Tra il 2009 e il 2014 l'Europa e i suoi Paesi membri hanno pagato un
conto di 221 miliardi di euro per far fronte alla crisi delle banche.
Eppure, le stesse istituzioni -nel nome del rigore- hanno imposto una
dura lezione al governo greco. A guidarle c'è Jean-Claude Juncker, che
si è dimesso nel 2013 da primo ministro del Lussemburgo (e poi è stato
travolo dallo scandalo "LuxLeaks", l'elusione fiscale garantita alle
multinazionali). Un esempio di doppia morale
Se non altro, la “questione greca” che tanto ci ha appassionato prima dell’estate ci ha lasciato un insegnamento: l’etica prima di tutto. I debiti vanno ripagati. Un’ondata di moralità -piuttosto inaspettata- che ha pervaso il continente. La lezione è stata ripetuta con determinazione al governo ellenico, che alla fine ha accettato le condizioni per “restare in Europa”: misure di austerità, privatizzazioni, tagli. Persino il Fondo monetario internazionale -che peraltro è tra i creditori della Grecia-, pochi giorni dopo il via libera del Parlamento greco al “piano”, ha con chiarezza affermato che il debito greco va rivisto, se si vuole che le riforme abbiano effetto. Ma tant’è. La medicina è stata imposta al paziente: d’altronde questa è “l’era dell’acquiescenza”, per parafrasare il titolo di un saggio dell’americano Steve Frazer. Difficile da stabilire, comodi in poltrona, se noi avremmo fatto diversamente.
La retorica della legalità è stata portata avanti dai rappresentanti dei Paesi e delle istituzioni europee, con l’appoggio quasi unanime dell’opinione pubblica.
Tra i portavoce di questa narrazione, Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea dal 2014. Juncker è stato costretto a dimettersi da primo ministro del governo del Lussemburgo nel 2013, accusato di aver “schedato” senza autorizzazione migliaia di concittadini. Negli anni in cui era al potere nel suo Paese, un gran numero di multinazionali hanno goduto di regimi fiscali agevolati. Una vicenda nota come “LuxLeaks”: miliardi di euro di entrate tributarie eluse ai governi nazionali dei singoli Paesi (dell’Ue, compresa la Grecia) in cui le multinazionali operavano. Per inciso, tra le multinazionali ci sono anche quelle che prosperano grazie a internet e ai social network, col loro portato di trolls, bufale, violenza verbale. Tanto per dire.
A luglio l’ufficio studi di Mediobanca ha pubblicato il consueto report sui principali istituti bancari europei. Tra i vari dati è emerso che, tra il 2009 e il 2014, anni della crisi bancaria, il conto pagato dagli Stati europei, tra iniezioni di capitali pubblici e minori imposte, è stato di 221 miliardi. 1,2 volte il Pil della Grecia. Questo dato non tiene conto di istituti minori e territoriali. Tra il 2011 e il 2014, sempre secondo Mediobanca, le banche europee hanno “bruciato” 178,5 miliardi tra contenziosi, risarcimenti e svalutazioni.
Tra le maggiori banche europee c’è la tedesca Deutsche Bank. Accusata di aver manipolato illecitamente i tassi interbancari (il cosiddeto Libor), ha pagato 2,5 miliardi di dollari in sanzioni. Negli ultimi 3 anni, tra multe e composizioni stragiudiziali il conto per il colosso tedesco arriva a 9 miliardi di euro.
Il cancelliere Angela Merkel e il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble sono anch’essi molto impegnati nella narrazione della necessaria legalità ed etica europea. Sempre per dire.
Anche le istituzioni e l’opinione pubblica italiana hanno brillato nella spinta all’ondata di moralità. Noi non siamo come i greci, che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità.
Appena prima della pausa estiva, anche l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia ha presentato il suo consueto rapporto annuale. Secondo Bankitalia nel nostro Paese le attività corruttive, l’evasione e il riciclaggio di denaro sono “diffuse e pervasive”. La collaborazione del contrasto a queste attività illecite da parte delle pubblica amministrazione “è scarsa” e i professionisti danno un “modesto contributo”. Poco prima, anche l’Autorità nazionale anticorruzione aveva ribadito il grido d’allarme per voce del suo presidente, Raffaele Cantone, in un’audizione parlamentare. C’è sempre qualcuno che sta peggio: questa volta è toccato alla Grecia. Buon per noi.
