi­toli urgenti, con richie­sta di rela­tiva rispo­sta, ma per il momento le loro quo­ta­zioni restano molto basse: l’adeguamento degli asse­gni da pen­sione e il rin­novo dei con­tratti del pub­blico impiego, come dispo­sto dalla Corte costi­tu­zio­nale con due dif­fe­renti sen­tenze (solo una, finora, ha avuto par­ziale sod­di­sfa­zione, con il pic­colo rim­borso già ero­gato ai pen­sio­nati lo scorso agosto).
Ma ieri è stata una gior­nata piut­to­sto posi­tiva per il governo, almeno sul fronte eco­no­mico, per­ché la poli­tica di Renzi è stata pre­miata dall’Ocse, che ha rivi­sto al rialzo le pre­vi­sioni del Pil per il 2015, rico­no­scendo un merito alla riforma del lavoro e più in gene­rale al Jobs Act. L’organizzazione pari­gina pre­vede che il Pil ita­liano cre­scerà dello 0,7% nel 2015, e quello dell’area euro dell’1,6%: in entrambi i casi la stima è supe­riore dello 0,1% rispetto alle pre­vi­sioni del mag­gio scorso.
Sono invece rivi­ste al ribasso di 0,2 punti le pre­vi­sioni per la cre­scita del 2016, all’1,3% per l’Italia e all’1,9% per l’eurozona. Per il nostro paese, tra le prin­ci­pali cause del mag­giore otti­mi­smo sul 2015 c’è il miglio­ra­mento del mer­cato del lavoro, con l’aumento della par­te­ci­pa­zione e della crea­zione d’impiego. Que­sto «ha dato un sup­porto ai con­sumi pri­vati, che quest’anno sono cre­sciuti più di quanto si fosse pre­vi­sto», dando un mag­giore con­tri­buto alla cre­scita. Inol­tre, nell’ultimo periodo «sono state fatte riforme impor­tanti, che stanno dando un traino all’economia». L’Italia bene­fi­cia inol­tre dell’impatto posi­tivo della cre­scita nell’area euro. Che però, avverte l’Ocse, ha fatto «meno di quanto si spe­rava viste le spinte favo­re­voli di prezzo del petro­lio più basso, euro più debole e tassi d’interesse a lungo ter­mine più bassi». Inol­tre, a fre­nare la nostra eco­no­mia, come anche quella euro­pea, potreb­bero essere le dif­fi­coltà pre­vi­ste nei pros­simi mesi per i paesi emer­genti, a par­tire dalla Cina.
La revi­sione in posi­tivo della stima sul Pil comun­que è un inco­rag­gia­mento per il pre­mier Renzi, che spera pro­prio nella cre­scita per poter attin­gere alla famosa «fles­si­bi­lità» Ue e avere in gene­rale più mar­gini: spera di otte­nere da Bru­xel­les il via libera per poter uti­liz­zare almeno 7 miliardi in più, gio­strando sul defi­cit (che comun­que vuole man­te­nere sotto il 3%), senza con­tare l’eventuale bene­fi­cio del calo degli inte­ressi sul debito.
«Smen­ti­sco che il governo abbia alcuna inten­zione di fare cre­scere l’indebitamento e farlo veleg­giare verso il 3%», ha spie­gato ieri Padoan. Il disa­vanzo, ha aggiunto, sarà «al 2,6% quest’anno e in discesa» negli anni suc­ces­sivi. Sul nego­ziato con Bru­xel­les per una mag­giore fles­si­bi­lità sui conti, il mini­stro ha riba­dito che «il governo ha già otte­nuto dalla Com­mis­sione Ue la clau­sola per le riforme» e adesso punta a quella per «gli inve­sti­menti». Il tutto, «per costruire una legge di Sta­bi­lità che faci­li­terà un’uscita non ciclica ma strut­tu­rale dalla reces­sione».
«Il governo sta valu­tando la pos­si­bi­lità» di «un nuovo prov­ve­di­mento di sal­va­guar­dia», ha poi detto il mini­stro dell’Economia sul nodo esodati.
Quanto alle indi­scre­zioni su circa 3 miliardi di pos­si­bili risparmi per una sovra­stima di alcune sal­va­guar­die, Padoan ha spie­gato che tali even­tuali risorse «a par­tire dal 2013 non hanno cer­tezza in quanto non è stata con­clusa la pro­ce­dura di cer­ti­fi­ca­zione». Ma, se que­sti risparmi fos­sero accer­tati, ser­vi­rebbe comun­que una «dispo­si­zione nor­ma­tiva» appo­sita per l’utilizzo.
«Non con­fon­diamo le acque — dichiara la Cgil — Le risorse per gli eso­dati e l’opzione donna ci sono. Nella legge di Sta­bi­lità va affron­tato il pro­blema dell’uscita fles­si­bile» in riforma della legge For­nero. La Cisl chiede di «ade­guare le pen­sioni e rin­no­vare i con­tratti pub­blici», e appog­giando «il taglio delle tasse sulla casa, ma non per i più ric­chi», vor­rebbe in più una riforma radi­cale del fisco, «che dia la pos­si­bi­lità di pagare meno tasse, mille euro in meno, a tutti coloro che, pen­sio­nati e lavo­ra­tori, non arri­vano ai 40 mila euro»

