Gli Stati Uniti hanno aumentato le tensioni con l’Iran senza
intraprendere alcuna iniziativa concreta per uscire dall’accordo
nucleare. Il motivo per cui Trump si limiterà all’abuso verbale
continuando a minacciare misure ostili contro Teheran, senza eseguirle, è
fondamentalmente evitare una frattura tra Stati Uniti ed UE. L’accordo
nucleare non è bilaterale, per cui il ritiro degli Stati Uniti non può
teoricamente estinguerlo. Ciononostante, per l’Iran, probabilmente in
questo caso l’accordo sarebbe totalmente nullo, con ciò che implica.
Così gli Stati Uniti continuano la loro aggressiva campagna verbale
contro l’Iran, confondendo gli europei che giustamente non riescono a
prevedere quali decisioni questo presidente degli Stati Uniti possa
adottare nel medio-lungo termine. Tuttavia, l’obiettivo non è solo
l’Iran ma anche il principale alleato e braccio militare in Medio
Oriente: Hezbollah libanese. Gli Stati Uniti hanno pubblicato le taglie
di due aderenti al Consiglio militare di Hezbollah (la massima autorità
militare dell’organizzazione), Haj Fuad Shuqr e Haj Talal Hamiyah,
assegnando “12 milioni di dollari a chiunque possa dare informazioni”
utili a processarli. La taglia mostra volutamente vecchie foto dei due
uomini per evitare di rivelare le fonti d’intelligence che ne hanno
fornito di più recenti. Resta la domanda: quale Paese ne trarrebbe
vantaggio? L’Iran non è più interessato a ciò che Donald Trump farà
dell’accordo nucleare. La leadership iraniana ha creato centinaia di
società commerciali durante l’embargo, soprattutto in Oman, Dubai e Abu
Dhabi, per contrastare oltre 30 anni di sanzioni ed embargo
statunitensi. Inoltre, l’Iran impiega oro e petrolio in cambio di beni e
tecnologia da molti anni accettando di acquistare a prezzi più elevati
che sul mercato aperto. Oggi l’accordo nucleare ha aperto il mercato
iraniano e l’ha collegato a quelli europei. L’Unione europea non è
disposta a perderlo in questo momento, soprattutto con la crisi
finanziaria che il vecchio continente vive dal 2008, solo perché Trump,
presidente degli Stati Uniti (l’unico tra i firmatari) ritiene
unilateralmente che “lo spirito dell’accordo nucleare sia stato
violato”. Gli Stati Uniti vorrebbero vedere il programma missilistico
iraniano finire assieme all’invio di armi ad Hezbollah: questo sarebbe
favorito anche da Arabia Saudita e Israele. Tuttavia questi temi sono
considerati da tutti i Paesi firmatari (incluso l’Iran ma con
l’eccezione degli Stati Uniti) come non correlati ed esclusi
dall’accordo nucleare. I funzionari sauditi hanno visitato recentemente
Washington, offrendo assistenza finanziaria illimitata affinché gli
Stati Uniti distruggano Hezbollah e limitino l’influenza dell’Iran nel
Medio Oriente. Infatti, Hezbollah è considerato la rovina del gioco dei
Paesi internazionali e regionali che sostennero il cambio di regime in
Siria. Pertanto, molti vorrebbero vedere Hezbollah, braccio dell’Iran,
eliminato completamente, perché così l’Iran diverrebbe un gigante senza
braccia. Inoltre, durante la visita del re saudita a Mosca, la monarchia
informò il Presidente Vladimir Putin che tutti i gruppi operanti in
Siria, come “Stato islamico” (SIIL), al-Qaida e Hezbollah, sono
considerati terroristi e dovrebbero essere eliminati. Putin, nonostante
la generosa offerta finanziaria del re ad investire nei prodotti russi,
era molto chiaro: qualsiasi Paese o gruppo che combatte in Siria su
richiesta del governo legittimo non è un gruppo terroristico. Il “capo
di Hezbollah” non era sul tavolo della capitale russa.Per quanto riguarda le ricompense statunitensi, i leader di Hezbollah
del primo, secondo e terzo ramo dell’organizzazione si muovono
liberamente tra Beirut, Damasco, Teheran e Baghdad, in base alle
esigenze della “guerra al terrore” in cui l’organizzazione partecipa
contro “Stato islamico” (SIIL) e al-Qaida in Siria e in Iraq. Nessuna
autorità, né libanese né statunitense, oserebbe arrestare uno dei leader
di Hezbollah senza subire conseguenze dirette, che andrebbero
dall’attacco ai loro soldati ad attaccare i loro interessi in Medio
Oriente. Il rapimento (o cattura) va trattato in modo simile e respinto
senza esitazione. L’ultimo “incidente” si verificò in Iraq quando
Washington espresse il desiderio, quando Baghdad chiedeva alle forze
statunitensi di uscire dall’Iraq sotto il presidente Barack Obama, di
rapire negli USA il comandante di Hezbollah Ali Musa Daqduq. Hezbollah
quindi inviò un messaggio chiaro all’amministrazione statunitense,
