La crescente fiducia degli investitori nella Russia mentre l’inflazione
storicamente elevata continua a diminuire, e l’economia supera la
recessione, ha ricevuto una forte conferma con la notizia che per la
prima volta la Russia ha superato l’India come opzione d’investimento
preferito dagli investitori sui mercati emergenti. Questa conferma
proviene dalla fonte più autorevole possibile, un articolo del Financial Times, negli ultimi anni fortemente critico verso la Russia. “La
Russia ha superato l’India come prima posizione per i fondi azionari
sui mercati emergenti. Nonostante l’imposizione di sanzioni sempre più
severe a Mosca, i prezzi del petrolio ancora bassi e un’economia che ora
esce da una grave recessione, ancora assalita da tassi d’interesse
reali adattati all’inflazione del 5,2 per cento. Al contrario, l’India
era da tempo preferita dagli investitori esteri che si leccavano i baffi
alla prospettiva del Paese più popoloso del mondo che cresceva a un
alto tasso, grazie allo zelo riformista del Primo ministro Narendra
Modi. “La Russia è ora la maggiore opzione per i gestori dei mercati
emergenti, per la prima volta dai record avutisi all’inizio del 2011,
superando la lungamente preferita India”, dichiarava Steven Holden,
fondatore della Copley Fund Research, che ha compilato i dati e
confessato “sorpresa” per la nuova popolarità della Russia. Il fondo di
investimenti ormai attribuisce alla Russia 1,46 punti percentuali,
superando gli 1,4 punti percentuali dell’India, dove i gestori dei fondi
avevano una esposizione media del 4,4 per cento all’inizio del 2015,
secondo Copley, come mostrato nel primo grafico. I dati si basano sulle
partecipazioni di 126 fondi con attività combinate per 300 miliardi di
dollari. Di questi fondi, il 72,8 per cento oramai punta alla Russia,
contro solo il 60 per cento per l’India…” L’articolo osserva
correttamente che gli interessi degli investitori esteri in Russia
partono da una base molto bassa e che la Russia ha superato l’India per
via della recente perdita di attrattiva, mentre aumenta quella della
Russia. Tuttavia, l’articolo chiarisce che l’aumento dell’interesse
degli investitori per la Russia è determinata dai suoi fondamentali
sempre più forti. “Il signor Jain, tea gli investitori dal grande
fervore per la Russia, di cui è sorpreso essendo un “ultra ribassista da
15 anni”, è CIO della Vontobel Asset Management svizzera, che gestisce
32 miliardi di dollari. Ancora oggi il suo fondo GQG Partners Emerging
Markets Equity ha un’esposizione del 10,2 per cento in Russia, più di
tre volte l’indice. “Ero pubblicamente critico nell’investire in Russia.
L’ho seguita per 25 anni e questo è il massimo che ho avuto”, ha detto.
Nicholas Field, stratega EM di Schroders e co-direttore del fondo del
gruppo Global Emerging Market Opportunities, è un altro convertito, con
l’aumento dell’attribuzione del 14,2 per cento. “Molti dei titoli che si
leggono sulla Russia riguardano geopolitica e relazioni con gli Stati
Uniti e così via, ma quando si guarda all’economia si vedono alcune cose
interessanti per gli investitori”, ha detto. La tesi di Jain è che le
sanzioni imposte alla Russia da Stati Uniti e UE e la scivolata nei
prezzi del petrolio, sono state utili agli investitori esteri perché
hanno costretto le compagnie russe a ridurre i costi. L’India è molto
costosa. È divenuta da molto economica a uno dei mercati più costosi. In
particolare, le compagnie petrolifere russe furono costrette a
sviluppare in proprio complesse tecnologie di trivellazione, aiutandosi a
lungo termine, mentre alcune aziende agricole nazionali, come i
caseifici, hanno beneficiato della riduzione della concorrenza estera
con le contro-sanzioni russe alle importazioni alimentari europee. “Le
sanzioni sono state positive per le aziende russe, costrette ad agire
insieme, con un massiccio sforzo nel tagliare i costi”, secondo Jain. “A
causa di questa riduzione dei costi, i profitti operativi sono
superiori alle stime. Gli utili aziendali cominciano a recuperare dopo
un lungo crollo. Vanno seguiti i profitti aziendali”. Vede anche
positivi i travagli di Otkritie e B&N Bank, due banche private
espunte dalla banca centrale e nazionalizzate nelle ultime settimane,
dopo aver subito difficoltà finanziarie. Circa il 4,2 per cento del
fondo Jain è investito nella Sberbank, la più grande banca della Russia.
Ha detto: “L’industria bancaria ha visto un massiccio consolidamento.
Ora tre banche controllano il 70% degli attivi”. Sberbank è assai ben
gestita, con profitti per sei volte. Quante banche fanno il 20% del ROE
(ritorno sul patrimonio) in piena recessione? La posizione che hanno
avuto non sarebbe consentita in molti Paesi, e ora c’è una straordinaria
crescita del credito e i NPL (prestiti non performanti) escono”. Nel
complesso, vede spazio per l’ulteriore crescita del reddito,
l’espansione dei margini e la riqualificazione del mercato, dato che
Mosca attualmente ha un rapporto prezzo/profitto di solo 7,8 e un
rendimento dei dividendi del 4,7 per cento”.