venerdì 18 settembre 2015

Sanità, si gratta ancora dal fondo del barile

Diritto alla salute addio! Come dire: morite prima così risparmiamo anche sulle pensioni, e possiamo potenziare le spese militari per la guerra. Nella calura estiva una vera e propria mazzata si è abbattuta sulla sanità pubblica. Il Governo deve far quadrare i conti come richiede l'UE e le spese sanitarie sono tra i primi tagli della spending review.
Non tagli agli sprechi o razionalizzazione delle risorse, ma tagli lineari che colpiscono la salute. Il capolavoro del deputato Pd Gutgeld, fedele renziano, è una voragine di 10 miliardi che si aggiunge a quella degli ultimi anni e che attacca la prescrizione degli esami. Basta con analisi, tac e risonanze magnetiche, visite specialistiche, stop a quasi 200 prestazioni specialistiche e a oltre cento tipologie di ricoveri ritenuti uno spreco miliardario.
Strutture sanitarie e medici avranno un limite di prescrizione oltre al quale non potranno andare, vale a dire che i pazienti saranno privati di diagnosi accurate se non a proprie spese, come se già non bastasse il pagamento dei ticket. Introdotti con la giustificazione del ripiano del deficit della spesa sanitaria accumulato in seguito a gestioni clientelari, di corruzione, di tangenti, ruberie varie ecc. Un balzello per la spesa sanitaria che si paga già attraverso il prelievo fiscale generale, l'Irpef e le assicurazioni auto.
Il Sistema sanitario nazionale, nato nel 1978 forte di una mobilitazione che si richiamava all'art. 31 della Costituzione, è un vago ricordo. Dal 1992 con De Lorenzo, allora ministro della sanità, ad oggi una serie di controriforme, la riforma del titolo V, le politiche della Commissione europea, hanno cambiato completamente i principi ispiratori e la sanità è diventata un'azienda che deve produrre profitto. Anche con il governo Prodi e Rosi Bindi ministro, nel 1999, si è confermata l'aziendalizzazione e la regionalizzazione, inoltre sono stati introdotti i LEA, i livelli essenziali di assistenza.
L'attuale attacco durissimo alla sanità, con differenze tra Regione e Regione per via del Patto Stato-Regioni, mette a serio rischio il diritto alla salute. La riduzione di personale – sottoposto a turni e orari massacranti per contratti firmati da quei sindacati che dovrebbero difendere i lavoratori - mette in pericolo la salute stessa dei dipendenti e abbassa il livello di qualità del servizio. E a sopperire vuoti e posti vacanti sono chiamati a lavorare, gratis, i volontari (speranzosi in una futura assunzione), perché l'Italia per numero di infermieri è sotto la media OCSE: 6,4 per mille abitanti contro media Ocse a 8,8 mancano quindi 60 mila infermieri.
Cosa sta accadendo nella sanità pubblica? Depotenziamento, ridimensionamento e declassamento di interi ospedali obbligano pazienti e parenti a scomodi e costosi spostamenti. Per evitare lunghe liste d'attesa si dirigono i pazienti verso il cosiddetto volontariato, cioè verso il terzo settore che alle Regioni costa più del servizio interno, si riducono i posti letto (la media Ocse è 4,8 per mille abitanti mentre in Italia è a 3,4 mille e 12 anni fa era a 4,7), si limitano i giorni di degenza, si è introdotta l'intramoenia - il sistema che permette agli specialisti l'uso privato della struttura pubblica a pagamento -. Si chiudono i reparti maternità là dove si registrano meno di 1000 parti all'anno costringendo le donne - stressate dal travaglio - a lunghi percorsi su strade spesso dissestate, impervie, piene di curve e l'uso dell'elicottero dalle isole, tempo permettendo.
Con l'imposizione del DRG (diagnostic related group), una sorta di prezzario delle prestazioni in uso negli Stati Uniti ai pazienti non è garantita la necessaria assistenza e vengono dismessi non completamente guariti. E mentre si eliminano i presidi di quartiere e gli ospedali, se ne costruiscono altri con il sistema economico del project financing per assicurare ulteriori profitti e speculazioni finanziarie ai privati e per loro la sanità diventa un vero e proprio affare. Lo scopo del Governo nazionale e regionale tra chiacchiere e slogan smentite dalla realtà è chiaro: smantellare il servizio pubblico sanitario - che è un diritto costituzionale - per orientarlo verso la totale liberalizzazione e privatizzazione, con grande vantaggio dei pazienti ricchi, delle cliniche private, delle compagnie assicurative (Unipol sta spopolando), del terzo settore cosiddetto volontariato.
In piena sintonia con quanto richiesto dall'imperialismo Usa attraverso il TTIP, il trattato che l'UE sta firmando, e con il Tisa, "Trade in services agreement", altro accordo che l'Italia sta negoziando su pressione di grandi lobby e multinazionali attraverso la Commissione europea e che riguarda la privatizzazione di tutti i servizi fondamentali ancora oggi pubblici (istruzione, trasporti) compresa la sanità. Sebbene in Italia ci siano 10 milioni di cittadini che rinunciano alle cure mediche per le loro cattive condizioni economiche e altri milioni si sacrificano per pagare i ticket, si ha la percezione che l'antipopolare attacco al diritto alla salute e il futuro "americanizzato" che ci aspetta, non sia recepito dai cittadini.
Forse la comunicazione del Governo, seppure parziale e non veritiera è così convincente? La salute non è un tema che interessa parlamentari e politicanti che sanno bene come stanno le cose, ma hanno l'interesse di procedere verso una società sempre più elitaria eliminando il welfare. Liberalizzazione e privatizzazione sono termini cari anche alle forze di destra che difendono i servizi pubblici, ma solo a parole e strumentalmente.
Tutti sanno che la spesa militare continua ad aumentare, sanno che l'Italia spende 70 milioni al giorno per la "difesa", che il governo Renzi (scavalcando il Parlamento) si è impegnato a mantenere forze militari in Afghanistan e fornire a Kabul un aiuto economico di 4 miliardi di dollari annui. Si è impegnato a sostenere lo speciale fondo al governo di Kiev, candidato a entrare nella Nato ed allargare ulteriormente l'Alleanza atlantica ad est. Sanno quanto costa mantenere lo staff dei quartieri generali attraverso i ministeri degli esteri per coprire i costi operativi e di mantenimento della struttura militare internazionale (circa il 9% per "operazioni e missioni a guida Nato"). E quanto si spende per le Basi Usa e Nato sul nostro territorio? E per le esercitazioni militari? È di questi mesi una delle più grandi esercitazioni Nato la TJ15 che vede impegnate soprattutto in Italia, Spagna e Portogallo oltre 230 unità terrestri, aeree e navali e forze per le operazioni speciali di oltre 30 paesi alleati (36 mila uomini, oltre 60 navi e 140 aerei da guerra).
Tutti impegni che non solo inquinano, non solo trascinano l'Italia in nuove guerre, ma sottraggono enormi risorse alla spesa sanitaria, alle pensioni, all'occupazione e alla solidarietà verso gli immigrati. Tutti tacciono sullo spreco di denaro e sulle grandi spese (comprese quelle per governo e parlamentari) e accettano i tagli della sanità. Quindi per tornare all'argomento iniziale non ci sono scorciatoie. La lotta e l'organizzazione, anche su argomenti parziali come il rifiuto della speculazione sulla salute, su quel diritto che è la condizione di benessere psico fisico come il diritto a rimanere sani con la garanzia della prevenzione, oltre che dal non essere avvelenati dall'inquinamento generale, compreso quello delle manovre militari e della guerra, sono fondamentali. Senza dimenticare che il problema di tutti i nostri mali si chiama capitalismo, il sistema basato sulla ricerca del massimo profitto, che calpesta pure la salute. Ed è questo sistema che va abbattuto per costruirne uno che abbia al centro i lavoratori, le masse popolari e le loro esigenze.