attraverso i leader iracheni, che rapire Daqdouq avrebbe significato che
ogni soldato e ufficiale statunitense in Medio Oriente, soprattutto in
Iraq, sarebbero stato un ostaggio. Ciò spinse Washington a chiudere un
occhio e lasciare gli iracheni decidere sul destino dell’ufficiale di
Hezbollah che partecipò all’eliminazione di cinque soldati e ufficiali
statunitensi in un’operazione impressionante a Qarbala. Nel gennaio
2007, Daqduq, insieme al gruppo della resistenza di Muqtada al-Sadr,
Asaayb Ahl al-Haq, utilizzò le auto blindate di un ministro iracheno che
gli stessi Stati Uniti gli avevano donato. Il fatto che Daqduq fosse a
bordo facilitò l’ingresso del convoglio nell’edificio governativo senza
sollevare i sospetti delle forze statunitensi all’interno. Hezbollah sa
che molti soldati e ufficiali statunitensi viaggiano liberamente in
Libano, operando principalmente con l’esercito libanese. Pertanto,
l’organizzazione si assicura che gli Stati Uniti sappiano della sua
capacità di rispondere e di non lasciare suoi uomini prigionieri senza
una risposta. Hezbollah ritiene che i propri leader siano sicuri dal
rapimento, ma non dai tentativi di assassinio. Così, “le taglie” degli
Stati Uniti sui due comandanti di Hezbollah mirano ad accontentare gli
alleati mediorientali (Israele e Arabia Saudita) dicendo che “siamo
tutti sulla stessa barca contro la presenza e le capacità operative di
Hezbollah”. Infatti, dimostra come Washington prenda seriamente misure
politiche piuttosto che operative per limitare Hezbollah e Iran nel
Medio Oriente. Entrambi considerati nemici degli Stati Uniti e dai loro
stretti collaboratori israeliani e sauditi.
Tel Aviv, come Washington, si limita ad adottare una minacciosa retorica, parlando di “guerra imminente” contro Hezbollah, ma senza andare oltre od adottare passi bellicosi oltre al rullo dei tamburi. Nell’improbabile caso di guerra tra Israele e Hezbollah, non c’è dubbio che Israele abbia la capacità militare distruttiva di riportare il Libano all'”età della pietra”, come afferma. Tuttavia, è una situazione che i libanesi hanno già vissuto con la guerra civile nel 1975 e le due (1982 e 2006) guerre israeliane. In queste guerre Israele attaccò e distrusse le infrastrutture libanesi, uccidendo migliaia di civili e centinaia di militanti di Hezbollah. Tuttavia, non c’è dubbio anche che Hezbollah avrebbe inflitto ad Israele lo stesso scenario da “età della pietra”, con decine di migliaia di razzi e missili, anche ad alta precisione. La popolazione israeliana però non è abituata a un tale scenario: i missili di Hezbollah colpirebbero infrastrutture (ponti, centri di concentrazione, mercati, acqua, elettricità, impianti chimici e altro), porti, aeroporti, caserme e istituzioni militari e case civili. È vero che i capi politici e militari israeliani non sono ingenui e non scambiano mai la propria sicurezza col sostegno economico e finanziario (offerto dall’Arabia Saudita per distruggere Hezbollah), non importa quanto sia sostanziale. Israele non scambia un rapporto diplomatico pubblico con l’Arabia Saudita e la maggior parte dei Paesi del Golfo rinunciando alla propria sicurezza e al benessere del proprio popolo. I comandanti israeliani sanno bene dell’esperienza militare unica che Hezbollah ha sviluppato in Siria e Iraq e come utilizzi nuovi bunker sotterranei per i missili a lungo raggio al confine libanese-israeliano. Tuttavia, Israele e Stati Uniti possono effettuare attacchi militari e d’intelligence per colpire i leader di Hezbollah, come fecero in passato col Segretario generale Sayad Abas al-Musaui, con il vice di Sayad Hasan Nasrallah Imad Mughniyah e contro altri della leadership come Husayn al-Laqis, Samir Qantar, Jihad Mughniyah ecc. Il “conto” è ancora aperto tra Hezbollah e Israele. L’organizzazione libanese ha certamente tentato simili attacchi d’intelligence contro Israele. Tuttavia, diversi tentativi sono falliti a causa della cattiva pianificazione e della violazione per mano dell’intelligence statunitense e israeliana della sicurezza di Hezbollah, tramite un ufficiale dell’unità per le operazioni estere. Ma l’equilibrio del terrore tra Hezbollah e Israele rimane: Hezbollah è più a suo agio in Siria oggi e può dedicare più risorse alla lotta contro Israele ed alleati nella regione. Così, la pressione statunitense rimane nei limiti dell’incapacità di chiunque ad attuarla: non c’è Paese o entità che voglia affrontare un rivale come Hezbollah, addestrato nell’arte della guerra e della politica ed attore essenziale nel Medio Oriente e nelle arene internazionali.
