Un tempo dicevamo che in Italia rischi di andare in galera se rubi un’arancia. Adesso dobbiamo aggiornare il catalogo dei mostruosi sprechi della nostra giustizia, con una storia che sembra inverosimile per la sua assurdità, ma purtroppo è verissima. Nove anni di processi per il furto di una melanzana.
Siamo nel Sud, a Carmiano, in provincia di Lecce, e un uomo di 49 anni, nel lontano 2009, viene colto in flagrante mentre prova a prendere una melenzana da un orto. Apriti cielo. Viene prima denunciato a piede libero, e poi finisce sotto processo.
Non si tratta di un giovane monello, ma di un povero disgraziato, che non ha un euro e viene difeso da un avvocato d’ufficio. Ma la macchina della (non) giustizia, quando parte, in Italia non si ferma più. Arriva così il processo di primo grado: condannato. Poi l’appello: altra condanna. E soltanto in Cassazione l’uomo viene riconosciuto non colpevole, e i giudici sottolineano nella sentenza l’assoluta tenuità del reato che avrebbe dovuto sconsigliare questo iter così lungo.
PROCESSI PENALI INUTILI
Ora provate a mettervi nei panni di un qualsiasi cittadino. E fatevi qualche domanda. La prima: quanti soldi ha sprecato lo Stato per tenere sotto processo, e poi assolvere solo in Cassazione, un uomo accusato del furto di una melanzana in un orto? Seconda domanda: e quanto lavoro è stato sottratto, da parte di inquirenti, giudici e corti varie, a procedimenti ben più significativi che di solito marciscono nel pantano della giustizia civile e penale? Infine: uno Stato che per nove anni ti tiene sotto processo per una melanzana, non è uno Stato che perseguita?In un Paese normale, una cosa del genere porterebbe a qualche provvedimento. E qualcuno pagherebbe il conto di tanta leggerezza e di tanto spreco. Ma in Italia, quando si tratta di errori giudiziari, funziona in un altro modo. La storia c’è, i fatti sono evidenti, ma chi ha sbagliato è impunito per prassi. E anche questa è (non) giustizia.
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