giovedì 17 settembre 2015

Morti sul lavoro: la strage continua

Nei primi sette mesi del 2015 ci sono stati 643 incidenti mortali sul lavoro. Numeri impressionanti che evidenziano un aumento delle “morti bianche” del 9,5% rispetto allo stesso periodo del 2014. Questi dati vengono resi pubblici dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre sulla base di dati Inail.
Dal sito dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, si possono leggere dati anche più aggiornati. Dal 1° gennaio al 14 settembre di quest’anno sono 481 i morti sui luoghi di lavoro. A questi si devono aggiungere i decessi sulle strade e “in itinere” per un totale di oltre 950 morti.
In Italia, più che l’occupazione, sta crescendo la mancanza di sicurezza nei posti di lavoro. Ma quasi nessuno ne parla. Si danno letteralmente i numeri quando si scrive di occupazione in crescita sbagliando le somme, modificando i riferimenti, cambiando gli algoritmi di calcolo … ma i numeri (e i nomi) delle persone morte sul lavoro e per il lavoro vengono diffusi quasi di nascosto. Una notizia e via. Per non disturbare. Forse qualcuno nei piani alti del potere pensa che sia meglio non sapere. E, invece, di lavoro si muore per condizioni sempre più precarie e ritmi (per chi ha la “fortuna” di lavorare) sempre più esasperati.
Intanto, pochi giorni fa, c’è stata l’ennesima assoluzione per avvenuta prescrizione in processi relativi al lavoro. È successo a Crotone nel processo che vedeva imputati otto ex dirigenti della Montedison. Tutti assolti per “estinzione del reato”. Per i lavoratori morti di tumore e per il disastro ambientale provocato nessuno pagherà. Non ci sono responsabilità e se dovessero esserci colpe queste sono “prescritte”. Come all’Eternit, come alla discarica di Bussi. Come, con altre motivazioni (il fatto non sussiste), alla Marlane-Marzotto.
Di lavoro si muore. Si muore per il profitto di pochi. Degli stessi che non vengono mai condannati. Si muore soprattutto nel “ricco” nord-est (la “macroarea che risente di più del fenomeno” come viene riportato sulla base dei dati INAIL), in Lombardia, in Veneto (l’Osservatorio di Bologna riporta 77 decessi dei quali 13 a Vicenza, una delle province con più “morti bianche”). Si muore in silenzio, con poche e striminzite righe di cronaca che appaiono sui giornali e presto spariscono. Notizie brevi che riportano a malapena i nomi degli uccisi. Nomi che volano via e diventano numeri di una statistica infame che viene, anch’essa, nascosta in mezzo a mille altre notizie e pettegolezzi.
E nessuno, al governo, fa niente. Al massimo una frase di circostanza. Niente.

