Siamo fatti così, Sarko-no, Sarkozy!». Recita tali parole una canzone demenziale di Simone Cristicchi,
apparsa al Festival di Sanremo di nonna Pina (Antonella Clerici) nel
2010. Non trasmette sommariamente una beata ceppa, eppure ci fotografa
nettamente la vicenda che nelle ultime ore squassa la Francia: l’ex
presidente della Repubblica Libertè, Égalitè et Fraternitè, Nicolas Sarkozy, è in stato di fermo nell’intestino della caserma della Polizia Giudiziaria di Nanterre, mite sobborgo di Parigi. La notizia fa eiaculare i cronisti francesi di «Le Monde», che erano un po’ annoiati negli ultimi tempi a causa della tregua dell’Isis sul territorio bleu. Che cosa vuoi che ne sappiano di scandali politici i cugini francesi? L’Italia rimane il Paese dominante in questo settore, “Mani pulite”, “Cosa Nostra”, e tutte le inchieste con suffisso “opoli”, ci fanno sempre battere il cuore.
Attenzione,
Sarkozy è sottoposto alla vivisezione legale di un interrogatorio, non è
condannato. Però è già solo: basta un nulla per essere macchiati di
inchiostro talmente tetro da non andare più via. Jean-Paul Sartre asserisce che, «se sei triste quando sei da solo, probabilmente sei in cattiva compagnia».
I sentimenti non mentono mai: chissà come di sente il repubblicano
Nicolas in questi minuti magmatici. Egli è stato convocato nelle scorse
ore per fare lumi sull’inchiesta che ha evidenziato possibili finanziamenti da parte della Libia
alla campagna elettorale presidenziale che nel 2007 lo portò a
pavoneggiare dentro i marmi dell’Eliseo. L’inchiesta parigina, partita
nel 2013, vede solo ora il presidente emerito appropinquarsi a una
confessione confessabile. Lo stato di fermo può avere durata di
quarantotto ore, prima del rischio dell’incriminazione. Fosse vivo
l’imperante Napoleone Bonaparte, in merito alla vicenda si esprimerebbe così: «Bisogna sempre lasciar trascorrere la notte sulle ingiurie del giorno innanzi». Mica male.
Un uomo fedelissimo di Sarkozy, Brice Hortefeux,
già ministro del suo discutibilissimo governo, è stato interrogato
celermente: egli è già libero, ma ha lasciato trapelare possibili
debolezze nel castello difensivo dell’accusato. Ma non tergiversiamo,
entriamo nello specifico: nel 2012 il sito Mediapart aveva pubblicato una serie documenti segreti che evidenziavano finanziamenti cospicui del leader libico Muammar Gheddafi
per la corsa al trono di Sarkozy. Le bustarelle, o meglio tangenti,
termine per noi italiani molto affettuoso, ammonterebbero a cinque
milioni di euro, distribuiti in denaro contante. L’ex capo dello Stato
transalpino – ritiratosi saggiamente dalla vita politica dopo la
sconfitta alle primarie repubblicane del novembre 2016 – era stato già
rinviato a giudizio per non aver rispettato le regole dei finanziamenti
di un’altra sua campagna elettorale, quella del 2012, nella quale aveva
speso venti milioni di euro in più rispetto al tetto massimo di ventidue
milioni e mezzo consentiti dalla legge francese. Perseverare è davvero diabolico.
A
gennaio il maremoto è avanzato su Sarkozy: viene arrestato all’aeroporto
londinese di Heathrow, il 58enne uomo d’affari francese Alexandre Djouhri,
con un grasso mandato di cattura internazionale. Sarebbe lui il volano,
il tramite integerrimo del denaro versato da Gheddafi nella vincente
campagna elettorale del 2007. L’udienza per l’estradizione in Francia di
Djouhri si avrà il 17 aprile. Si preannunciano scenari tempestosi.
Sarkozy sarebbe accusato di soffrire anche del complesso di Caino, visto
che nel 2011 fu proprio il suo governo a spingere perentoriamente verso
l’attacco della Libia, che avrebbe poi accelerato il rovesciamento del
regime di Gheddafi.
Intanto l’agnello roboante è accusato, ma rimane in silenzio.
Ci si aspetta una decisa risposta, da chi ha ricoperto la carica di
ventitreesimo presidente della Repubblica francese, servendo già la sua
nazione – e i suoi probi ideali di destra – con una carica di ministro
delle finanze prima e di doppio ministro dell’interno dopo, dentro i
fasti marcianti del governo Jacques Chirac.
Sarkozy
è anche uno dei due co-principi di Andorra, oltre ad essere stato
insignito dei titoli di gran maestro della Legion d’onore e
protocanonico d’onore della Basilica di San Giovanni in Laterano. Quelle
bordate di luce che fanno effetto, per intenderci, come l’aver sposato Carla Bruni, una donna “donata da Silvio Berlusconi”. Ma intanto regna affusolato il silenzio: «Non c’è uno, ma più tipi di silenzio, ed essi fanno parte integrante delle strategie che sottendono ed attraversano i discorsi». Lo sosteneva Michel Foucault, un intellettuale vero, mica un portatore di platinate medaglie.
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