La Tassa europea sulle Transazioni Finanziarie (TTF) raccoglierebbe
in Italia tra i 3 e i 6 miliardi di euro all'anno. È quanto emerge dal
recente studio pubblicato da uno dei più autorevoli istituti di ricerca
economica tedeschi, The German Institute for Economic Research (DIW
Berlin). Lo studio approfondisce i profili di gettito fiscale derivanti
dalla TTF europea, "risorse vitali che -spiega la campagna
ZeroZeroCinque- l’Italia potrebbe impiegare sul versante della lotta
alla povertà a livello nazionale ed internazionale.
Le stime sul gettito della TTF sono strettamente legate alla sua architettura che gli 11 Paesi UE aderenti alla cooperazione rafforzata (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) andranno ad adottare, ovvero all’ampiezza della base imponibile, all’applicazione dei principi di tassazione, alle esenzioni che verranno concesse. Aspetti tecnici da mesi al centro del dibattito tra gli 11 Paesi coinvolti nel negoziato europeo. Tra lunghe impasse di natura politica e forti ingerenze da parte delle lobby della finanza.
Quali i dati per l’Italia? Una tassa con ampia base imponibile, ovvero applicata alla più ampia gamma di strumenti finanziari (secondo l’impianto della direttiva proposta dalla Commissione europea), con il ricorso al doppio principio di tassazione (di residenza dell’operatore e di nazionalità del titolo) e con aliquote dello 0,1% per le azioni e dello 0,01% per i derivati porterebbe nelle casse dello Stato dai 3 miliardi ai 6 miliardi di euro all’anno (iv).
Cosa succederebbe al gettito, se questo modello subisse delle variazioni? "L’esclusione tout court dei derivati dalla base imponibile della TTF è senza dubbio la scelta più catastrofica in termini di gettito -spiega ancora ZeroZeroCinque-, con una riduzione fino al 65% di entrate fiscali per l’Italia rispetto al gettito della TTF ideata dalla Commissione". L'analisi appena presentata in Germania sottolinea infatti come il peso di una TTF sui derivati ricadrebbe maggiormente sulle banche "di sistema" e sulle grandi istituzioni finanziarie, evidenziando il ridotto ricorso a strumenti come i credit default swaps e in generale a negoziazioni in derivati fuori dai mercati regolamentati da parte delle piccole società finanziarie europee.
La recente apertura dei Paesi del negoziato all’inclusione dei derivati nella base imponibile della TTF con una riduzione delle aliquote trova un’ulteriore valutazione di merito nello studio. La tassazione dei derivati con aliquote anche solo dimezzate ridurrebbe le potenziali entrate per l’erario italiano fino a 1,3 miliardi di euro. Ma anche altre esenzioni e deviazioni dal solido modello di TTF della Commissione giocano un ruolo significativo sul gettito generabile. L’esenzione dei titoli di Stato -punto fermo del nostro ministero delle Finanze su cui la Campagna ZeroZeroCinque esprime una forte critica- determinerebbe un mancato introito di oltre 1 miliardo di euro. Un’ulteriore perdita di gettito si determinerebbe per l’Italia anche nel caso in cui si applicasse alla tassazione delle azioni il solo principio di "nazionalità del titolo", con una riduzione di oltre il 50% delle risorse generabili rispetto al combinato ricorso al principio di residenza dell’operatore e paese di emissione del titolo proposto dalla Commissione.
Il potenziale fiscale della TTF, secondo ZeroZeroCinque "ha anche il merito di essere un efficace deterrente alla speculazione finanziaria, disincentivando in particolare il trading ad alta frequenza a vantaggio di investimenti di medio-lungo termine", e rappresenta "un’opportunità irrinunciabile se si pensa alla destinazione che queste risorse potrebbero avere in termini di spesa sociale per l’Italia, di maggiori aiuti per istruzione e salute nei Paesi più poveri, di investimenti per il contrasto ai cambiamenti climatici".