mercoledì 16 settembre 2015

L'INSABBIAMENTO DEL RUOLO DISTRUTTIVO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE IN GRECIA

Questo autunno potrebbe accadere di vedere in Portogallo, Spagna e Italia un aumento di potere delle coalizioni anti-austerità, mentre in Francia il Fronte Nazionale di Marine le Pen spinge per la totale uscita dall'eurozona. Questi paesi devono affrontare un problema comune: come resistere alla devastazione economica che la BCE, il Consiglio Europeo e il FMI (la “troika”) hanno inflitto alla Grecia e che adesso intendono estendere all'Europa meridionale.
Per resistere alla depressione, l'indebitamento e all'inflazione che la troika intende aggravare, bisogna tenere a mente le dinamiche che rendono il FMI non suscettibile di riforma. Il ruolo distruttivo che ha giocato in Grecia costituisce una chiara lezione per i paesi dell'Europa meridionale relativa a come essi debbano rifuggire dal FMI e dalla sua orda di ideologi. Esattamente allo stesso modo in cui i paesi del terzo mondo hanno imparato ad evitarlo nel maggio 2013, l'anno in cui la Turchia ha dato il tocco finale alla liberazione del mondo dai “consigli” del FMI.
Già nel 2008 il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan aveva annunciato: “Non possiamo oscurare il nostro futuro inchinandoci ai desideri del FMI” [1]. Gli elettori greci hanno adesso espresso lo stesso pensiero.
Per attenuare la resistenza alle richieste di austerità del FMI, è in corso uno sforzo nel settore delle pubbliche relazioni volto alla riabilitazione del mito che il Fondo possa agire da onesto intermediario tra ministri delle finanze antisindacali e i PIIGS – Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna. Venerdì 28 agosto tre giornalisti Reuters hanno pubblicato un lungo report mirato a dimostrare che all'interno del FMI è in corso un cambiamento e che il suo capo, Christine Lagarde, è stata illuminata e intende promuovere una reale opera di ristrutturazione dei debiti [2].
Il tempismo di questo report è significativo. Il FMI ha ripreso la propria attività (è “tornato in affari”) nel 2010 quando il suo capo, Dominique Strauss-Kahn, si è imposto sul parere contrario del suo staff e di molti dei membri del consiglio con la decisione di unirsi alla troika e spostare i debiti della Grecia dai banchieri francesi e tedeschi sulla testa dei cittadini greci. Questa è la storia che racconto in “Killing the Host”, pubblicato da CounterPunch in versione elettronica la scorsa settimana. (Le versioni Kindle e copertina rigida sono ora disponibili su Amazon).
Il Presidente Obama e il Segretario del Tesoro Tim Geithner hanno insistito che Angela Merkel e il Presidente francese Sarkozy facessero pressione sul FMI affinché andasse contro l'opposizione interna e si unisse alla linea dura della BCE nei confronti della Grecia. Geithner e Obama segnalarono che se gli obbligazionisti greci non fossero stati pagati in toto, alcune grandi banche americane avrebbero subito pesanti perdite in relazione ai derivati e ai contratti di assicurazione dal default, e le loro perdite avrebbero potuto diffondere il “contagio” in Europa.
E' stato a questo meeting del G8 nel 2011 che la Merkel disse al Primo Ministro greco George Papandreou di cancellare il proposto referendum sull'austerità. Come osservato a quel tempo dal defunto editore di Frankfurt Allgemeine Zeitung, Frank Schirrmacher, da tutto ciò non poteva desumersi altro se non che: “la democrazia è spazzatura”.
L'accondiscendenza di Papandreou fece sì che il suo PASOK venisse del tutto spazzato via, avendo perso qualsiasi credibilità – la stessa credibilità che il FMI ha perso. Papandreou venne sostituito da una marionetta pro-istituti bancari. Il Primo Ministro italiano subì la medesima sorte quella stessa settimana, in una crisi che colpì l'intero continente facendo diventare l'eurozona una zona morta economicamente.
Sono stati necessari quattro anni affinché i cittadini greci potessero esprimere la loro opinione in un referendum, avvenuto lo scorso luglio. E proprio come temuto da Merkel, Sarkozy e Obama, uno schiacciante 61% dei votanti ha espresso col proprio voto il rifiuto dell'austerità.
Il report della Reuters cita le stesse lamentele da parte di insider del FMI che il mio libro menziona – come se fossero informazioni appena venute alla luce durante l'esame di “minute del consiglio del FMI precedentemente non segnalate”. In realtà, quelle informazioni erano già disponibili da un anno. Dunque resta da chiedersi perché queste informazioni ci vengono propinate adesso come se fossero nuove?
Lo scopo sembra essere quello di distrarre l'attenzione dalle dinamiche politiche e dai conflitti di interesse che erano in realtà in corso – e che lo sono ancora. In aggiunta al mio libro pubblicato la settimana scorsa, l'ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis ha dato alle stampe la sua triste esperienza relativa alla richiesta da parte di Lagarde e della BCE di ulteriore austerità e privatizzazioni di massa [3]. “Se ci fosse stata una mosca sulla parete ad osservare i nostri negoziati,” lui dice, “avrebbe visto, come ho visto io, che la signora Lagarde, il signor Draghi, il signor Juncker e certamente il Dr Schäuble, erano interessati a una sola cosa: dettarci le condizioni di resa. Quelle condizioni che hanno messo fine alla primavera ateniese”.
A paragone, l'insabbiamento operato dalla Reuters distorce la storia, semplificando e censurando il ruolo svolto da Obama e Geithner, mentre allo stesso tempo cerca di dipingere Christine Lagarde come la promotrice di un alleviamento del debito greco e dell'austerità.
Il mondo deve sapere tutta la storia, perché essa rende palese il grado in cui il FMI è sotto il controllo di Wall Street e delle banche europee, nonché dei leader politici americani che supportano la linea dura dei creditori. Tutto ciò a sua volta dimostra l'impossibilità di riformare e correggere il FMI (o la Banca Mondiale, i cui presidenti sono tradizionalmente tratti dal Dipartimento della Difesa statunitense o dai simpatizzanti della Guerra Fredda).
“Killing the Host” rende pubbliche le lamentele che sono state fatte trapelare da ufficiali del FMI arrabbiati, i quali hanno pubblicato le loro lamentele presso il prestigioso centro canadese Center for International Governance Innovation (CIGI). Queste stesse citazioni sono state incluse nel report della Reuters, che però ha omesso di includere il punto cruciale del discorso fatto dagli economisti ex-FMI.