Ps: a luglio il ministro della Giustizia Orlando ha confermato l’imminente cancellazione del reato di clandestinità, inserito nel 2009 nel nostro ordinamento penale. “È stato inefficace e la sua abolizione comporterà risparmio di risorse, giudiziarie e amministrative”.
Se non altro, la “questione greca” che tanto ci ha appassionato prima dell’estate ci ha lasciato un insegnamento: l’etica prima di tutto. I debiti vanno ripagati. Un’ondata di moralità -piuttosto inaspettata- che ha pervaso il continente. La lezione è stata ripetuta con determinazione al governo ellenico, che alla fine ha accettato le condizioni per “restare in Europa”: misure di austerità, privatizzazioni, tagli. Persino il Fondo monetario internazionale -che peraltro è tra i creditori della Grecia-, pochi giorni dopo il via libera del Parlamento greco al “piano”, ha con chiarezza affermato che il debito greco va rivisto, se si vuole che le riforme abbiano effetto. Ma tant’è. La medicina è stata imposta al paziente: d’altronde questa è “l’era dell’acquiescenza”, per parafrasare il titolo di un saggio dell’americano Steve Frazer. Difficile da stabilire, comodi in poltrona, se noi avremmo fatto diversamente.
La retorica della legalità è stata portata avanti dai rappresentanti dei Paesi e delle istituzioni europee, con l’appoggio quasi unanime dell’opinione pubblica.
Tra i portavoce di questa narrazione, Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea dal 2014. Juncker è stato costretto a dimettersi da primo ministro del governo del Lussemburgo nel 2013, accusato di aver “schedato” senza autorizzazione migliaia di concittadini. Negli anni in cui era al potere nel suo Paese, un gran numero di multinazionali hanno goduto di regimi fiscali agevolati. Una vicenda nota come “LuxLeaks”: miliardi di euro di entrate tributarie eluse ai governi nazionali dei singoli Paesi (dell’Ue, compresa la Grecia) in cui le multinazionali operavano. Per inciso, tra le multinazionali ci sono anche quelle che prosperano grazie a internet e ai social network, col loro portato di trolls, bufale, violenza verbale. Tanto per dire.
A luglio l’ufficio studi di Mediobanca ha pubblicato il consueto report sui principali istituti bancari europei. Tra i vari dati è emerso che, tra il 2009 e il 2014, anni della crisi bancaria, il conto pagato dagli Stati europei, tra iniezioni di capitali pubblici e minori imposte, è stato di 221 miliardi. 1,2 volte il Pil della Grecia. Questo dato non tiene conto di istituti minori e territoriali. Tra il 2011 e il 2014, sempre secondo Mediobanca, le banche europee hanno “bruciato” 178,5 miliardi tra contenziosi, risarcimenti e svalutazioni.
Tra le maggiori banche europee c’è la tedesca Deutsche Bank. Accusata di aver manipolato illecitamente i tassi interbancari (il cosiddeto Libor), ha pagato 2,5 miliardi di dollari in sanzioni. Negli ultimi 3 anni, tra multe e composizioni stragiudiziali il conto per il colosso tedesco arriva a 9 miliardi di euro.
Il cancelliere Angela Merkel e il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble sono anch’essi molto impegnati nella narrazione della necessaria legalità ed etica europea. Sempre per dire.
Anche le istituzioni e l’opinione pubblica italiana hanno brillato nella spinta all’ondata di moralità. Noi non siamo come i greci, che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità.
Appena prima della pausa estiva, anche l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia ha presentato il suo consueto rapporto annuale. Secondo Bankitalia nel nostro Paese le attività corruttive, l’evasione e il riciclaggio di denaro sono “diffuse e pervasive”. La collaborazione del contrasto a queste attività illecite da parte delle pubblica amministrazione “è scarsa” e i professionisti danno un “modesto contributo”. Poco prima, anche l’Autorità nazionale anticorruzione aveva ribadito il grido d’allarme per voce del suo presidente, Raffaele Cantone, in un’audizione parlamentare. C’è sempre qualcuno che sta peggio: questa volta è toccato alla Grecia. Buon per noi.
Ps: a luglio il ministro della Giustizia Orlando ha confermato l’imminente cancellazione del reato di clandestinità, inserito nel 2009 nel nostro ordinamento penale. “È stato inefficace e la sua abolizione comporterà risparmio di risorse, giudiziarie e amministrative”.
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