Nei primi sette mesi del 2015 ci sono stati 643 incidenti mortali sul
lavoro. Numeri impressionanti che evidenziano un aumento delle “morti
bianche” del 9,5% rispetto allo stesso periodo del 2014. Questi dati
vengono resi pubblici dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega
Engineering di Mestre sulla base di dati Inail.
Dal sito dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, si possono leggere dati anche più aggiornati. Dal 1° gennaio al 14 settembre di quest’anno sono 481 i morti sui luoghi di lavoro. A questi si devono aggiungere i decessi sulle strade e “in itinere” per un totale di oltre 950 morti.
In Italia, più che l’occupazione, sta crescendo la mancanza di sicurezza nei posti di lavoro. Ma quasi nessuno ne parla. Si danno letteralmente i numeri quando si scrive di occupazione in crescita sbagliando le somme, modificando i riferimenti, cambiando gli algoritmi di calcolo … ma i numeri (e i nomi) delle persone morte sul lavoro e per il lavoro vengono diffusi quasi di nascosto. Una notizia e via. Per non disturbare. Forse qualcuno nei piani alti del potere pensa che sia meglio non sapere. E, invece, di lavoro si muore per condizioni sempre più precarie e ritmi (per chi ha la “fortuna” di lavorare) sempre più esasperati.
Intanto, pochi giorni fa, c’è stata l’ennesima assoluzione per avvenuta prescrizione in processi relativi al lavoro. È successo a Crotone nel processo che vedeva imputati otto ex dirigenti della Montedison. Tutti assolti per “estinzione del reato”. Per i lavoratori morti di tumore e per il disastro ambientale provocato nessuno pagherà. Non ci sono responsabilità e se dovessero esserci colpe queste sono “prescritte”. Come all’Eternit, come alla discarica di Bussi. Come, con altre motivazioni (il fatto non sussiste), alla Marlane-Marzotto.
Di lavoro si muore. Si muore per il profitto di pochi. Degli stessi che non vengono mai condannati. Si muore soprattutto nel “ricco” nord-est (la “macroarea che risente di più del fenomeno” come viene riportato sulla base dei dati INAIL), in Lombardia, in Veneto (l’Osservatorio di Bologna riporta 77 decessi dei quali 13 a Vicenza, una delle province con più “morti bianche”). Si muore in silenzio, con poche e striminzite righe di cronaca che appaiono sui giornali e presto spariscono. Notizie brevi che riportano a malapena i nomi degli uccisi. Nomi che volano via e diventano numeri di una statistica infame che viene, anch’essa, nascosta in mezzo a mille altre notizie e pettegolezzi.
E nessuno, al governo, fa niente. Al massimo una frase di circostanza. Niente.
Dal sito dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, si possono leggere dati anche più aggiornati. Dal 1° gennaio al 14 settembre di quest’anno sono 481 i morti sui luoghi di lavoro. A questi si devono aggiungere i decessi sulle strade e “in itinere” per un totale di oltre 950 morti.
In Italia, più che l’occupazione, sta crescendo la mancanza di sicurezza nei posti di lavoro. Ma quasi nessuno ne parla. Si danno letteralmente i numeri quando si scrive di occupazione in crescita sbagliando le somme, modificando i riferimenti, cambiando gli algoritmi di calcolo … ma i numeri (e i nomi) delle persone morte sul lavoro e per il lavoro vengono diffusi quasi di nascosto. Una notizia e via. Per non disturbare. Forse qualcuno nei piani alti del potere pensa che sia meglio non sapere. E, invece, di lavoro si muore per condizioni sempre più precarie e ritmi (per chi ha la “fortuna” di lavorare) sempre più esasperati.
Intanto, pochi giorni fa, c’è stata l’ennesima assoluzione per avvenuta prescrizione in processi relativi al lavoro. È successo a Crotone nel processo che vedeva imputati otto ex dirigenti della Montedison. Tutti assolti per “estinzione del reato”. Per i lavoratori morti di tumore e per il disastro ambientale provocato nessuno pagherà. Non ci sono responsabilità e se dovessero esserci colpe queste sono “prescritte”. Come all’Eternit, come alla discarica di Bussi. Come, con altre motivazioni (il fatto non sussiste), alla Marlane-Marzotto.
Di lavoro si muore. Si muore per il profitto di pochi. Degli stessi che non vengono mai condannati. Si muore soprattutto nel “ricco” nord-est (la “macroarea che risente di più del fenomeno” come viene riportato sulla base dei dati INAIL), in Lombardia, in Veneto (l’Osservatorio di Bologna riporta 77 decessi dei quali 13 a Vicenza, una delle province con più “morti bianche”). Si muore in silenzio, con poche e striminzite righe di cronaca che appaiono sui giornali e presto spariscono. Notizie brevi che riportano a malapena i nomi degli uccisi. Nomi che volano via e diventano numeri di una statistica infame che viene, anch’essa, nascosta in mezzo a mille altre notizie e pettegolezzi.
E nessuno, al governo, fa niente. Al massimo una frase di circostanza. Niente.
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