Lagarde continua a insistere che i debiti greci possono essere pagati tramite la strategia dell' “extend and pretend” (estendere e far finta che il debito non sia insostenibile), abbassando il tasso di interesse ed estendendo la scadenza. Questa è la sua definizione di ristrutturazione del debito greco. Per la maggior parte delle persone significherebbe invece svalutare il debito principale. Leggendo le citazioni parziali incluse nel report della Reuters, si ha la sensazione che questo report apparentemente così dettagliato sia stato scritto per controbattere ai punti politici che Varoufakis, io ed altri abbiamo sollevato.
Ciò che la Reuters ha omesso dal suo report fornisce la chiave per sbloccare quello che è estremamente imbarazzante dal punto di vista politico: il comportamento di Obama e Geithner nel proteggere le scommesse da casinò di Wall Street sul fatto che la Grecia avrebbe potuto essere costretta a pagare. Dominique Strauss-Kahn si trovava al centro di due conflitti di interesse: voleva candidarsi alla presidenza francese e offrendo protezione alla banche francesi ottenerne il favore; e voleva reinserire il FMI nel business del counselling sull'austerità, entrando a far parte della troika. Quando Christine Lagarde ha iniziato a ripetere il rifiuto (già espresso da Strauss-Kahn) di appoggiare il recente report dello staff del FMI a favore della ristrutturazione del debito greco, lo staff lo ha fatto trapelare come fuga di notizie questa primavera, con conseguente grande imbarazzo della stessa Lagarde quando il FMI ha poi appoggiato un programma della troika che non prevedeva alcuna effettiva ristrutturazione del debito [4].
Il report della Reuters ci getta negli occhi una nube di disinformazione facendo credere che Lagarde appoggi la cancellazione del debito come se questo coincidesse con il sostegno alla ristrutturazione dell'elevato e difficilmente ripagabile debito greco. Al contrario, Lagarde ha detto ripetutamente che la sua idea di cancellazione del debito consiste semplicemente nell' extend and pretend – estendendo la scadenza del debito greco e abbassando il tasso di interesse applicato.
La storia vera non consiste solo nelle segnalazioni effettuate da parte dello staff del FMI e dei membri del consiglio che la Grecia non era in grado di ripagare il debito e che tentare di farlo avrebbe portato alla depressione – che la Reuters ha pubblicato così a rotto di collo. La storia vera è perché Strauss-Kahn ha ignorato queste segnalazioni nel 2010. Gli ufficiali del FMI che si sono dimessi attribuiscono le azioni di Strauss-Kahn alle sue ambizioni politiche e al suo opportunismo, indirizzati a voler da un lato candidarsi alla presidenza francese e dall'altro lato a voler assicurare il ritorno in affari del FMI, piuttosto che lasciare che fosse escluso dalla BCE per non essere sufficientemente a favore dei creditori. Per ignorare il fatto che il FMI stava violando le sue stesse direttive, il Fondo introdusse una clausola di salvaguardia per “contagio” che rende nulla la condizione che il Fondo non appoggi prestiti che non possono essere ripagati.
Lagarde si attiene ancora alla richiesta che la Grecia debba ripagare tutto il debito principale, incluso quello che i membri del FMI avevano insistito venisse condonato quattro anni fa. Allo stesso modo di Strauss-Kahn, lei stava per ignorare i suoi stessi collaboratori quando essi avevano fatto trapelare il report sulla incapacità della Grecia di pagare. Un'indicazione della sua posizione è l'affermazione del maggio 2012 a un meeting del FMI a Riga, dove erano andati a celebrare il modello punitivo dell'austerità lettone che poteva essere esportato per “servire da ispirazione ai leader europei alle prese con la crisi economica”.
Il fatto che il capo del FMI deve essere un ideologo francese a favore delle banche e dell'austerità che prende ordini da ufficiali di Washington i quali esercitano poteri di veto per conto dei banchieri e obbligazionisti di Wall Street, rende il FMI irrimediabilmente compromesso. La ciliegina sulla torta è il recente prestito all'Ucraina, denaro che il Presidente ucraino Poroshenko ha detto verrà speso per condurre una guerra contro le minoranze russofone nell'Ucraina orientale, dove hanno sede la maggior parte delle industrie esportatrici.
Non c'è volo di immaginazione che basti per poter arrivare a pensare che l'Ucraina possa ripagare il debito. E' stata già negoziata una svalutazione del 20% del debito verso gli obbligazionisti privati, e sia Poroshenko che Yatsenyuk dicono che saranno inadempienti dei $3 miliardi al fondo sovrano della Russia con scadenza il prossimo dicembre. Anche solo questo fatto implica che il FMI si dovrà ritirare poiché il suo regolamento impedisce che possa prestare soldi a paesi che unilateralmente siano inadempienti su debiti verso istituzioni officiali. (La ratio originaria di questa clausola aveva in mente gli Stati Uniti, non la Russia o la Cina).
Eppure il FMI non ha ancora avvertito l'Ucraina che se non paga diventerà un paria economico come la Grecia. Il Fondo è stato tirato dentro questa Nuova Guerra Fredda in aggiunta alla guerra finanziaria già in corso contro le organizzazioni sindacali e contro la capacità dei governi di resistere all'austerità.
Passati report della Reuters (e quelli del New York Times e di altra stampa neoliberale) hanno reso popolare l'idea - banale - che la ragione per cui Cina, Russia e altri paesi BRIC hanno creato i propri istituti finanziari alternativi di sviluppo e proprie istituzioni monetarie internazionali è solamente perché non hanno voti sufficienti all'interno del FMI. (Il Congresso ha bloccato i nuovi contributi statunitensi al FMI prevenendo così la rinegoziazione delle quote).
Questo non corrisponde a quanto dicono i paesi BRICS. Essi sono in disaccordo con la filosofia dello sviluppo del FMI e della Banca Mondiale, consistente nella promozione dell'austerità per pagare gli obbligazionisti e svendere le proprietà pubbliche agli USA e ad altri investitori finanziari stranieri. Non importa quanto sia ampia la quota straniera, il governo USA detiene il potere di veto necessario a implementare le regole dettate dagli stessi Stati Uniti. I paesi BRIC vogliono una differente filosofia dello sviluppo, un'alternativa all'economia dell'austerità e ai “piani di stabilizzazione” del FMI il cui effetto è di destabilizzare i paesi che si sottomettono all'austerità.
La tragica esperienza greca dovrebbe servire da monito della necessità di sottrarsi a regole che hanno fatto diventare l'eurozona una terra economicamente morta, e hanno trasformato il FMI e la Troika in agenti di recupero crediti privi di scrupoli per le banche e gli obbligazionisti europei, americani e britannici. Questa non è una storia che la stampa ufficiale vuole divulgare. E per quanto riguarda gli accademici economisti tirati in ballo quali teste parlanti, ancora non l'hanno capito.