Con il gettito che i Paesi europei raccoglierebbero in un solo mese di applicazione della TTF (2,9 miliardi secondo le stime della Commissione) si potrebbe pagare il salario di un intero anno di 1,5 milioni di infermieri in Africa. In soli due giorni e mezzo si raccoglierebbero risorse (192 milioni di euro) sufficienti alla costruzione di 2.500 rifugi anticiclone, proteggendo così 8 milioni di persone che vivono in zone soggette ai devastanti fenomeni del cambiamento climatico. E in Italia metà delle risorse annue generabili dalla TTF potrebbero contribuire ad esempio alla creazione di un Reddito di Inclusione Sociale per far fronte ai bisogni delle famiglie che versano in stato di povertà assoluta.
Nel prendere in considerazione il potenziale fiscale della TTF e nell’avallarne un impianto tecnico ambizioso, lo studio ribadisce -come anche la Campagna ZeroZeroCinque-, il valore di apripista di una tassa sulla transazioni finanziarie come misura di fiscalità comunitaria, e di regolamentazione finanziaria comune di un settore che ha usufruito nel momento più buio della crisi di piani pubblici di salvataggio per più di un terzo del PIL continentale (oltre il doppio del debito pubblico italiano), con ripercussioni drammatiche per i bilanci degli Stati, senza un apparente cambiamento del proprio modus operandi, restando lontano dal proprio ruolo di servizio all’economia reale, e contribuendo a un peggioramento dei livelli di diseguaglianza sociale.
“Il nodo vero per la democrazia e il benessere economico oggi, per l’Italia e per l’Europa è il rapporto di forza tra gli stati e la grande finanza. Sui tanti fronti aperti di questo grande tema ci giochiamo il nostro futuro. Le potenzialità di miglioramento rispetto alla situazione in cui viviamo oggi (in termini di risorse per gli investimenti nei beni pubblici globali e nelle economie locali, per la lotta alla diseguaglianza, per la prevenzione di nuove crisi finanziarie) sono enormi. La TTF rappresenta in questa battaglia un punto fondamentale simbolico e di sostanza (come ben illustrato dallo studio tedesco) per capire se avremo un futuro in cui la finanza sarà al servizio del bene comune o, al contrario, saranno cittadini e stati ad essere al servizio degli interessi di pochi gruppi della grande finanza”
Le stime sul gettito della TTF sono strettamente legate alla sua architettura che gli 11 Paesi UE aderenti alla cooperazione rafforzata (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) andranno ad adottare, ovvero all’ampiezza della base imponibile, all’applicazione dei principi di tassazione, alle esenzioni che verranno concesse. Aspetti tecnici da mesi al centro del dibattito tra gli 11 Paesi coinvolti nel negoziato europeo. Tra lunghe impasse di natura politica e forti ingerenze da parte delle lobby della finanza.
Quali i dati per l’Italia? Una tassa con ampia base imponibile, ovvero applicata alla più ampia gamma di strumenti finanziari (secondo l’impianto della direttiva proposta dalla Commissione europea), con il ricorso al doppio principio di tassazione (di residenza dell’operatore e di nazionalità del titolo) e con aliquote dello 0,1% per le azioni e dello 0,01% per i derivati porterebbe nelle casse dello Stato dai 3 miliardi ai 6 miliardi di euro all’anno (iv).
Cosa succederebbe al gettito, se questo modello subisse delle variazioni? "L’esclusione tout court dei derivati dalla base imponibile della TTF è senza dubbio la scelta più catastrofica in termini di gettito -spiega ancora ZeroZeroCinque-, con una riduzione fino al 65% di entrate fiscali per l’Italia rispetto al gettito della TTF ideata dalla Commissione". L'analisi appena presentata in Germania sottolinea infatti come il peso di una TTF sui derivati ricadrebbe maggiormente sulle banche "di sistema" e sulle grandi istituzioni finanziarie, evidenziando il ridotto ricorso a strumenti come i credit default swaps e in generale a negoziazioni in derivati fuori dai mercati regolamentati da parte delle piccole società finanziarie europee.