. La crescente forza del sistema finanziario e bancario russo, storicamente tallone d’Achille dell’economia post-sovietica della Russia, è stata discussa molte volte Ciò che accade è che la comunità internazionale degli investimenti, e il Financial Times, finalmente comprende la verità. Dato l’enorme “rumore” negativo di cui soffre la Russia e la lunga ostilità del Financial Times, l’articolo sugli investitori internazionali che vanno in Russia non sorprende che alla fine sia piccato. “Il crescente interesse per la Russia non è dovuto presumibilmente alle prospettive economiche a lungo termine buone, ma alla ripresa della Russia dalla recessione. L’ottimismo del signor Field è alimentato dalla ripresa economica del Paese, che prevede di proseguire almeno fino alla metà del 2018. “La domanda è depressa, per cui il recupero dovrebbe continuare per un po’. L’inflazione è scesa al 3,3 per cento, abbastanza inaudita per la Russia. Nei prossimi 12-24 mesi c’è spazio per riduzioni dei tassi di interesse certamente stimolando l’economia. L’unica cosa che può sconvolgere è un’altra mossa importante sul prezzo del petrolio”, secondo Field. Tuttavia, non durerà a lungo. “Non pensiamo che la crescita strutturale sia a lungo termine molto elevata, così molti acquistano in Russia ora non perché ha 10 o 20 anni gloriosi davanti, ma perché recupera“. Sentiremo numerosi commenti nei prossimi mesi, poiché la crescita economica rinnovata della Russia è impossibile negarla anche da chi in precedenza disse non ci sarebbe mai stata. Tali commenti sono in realtà inutili. In che senso il recupero dell’economia dalla recessione sarebbe un motivo per dubitarne della futura crescita? Mettendo ciò da parte, l’articolo fornisce esempi abbondanti sui “motivi strutturali” per cui è probabile una forte crescita in futuro. Riprendendo le osservazioni nell’articolo di Rajiv Jain, “…Le compagnie petrolifere russe sono state costrette a sviluppare in proprio complesse tecnologie per la perforazione, aiutandole a lungo termine, mentre alcune aziende agricole nazionali, come i caseifici, hanno beneficiato della riduzione della concorrenza straniera con le contro-sanzioni russe ai prodotti alimentari europei importati. Le sanzioni sono state positive per le aziende russe, costrette ad agire insieme, con un massiccio sforzo per ridurre i costi”, secondo Jain. “A causa di questa riduzione dei costi, i profitti operativi sono superiori alle stime. Gli utili aziendali cominciano a recuperare dopo un lungo crollo. Vanno seguiti i profitti aziendali”. Vede anche positivi i travagli di Otkritie e B&N Bank, due banche private espunte dalla banca centrale e nazionalizzate nelle ultime settimane dopo aver subito difficoltà finanziarie. Circa il 4,2 per cento del fondo Jain è investito nella Sberbank, la più grande banca della Russia. Ha detto: “L’industria bancaria ha visto un massiccio consolidamento. Ora tre banche controllano il 70% degli attivi. “Sberbank è molto ben gestita, con profitti per sei volte. Quante banche fanno il 20% di ROE (ritorno sul patrimonio) in piena recessione? La posizione che hanno avuto non sarebbe consentita in molti Paesi, e ora c’è una straordinaria crescita del credito e i NPL (prestiti non performanti) escono”.”
Cosa significa riduzione dei costi, maggiore efficienza, sviluppo di nuovi prodotti e nuove tecnologie, elevati profitti operativi e (nel sistema bancario) consolidamento dell’industria se non la prova che l’economia affronta con successo i propri problemi strutturali, garantendosi così la crescita a lungo termine in futuro? Non c’è dubbio che c’è ancora molto da fare, ma perché continuare a fingere che nulla accade quando è tutto chiaro? Una delle discussioni perenni sui problemi dell’economia della Russia è che i suoi critici occidentali insistono ad averli in entrambi i sensi. Sono costretti a concedere che l’economia russa si adatta con successo alle dure condizioni economiche post-2014 in cui si trovava (bassi prezzi petroliferi e sanzioni occidentali) e ora recupera da una recessione che la maggior parte di loro pensava dirompente, ma allo stesso tempo si rifiutano di ammettere questo successo dell’economia russa, nelle stesse condizioni economiche, danneggiando profondamente le loro critiche, spesso anche apocalittiche. In realtà, l’economia che si adatta così rapidamente e con successo alle sfide che affrontava nel 2014 non può essere inefficiente, corrotta, mal gestita, ‘cleptocratica’ e sottovalutata come il ‘Zaire innevato’ immaginato dai critici occidentali. L’articolo del Financial Times dimostra che sempre più gestori di fondi, tra cui Rajiv Jain e Nicholas Field che avevano già acquistato in un quadro cupo, cominciano a vedere la verità.