martedì 15 settembre 2015

Il piano di dominio mondiale degli Stati Uniti d’America

La NATO non è sottomessa al diritto internazionale. Essa è il diritto internazionale. Per questo, sulle rovine e sulla distruzione di popoli, il capitalismo costruisce i propri affari.
Nel 1933 il cittadino statunitense Smedley D. Butler, dopo aver trascorso trentatrè anni e quattro mesi in servizio militare effettivo permanente in qualità di membro della più versatile e agile forza militare degli USA, il Corpo dei Marines, ricoprendo tutti i gradi della scala gerarchica, da sottotenente a maggiore generale fino a generale di divisione, ormai fuori dal lavoro, si sentì libero di parlare, ed ebbe a dire (e lo riportò nel libro "War is racket"): "In tutto quel periodo ho trascorso la maggior parte del mio tempo a fare il superman di prima classe, tutto muscoli e niente cervello, per il Grande Business di Wall Street e per i banchieri. In poche parole, ho fatto il racketeer, sono stato un delinquente, un gangster ed ho operato come emissario del capitalismo."
Quando il capitalismo, nella sua pratica di rapina, oltrepassa i confini della Nazione, diventa Imperialismo, ovvero crimine internazionale, ed è lo stesso Butler che ce ne dà la conferma: "Ripassando con lo sguardo tutto quanto feci allora, sento di poter impartire tante lezioni allo stesso Al Capone che avrebbe avuto parecchie cose da imparare da me. Il massimo che lui era riuscito a fare era stato di organizzare un racket in tre distretti cittadini. Noi Mariners operavamo su tre continenti."
Attualmente l'economia americana è completamente dipendente e intrecciata con il militarismo statunitense, così come ieri l'economia nazista era intrecciata con il militarismo tedesco. La spesa militare degli Usa è maggiore di quella di tutti gli altri paesi al mondo messi insieme. La maggior parte delle imprese dipende in un modo o nell'altro dai profitti della guerra e del militarismo: l'ottanta per cento delle commesse sono militari. Più di 250 miliardi di dollari all'anno vengono bruciati per le spese militari. Questo è l'unico settore della spesa federale che non subisce notevoli tagli. Lo scopo ultimo degli USA è il controllo dei destini del pianeta, militarmente, politicamente ed economicamente. E' guidato da un insaziabile appetito del profitto…
I militari della NATO
Dal 1945 ad oggi gli Stati Uniti d'America direttamente o mediati dalla maschera della NATO, hanno bombardato da due a tre Paesi all'anno. Gli interventi dell'imperialismo nordamericano hanno come obiettivi i punti di resistenza alla penetrazione neoliberista presenti ancora sul nostro Pianeta. La Jugoslavia ha rappresentato (e in parte lo rappresenta ancora oggi) uno dei punti più pericolosi per la realizzazione del dominio globale (la cosiddetta globalizzazione!) del Mondo. In quest'area gli Stati Uniti hanno puntato all'utilizzo dell'elemento nazionalista ora semplicemente nazionalista (Croazia) ora anche religioso, in questo caso, musulmano (Bosnia, Kosovo), esasperando i conflitti etnici e teorizzando una situazione favorevole al loro intervento.
Un rapporto segreto della Cia del 1990, reso pubblico il giorno della festa nazionale della Jugoslavia, il 29 novembre, quasi come un macabro segnale del tipo "vi spaccheremo", prevedeva che entro diciotto mesi, sarebbe avvenuto uno smembramento della Jugoslavia, con esplosioni di violenze che — affermava il documento — hanno "molte probabilità" di trasformarsi in guerra civile. Sempre secondo la Cia "l'esperimento jugoslavo è fallito e il Paese sarà smembrato" e aggiungeva che tutto ciò "sarà molto probabilmente accompagnato da esplosioni di violenza etnica e disordini che potrebbero portare ad una guerra civile". Il rapporto giungeva a definire con precisione che il presidente Slobodan Milosevic era da ritenere come "il principale istigatore" dei predetti conflitti jugoslavi.
Questo rapporto "segreto" della Cia faceva seguito all'approvazione delle legge 101-513 da parte del Congresso degli Stati Uniti, il 5 novembre del 1990. Tale norma prevedeva lo stanziamento di fondi per le operazioni internazionali e nella fattispecie essa distribuiva fondi oppure li attribuiva alle dirigenze delle varie repubbliche jugoslave in base a criteri politici, con la regola dell'appoggio ai secessionisti., una legge che praticamente ha segnato la condanna a morte della Jugoslavia. Una delle misure previste era così letale che il rapporto della Cia sopra riportato, si riferiva proprio a questa legge.
Un rapporto pubblicato durante i colloqui di Dayton (1995) dal Dipartimento di Stato Usa, "Bosnia Fact Sheet: Economic Sanctions Against Serbia and Montenegro", spiega che
"Le sanzioni hanno contribuito a un significativo declino della Jugoslavia. La produzione industriale e il reddito effettivo sono calati del 50% dal 1991. Ottenere un allentamento delle sanzioni è diventata una priorità per il governo jugoslavo". Il ricatto aveva funzionato e ora si poteva agire.
L'Italia, laboratorio di guerra della Nato
L'attuazione pratica di questo piano ha visto gli USA intervenire attraverso: 1.Fornitura di armi ai nazionalisti anti-serbi; 2.Copertura mediatica di crimini commessi dai nazionalisti allo scopo di far ricadere le responsabilità sui serbi; 3.Organizzazione e copertura del traffico di armi e droga i cui profitti sono stati destinati al finanziamento delle guerriglie anti-serbe. Da notare che qui è stato adottato lo stesso meccanismo utilizzato in Nicaragua dove i contras venivano finanziati dal commercio di droga fiorente in California. Oltretutto, nel Kosovo hanno agito gli stessi personaggi con la busta paga della Cia, fra cui lo statunitense Walker, già organizzatore degli squadroni della morte in San Salvador.
Da tempo gli Stati Uniti avevano aspirato a diventare i "padroni" dei Balcani. Un documento del Pentagono in parte pubblicato dal "New York Times" asserisce il bisogno di una totale supremazia mondiale degli Stati Uniti sia in termini politici che militari e il medesimo documento contiene esplicite minacce nei confronti di quei Paesi che aspiravano (o che aspirassero ancora oggi) ad aumentare il proprio ruolo nei Balcani.
Ecco alcuni stralci del documento: "Il nostro primo obiettivo è prevenire il riemergere di un nuovo rivale… ("nuovo" si intende dopo quello "vecchio", cioè l'URSS, ormai messa fuori combattimento- n.d.c.). Innanzitutto gli Stati Uniti devono sottolineare la necessità della loro leadership per stabilire e mantenere il nuovo ordine, convincere i potenziali competitori che non possono aspirare a un ruolo maggiore o perseguire un atteggiamento più aggressivo per proteggere i loro legittimi interessi".
"Dobbiamo essere responsabili degli interessi delle nazioni industrialmente avanzate per indurle a non cercare il rovesciamento dell'ordine politico ed economico stabilito. Infine, dobbiamo mantenere il meccanismo militare per scoraggiare potenziali competitori dall'aspirare ad allargare il loro ruolo regionale o globale".
"É di importanza fondamentale preservare la Nato come principale strumento di difesa e sicurezza… Dobbiamo cercare di prevenire l'emergere di accordi di sicurezza fra i soli Stati europei che potrebbero indebolire e mettere in discussione l'esistenza della Nato".
In un discorso tenuto nel settembre 2001, il deputato USA Lester Munston, ha dichiarato: "Voi non vedrete mai apparire i piloti della NATO dinanzi ad un Tribunale dell'ONU. La NATO è accusatrice, procuratrice, giudice ed esecutore, poiché è la NATO che paga le bollette. La NATO non è sottomessa al diritto internazionale. Essa è il diritto internazionale".