Tel Aviv, come Washington, si limita ad adottare una minacciosa retorica, parlando di “guerra imminente” contro Hezbollah, ma senza andare oltre od adottare passi bellicosi oltre al rullo dei tamburi. Nell’improbabile caso di guerra tra Israele e Hezbollah, non c’è dubbio che Israele abbia la capacità militare distruttiva di riportare il Libano all'”età della pietra”, come afferma. Tuttavia, è una situazione che i libanesi hanno già vissuto con la guerra civile nel 1975 e le due (1982 e 2006) guerre israeliane. In queste guerre Israele attaccò e distrusse le infrastrutture libanesi, uccidendo migliaia di civili e centinaia di militanti di Hezbollah. Tuttavia, non c’è dubbio anche che Hezbollah avrebbe inflitto ad Israele lo stesso scenario da “età della pietra”, con decine di migliaia di razzi e missili, anche ad alta precisione. La popolazione israeliana però non è abituata a un tale scenario: i missili di Hezbollah colpirebbero infrastrutture (ponti, centri di concentrazione, mercati, acqua, elettricità, impianti chimici e altro), porti, aeroporti, caserme e istituzioni militari e case civili. È vero che i capi politici e militari israeliani non sono ingenui e non scambiano mai la propria sicurezza col sostegno economico e finanziario (offerto dall’Arabia Saudita per distruggere Hezbollah), non importa quanto sia sostanziale. Israele non scambia un rapporto diplomatico pubblico con l’Arabia Saudita e la maggior parte dei Paesi del Golfo rinunciando alla propria sicurezza e al benessere del proprio popolo. I comandanti israeliani sanno bene dell’esperienza militare unica che Hezbollah ha sviluppato in Siria e Iraq e come utilizzi nuovi bunker sotterranei per i missili a lungo raggio al confine libanese-israeliano. Tuttavia, Israele e Stati Uniti possono effettuare attacchi militari e d’intelligence per colpire i leader di Hezbollah, come fecero in passato col Segretario generale Sayad Abas al-Musaui, con il vice di Sayad Hasan Nasrallah Imad Mughniyah e contro altri della leadership come Husayn al-Laqis, Samir Qantar, Jihad Mughniyah ecc. Il “conto” è ancora aperto tra Hezbollah e Israele. L’organizzazione libanese ha certamente tentato simili attacchi d’intelligence contro Israele. Tuttavia, diversi tentativi sono falliti a causa della cattiva pianificazione e della violazione per mano dell’intelligence statunitense e israeliana della sicurezza di Hezbollah, tramite un ufficiale dell’unità per le operazioni estere. Ma l’equilibrio del terrore tra Hezbollah e Israele rimane: Hezbollah è più a suo agio in Siria oggi e può dedicare più risorse alla lotta contro Israele ed alleati nella regione. Così, la pressione statunitense rimane nei limiti dell’incapacità di chiunque ad attuarla: non c’è Paese o entità che voglia affrontare un rivale come Hezbollah, addestrato nell’arte della guerra e della politica ed attore essenziale nel Medio Oriente e nelle arene internazionali.
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