. La crescente forza del sistema finanziario e bancario russo, storicamente tallone d’Achille dell’economia post-sovietica della Russia, è stata discussa molte volte Ciò che accade è che la comunità internazionale degli investimenti, e il Financial Times, finalmente comprende la verità. Dato l’enorme “rumore” negativo di cui soffre la Russia e la lunga ostilità del Financial Times, l’articolo sugli investitori internazionali che vanno in Russia non sorprende che alla fine sia piccato. “Il crescente interesse per la Russia non è dovuto presumibilmente alle prospettive economiche a lungo termine buone, ma alla ripresa della Russia dalla recessione. L’ottimismo del signor Field è alimentato dalla ripresa economica del Paese, che prevede di proseguire almeno fino alla metà del 2018. “La domanda è depressa, per cui il recupero dovrebbe continuare per un po’. L’inflazione è scesa al 3,3 per cento, abbastanza inaudita per la Russia. Nei prossimi 12-24 mesi c’è spazio per riduzioni dei tassi di interesse certamente stimolando l’economia. L’unica cosa che può sconvolgere è un’altra mossa importante sul prezzo del petrolio”, secondo Field. Tuttavia, non durerà a lungo. “Non pensiamo che la crescita strutturale sia a lungo termine molto elevata, così molti acquistano in Russia ora non perché ha 10 o 20 anni gloriosi davanti, ma perché recupera“. Sentiremo numerosi commenti nei prossimi mesi, poiché la crescita economica rinnovata della Russia è impossibile negarla anche da chi in precedenza disse non ci sarebbe mai stata. Tali commenti sono in realtà inutili. In che senso il recupero dell’economia dalla recessione sarebbe un motivo per dubitarne della futura crescita? Mettendo ciò da parte, l’articolo fornisce esempi abbondanti sui “motivi strutturali” per cui è probabile una forte crescita in futuro. Riprendendo le osservazioni nell’articolo di Rajiv Jain, “…Le compagnie petrolifere russe sono state costrette a sviluppare in proprio complesse tecnologie per la perforazione, aiutandole a lungo termine, mentre alcune aziende agricole nazionali, come i caseifici, hanno beneficiato della riduzione della concorrenza straniera con le contro-sanzioni russe ai prodotti alimentari europei importati. Le sanzioni sono state positive per le aziende russe, costrette ad agire insieme, con un massiccio sforzo per ridurre i costi”, secondo Jain. “A causa di questa riduzione dei costi, i profitti operativi sono superiori alle stime. Gli utili aziendali cominciano a recuperare dopo un lungo crollo. Vanno seguiti i profitti aziendali”. Vede anche positivi i travagli di Otkritie e B&N Bank, due banche private espunte dalla banca centrale e nazionalizzate nelle ultime settimane dopo aver subito difficoltà finanziarie. Circa il 4,2 per cento del fondo Jain è investito nella Sberbank, la più grande banca della Russia. Ha detto: “L’industria bancaria ha visto un massiccio consolidamento. Ora tre banche controllano il 70% degli attivi. “Sberbank è molto ben gestita, con profitti per sei volte. Quante banche fanno il 20% di ROE (ritorno sul patrimonio) in piena recessione? La posizione che hanno avuto non sarebbe consentita in molti Paesi, e ora c’è una straordinaria crescita del credito e i NPL (prestiti non performanti) escono”.”
Cosa significa riduzione dei costi, maggiore efficienza, sviluppo di nuovi prodotti e nuove tecnologie, elevati profitti operativi e (nel sistema bancario) consolidamento dell’industria se non la prova che l’economia affronta con successo i propri problemi strutturali, garantendosi così la crescita a lungo termine in futuro? Non c’è dubbio che c’è ancora molto da fare, ma perché continuare a fingere che nulla accade quando è tutto chiaro? Una delle discussioni perenni sui problemi dell’economia della Russia è che i suoi critici occidentali insistono ad averli in entrambi i sensi. Sono costretti a concedere che l’economia russa si adatta con successo alle dure condizioni economiche post-2014 in cui si trovava (bassi prezzi petroliferi e sanzioni occidentali) e ora recupera da una recessione che la maggior parte di loro pensava dirompente, ma allo stesso tempo si rifiutano di ammettere questo successo dell’economia russa, nelle stesse condizioni economiche, danneggiando profondamente le loro critiche, spesso anche apocalittiche. In realtà, l’economia che si adatta così rapidamente e con successo alle sfide che affrontava nel 2014 non può essere inefficiente, corrotta, mal gestita, ‘cleptocratica’ e sottovalutata come il ‘Zaire innevato’ immaginato dai critici occidentali. L’articolo del Financial Times dimostra che sempre più gestori di fondi, tra cui Rajiv Jain e Nicholas Field che avevano già acquistato in un quadro cupo, cominciano a vedere la verità.
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