lunedì 14 settembre 2015

Un mondo di bufale

Internet significa opportunità ma anche insidie: un’analisi sullo stato dell’informazione ai tempi dei social network ed una carrellata sul fenomeno delle bufale, che spesso arriva addirittura ad essere un vero e proprio business.
Nella società dell’informazione la merce più preziosa è proprio la “conoscenza”, che deriva dallo scambio di saperi e nozioni che viaggiano attraverso la rete.
La rivoluzione di internet. Secondo alcune teorie internet contiene in sé i germi della democrazia in quanto si tratta di una rete non gerarchica che scambia informazioni in modo non tradizionale, l’informazione non è mediata o filtrata da strutture di potere, è libera di circolare in rete a bassissimo costo, senza censure, con lo schema di comunicazione orizzontale uno ad uno, uno a molti, molti a molti. Molto diverso dal rapporto verticale e gerarchico che c'è tra il media tradizionale (tv, radio, giornali) in cui la notizia viene calata dall'alto da strutture industriali ben organizzate e finanziate dai poteri economici e finanziari (vi ricordate le famose sacche di sangue infetto da tirare ai poliziotti preparate dai manifestanti del G8?). Pur contenendo alcune verità, questa visione neutra e pura di internet ci pare parecchio ottimistica. Anche perché, contestualmente allo sviluppo della società dell’informazione, si è andata diffondendo una forma di controllo sociale e di sorveglianza sempre più capillare e invasiva su gran parte della popolazione, in particolare con l'avvento dei social network (rimandiamo a questa parte di analisi la recensione che pubblichiamo a pagina 7 di questo numero). Queste visioni analizzano da diversi punti di vista la forza e la debolezza della rete nella società della connessione H24, caratterizzata da flusso continuo, quasi un’overdose, di informazione e dalla continua interazione e pubblicità della propria esistenza. La rete tuttavia non è né buona né cattiva ma è uno strumento che ha trasformato i rapporti sociali e il sistema dell'informazione. Se in certi contesti ha dato l'opportunità a gruppi e rivolte di rompere l'isolamento politico internazionale e la censura, in altri ha permesso a persone senza scrupoli di umiliare altre persone nell'intimità, oppure ha contribuito a diffondere false informazioni. Niente che non fosse accaduto anche prima, ma come detto, avendo internet mutato radicalmente i rapporti sociali e il sistema dell'informazione, ci troviamo di fronte a fenomeni diversi nella forma e nella portata.
Satira e bufale. In questo articolo vorremmo fare il punto su un fenomeno che ogni giorno cresce sempre di più: le bufale, vale a dire quelle notizie false che vengono fatte girare in rete per vari scopi. Anche in questo caso non c'è niente di nuovo rispetto al fatto che le false notizie esistessero anche in passato, ma mentre prima era frutto di una strategia che veniva dall'alto, dai media classici a cui uno poteva credere o meno in base alle proprie convinzioni, capacità o saperi, oggi la notizia falsa ha la forma di un virus di cui tutti noi siamo potenziali trasportatori e diffusori, spesso con la convinzione di fare qualcosa per il bene dell'umanità mentre invece stiamo contribuendo ad una pandemia. Ogni giorno vediamo “amici” o conoscenti condividere sui propri social network notizie palesemente false e ci sorprendiamo di come uno abbia fatto a crederci. Purtroppo accade anche che non siano solo gli sprovveduti a cadere nella trappola, perché l'errore e la figuraccia sono sempre dietro l'angolo e possono capitare anche ai più attenti o preparati per due motivi: il primo è che ognuno di noi tende ad apprezzare ciò che vuol sentirsi dire ponendosi, quindi, in modo molto meno critico verso la notizia. La seconda è che è un vizio diffuso quello di condividere notizie senza cercare la fonte originale o controllare se la notizia è riportata anche su altre fonti di informazione.
Lercio. Proprio per questo, lo scorso 2 luglio abbiamo invitato a Livorno la redazione di lercio.it, un sito di satira nato da un gruppo di ragazzi che aveva lavorato con Daniele Luttazzi, per parlare dell'informazione ai tempi di Facebook. Loro rappresentano la parodia del giornalismo mainstream ed hanno il grande merito di cercare di screditare prima di tutto l’informazione tradizionale facendo ironia intorno a quei messaggi manipolati e a quei luoghi comuni che ogni giorno cercano di inculcare nella testa della gente. Ma il risultato migliore lo ottengono inducendo l’informazione di palazzo o i cosiddetti “vip” a gettare la maschera quando prendono per buone o condividono le loro notizie. Pur facendo satira, rappresentano la trappola sempre dietro l’angolo per chi vuole fabbricare notizie cercando storie preconfezionate da gettare in pasto ai lettori. Questo, infatti, è il giornalismo mainstream oggi: decidere a priori quale messaggio dare e cercare poi storie e notizie che sostengano quel messaggio. Se poi sono finte, manipolate o pretestuose, fa parte del mestiere. Ma se un giornalista agisce così, può darsi che prima o poi inciampi in un Lercio qualsiasi, perché come hanno dichiarato loro stessi: “C’è sempre meno differenza tra noi e certo giornalismo, cioè tra contraffazione satirica e realtà adulterata”.
