mercoledì 20 febbraio 2019

Renzi, Salvini, Di Maio… “una faccia, una razza

Due bombe in solo giorno terremotano il poco che era rimasto della “politica” in Italia.
Il voto sulla piattaforma Rousseau, come ampiamente previsto, ha salvato Salvini dal possibile giudizio del Tribunale dei ministri per il blocco della nave militare Diciotti, con a bordo 177 naufraghi raccolti in mare. Dopo i salti mortali sulla formulazione del quesito – che aveva imbarazzato pure l’anziano guru genovese – e l’opacità connaturata a una “piattaforma”gestita da un privato che è anche “azionista di riferimento” del M5S, nessuno pensava davvero a un risultato diverso. E ingigantirà, prevedibilmente, la frana elettorale del movimento.

L’arresto (ai domiciliari) dei genitori di Matteo Renzi, per una bassa vicenda di fatture false e bancarotta fraudolenta, getta se non altro uno squarcio sul “brodo di coltura” che ha prodotto le “facce nuove” della recente politica italiana.
I Renzi, infatti, non sembrano affatto diversi dai Di Maio o Di Battista, anche loro alle prese con genitori “piccoli imprenditori” intenti a far crescere i loro non immensi profitti con i classici trucchetti del lavoro nero e qualche altra banalità. Cose che sarebbero considerate con maggiore magnanimità, anche da parte nostra (che pure contro il lavoro nero conduciamo battaglie da decenni), se questi figli non avessero costruito carriere politiche gridando contro “i privilegiati” che hanno una pensione normale, oppure sopravvivono occupando case o infine arraggiandosi negli infiniti modi che la vita metropolitana consente.
Insomma, i figli della piccolissima borghesia “che si arrangia”, reclutati come cagnetti da guardia del grande capitale “che si arrangia” e individua come nemico su cui scaricare il malessere sociale sugli ultimi della fila, i poverissimi, quelli che “si arrangiano” a loro volta per assenza di alternative legali (che invece non mancherebbero a piccole e grandi imprese).
Odiamo i forcaioli e i manettari, ma è difficile non capire che il salvataggio di Salvini era un obbligo politico per i Cinque Stelle. Così come non è difficile capire che il testacoda di Salvini in una notte (dal “voglio essere processato” al “chiedo l’immunità”) è stato motivato dalla consulenza di qualche avvocato di grido (nel governo e nella Lega siede Giulia Buongiorno, divenuta famosa come salvatrice di Giulio Andreotti nel processo di Palermo). E, dunque, non è difficile capire neanche che quell’inchiesta per cui il Tribunale dei ministri ha chiesto l’”autorizzazione a procedere” – che oggi sarà respinta dalla Giunta presieduta da Maurizio Gasparri (una garanzia, diciamolo…) – non era in fondo così “manifestamente infondata”.
Non può del resto sfuggire che le argomentazioni usate dai due Mattei – Salvini e Renzi – sono molto simili, e raccontante in linguaggio tipicamente berlusconiano:
Renzi: “Voglio che sia chiaro a tutti che io non mollo di un solo centimetro. La politica non è un vezzo personale ma un dovere morale. Se qualcuno pensa che si possa utilizzare la strategia giudiziaria per eliminare un avversario dalla competizione politica sappia che sta sbagliando persona. Non ho mai avuto così tanta voglia come stasera di combattere per un Paese diverso e per una giustizia giusta.”
Salvini: “che ci sia qualche magistrato con chiare ed evidenti simpatie politiche non svelo il mistero di Fatima”. In particolare, il vicepresidente del Consiglio se la prende con Magistratura Democratica, che “sposa la campagna pro-immigrazione insieme, tra gli altri, a: Ong, Arci, Potere al Popolo, Rifondazione comunista e coop varie (compresa la Baobab Experience dove si erano rifugiati gli sbarcati della Diciotti). Poi quello accusato di ledere l’autonomia dei magistrati sono io”.
Non siamo manettari né giustizialisti, e abbiamo visto nella storia dell’Italia del dopoguerra magistrati politicizzati di ogni tendenza: quelli del “porto delle nebbie” romano, in cui morivano le inchieste sul potere e sui fascisti (per chi ricorda il giudice Alibrandi…), quelli che hanno indagato e quelli che hanno insabbiato su Piazza Fontana, quelli “in prima linea” contro le avanguardie politiche negli anni ‘70, quelli secondo cui Pinelli era morto volando dalla finestra della questura di Milano per un “malore attivo” (Gerardo D’Ambrosio, poi parlamentare col Pci-Pds-Ds), quelli di “Mani Pulite”, poi diventato un format per i golpe suave in America Latina.
Insomma: non ci fidiamo affatto dell'”imparzialità” della magistratura italiana.

Però questo potere fatti di piccolissima borghesia che “si arrangia” – nella vita, in politica e nei processi – fa veramente orrore.

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