La recente apertura dei Paesi del negoziato all’inclusione dei derivati nella base imponibile della TTF con una riduzione delle aliquote trova un’ulteriore valutazione di merito nello studio. La tassazione dei derivati con aliquote anche solo dimezzate ridurrebbe le potenziali entrate per l’erario italiano fino a 1,3 miliardi di euro. Ma anche altre esenzioni e deviazioni dal solido modello di TTF della Commissione giocano un ruolo significativo sul gettito generabile. L’esenzione dei titoli di Stato -punto fermo del nostro ministero delle Finanze su cui la Campagna ZeroZeroCinque esprime una forte critica- determinerebbe un mancato introito di oltre 1 miliardo di euro. Un’ulteriore perdita di gettito si determinerebbe per l’Italia anche nel caso in cui si applicasse alla tassazione delle azioni il solo principio di "nazionalità del titolo", con una riduzione di oltre il 50% delle risorse generabili rispetto al combinato ricorso al principio di residenza dell’operatore e paese di emissione del titolo proposto dalla Commissione.
Il potenziale fiscale della TTF, secondo ZeroZeroCinque "ha anche il merito di essere un efficace deterrente alla speculazione finanziaria, disincentivando in particolare il trading ad alta frequenza a vantaggio di investimenti di medio-lungo termine", e rappresenta "un’opportunità irrinunciabile se si pensa alla destinazione che queste risorse potrebbero avere in termini di spesa sociale per l’Italia, di maggiori aiuti per istruzione e salute nei Paesi più poveri, di investimenti per il contrasto ai cambiamenti climatici".
Con il gettito che i Paesi europei raccoglierebbero in un solo mese di applicazione della TTF (2,9 miliardi secondo le stime della Commissione) si potrebbe pagare il salario di un intero anno di 1,5 milioni di infermieri in Africa. In soli due giorni e mezzo si raccoglierebbero risorse (192 milioni di euro) sufficienti alla costruzione di 2.500 rifugi anticiclone, proteggendo così 8 milioni di persone che vivono in zone soggette ai devastanti fenomeni del cambiamento climatico. E in Italia metà delle risorse annue generabili dalla TTF potrebbero contribuire ad esempio alla creazione di un Reddito di Inclusione Sociale per far fronte ai bisogni delle famiglie che versano in stato di povertà assoluta.
Nel prendere in considerazione il potenziale fiscale della TTF e nell’avallarne un impianto tecnico ambizioso, lo studio ribadisce -come anche la Campagna ZeroZeroCinque-, il valore di apripista di una tassa sulla transazioni finanziarie come misura di fiscalità comunitaria, e di regolamentazione finanziaria comune di un settore che ha usufruito nel momento più buio della crisi di piani pubblici di salvataggio per più di un terzo del PIL continentale (oltre il doppio del debito pubblico italiano), con ripercussioni drammatiche per i bilanci degli Stati, senza un apparente cambiamento del proprio modus operandi, restando lontano dal proprio ruolo di servizio all’economia reale, e contribuendo a un peggioramento dei livelli di diseguaglianza sociale.
“Il nodo vero per la democrazia e il benessere economico oggi, per l’Italia e per l’Europa è il rapporto di forza tra gli stati e la grande finanza. Sui tanti fronti aperti di questo grande tema ci giochiamo il nostro futuro. Le potenzialità di miglioramento rispetto alla situazione in cui viviamo oggi (in termini di risorse per gli investimenti nei beni pubblici globali e nelle economie locali, per la lotta alla diseguaglianza, per la prevenzione di nuove crisi finanziarie) sono enormi. La TTF rappresenta in questa battaglia un punto fondamentale simbolico e di sostanza (come ben illustrato dallo studio tedesco) per capire se avremo un futuro in cui la finanza sarà al servizio del bene comune o, al contrario, saranno cittadini e stati ad essere al servizio degli interessi di pochi gruppi della grande finanza”
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