Fascisti e siti bufala. Ma oltre che dai media tradizionali, bisogna guardarsi anche dai social media, cioè quei siti di informazione a basso costo che grazie alla rete e ai social network riescono a raggiungere moltissime persone: blog, pagine Facebook, ma anche siti simili al nostro che però come obiettivo non hanno quello di cercare di informare dal basso ma di diffondere odio e notizie false per scopi politici, oppure per attirare click e vendere pubblicità. Per smascherare le bufale sono nati molti siti e pagine Facebook ed una delle più famose è bufale.net. Lì si può trovare giorno per giorno tutte le notizie false che hanno avuto migliaia di condivisioni e decine di migliaia di letture. Le più in voga sono quelle riguardanti reati compiuti da immigrati, per poi passare a fantomatici rimborsi di multe e tasse o cifre del tutto casuali di tagli alle pensioni o stipendi dei politici, fino ad arrivare ad argomenti più soft come la fine della serie Beautiful. Nelle ultime settimane ha avuto migliaia di condivisioni la falsa notizia di un immigrato che ha stuprato una bambina di 7 anni ed il cui padre ha tagliato i genitali per poi farglieli ingoiare. Il sito che ha diffuso la bufala è senzacensura.eu. Non è certo un caso che l’oggetto più frequente delle notizie inventate siano gli immigrati che compiono reati. Il settimanale l’Espresso qualche mese fa ha fatto proprio un’inchiesta al riguardo rivelando che c’è una larga galassia di siti e pagine Facebook gestite da personaggi vicini per lo più al mondo fascio-leghista che diffondono bufale per finalità politiche. La notizia bufala più famosa del 2015 è dello scorso gennaio: “Greta e Vanessa ai pm di Roma: sesso con i guerriglieri, ma non siamo state violentate. Pubblicata dal sito PioveGovernoLadro, è diventata celebre perché ritwittata dall’ex ministro Maurizio Gasparri e ripresa da Il Giornale. Sulle due cooperanti rapite in Siria poi sono state pubblicate foto false di vario tipo tra cui la più celebre è quella con una mitragliatrice in spalla che poi è stato scoperto essere una guerrigliera curda. È un sito vicino agli ambienti fascisti così come il più ingannevole Imola Oggi, gestito da un consigliere della Lega Nord vicino agli ambienti del fondamentalismo cattolico. Anche in questo caso al centro dell’attività quotidiana del sito, come ammesso dallo stesso gestore, una serie di notizie modificate e manipolate. Nella galassia dei siti bufala xenofobi e omofobi non poteva mancare Catena Umana di Vincenzo Todaro, ex imprenditore edile di Parma che dopo aver visto fallire la propria impresa per la crisi, ha iniziato un’azione quotidiana di informazione basata sull’attacco a immigrati e omosessuali. Sulla stessa lunghezza d’onda Tutti i crimini degli immigrati, voxnews.info e Il Primato Nazionale, espressione di CasaPound. Si passa da titoli come “Effetto Machete: immigrati viaggiano gratis su treni” a “Alfano: non si possono affondare i barconi perché si inquina il mare”.
La politica nella rete. Poi c’è tutto il mondo legato al Movimento 5 Stelle e Casaleggio che però merita un discorso a parte. Se ad esempio il sito che smaschera le bufale, cioè bufale.net, è considerato “parziale” per essere legato al mondo 5 Stelle, allo stesso tempo spesso vengono accusati i siti della galassia Casaleggio come Tze Tze, La Cosa e La Fucina di produrre notizie manipolate e di fare un tipo di giornalismo pieno di trucchi e inganni. È una linea più sottile rispetto ai casi illustrati prima, ma in ogni caso consigliamo sempre una verifica delle fonti delle notizie. Naturalmente il mondo politico legato ai poteri forti, vale a dire l’area che va dal Pd a Forza Italia fino all’Udc, non ha bisogno di siti pilota e fabbricazione di bufale artigianali. Loro rappresentano un livello politico per cui la manipolazione e la falsità si produce in modo professionale e industriale con un grande apparato fatto di tv via cavo e satellitari, radio, web tv e siti internet cosiddetti mainstream.
Pericolo business. Ma la cosa più pericolosa è che le bufale stanno diventando un business legato alla vendita di pubblicità in base agli ingressi nei siti e alle letture delle pagine. Un business sempre più in voga che permetterà di raffinare sempre di più le tecniche di raggiro e manipolazione. Noi possiamo solo consigliarvi di stare più attenti, di controllare le fonti e di partecipare sempre in prima persona alla vita reale (politica, culturale, sportiva) dei vostri territori. E possiamo affermare che nella società della conoscenza, l’informazione è un bene raro e prezioso quanto l’acqua e quindi dobbiamo essere i primi a conservarlo, condividerlo e praticarlo.