Qualcuno sta già parlando di fine della Seconda Repubblica e sarà almeno la terza volta: la Seconda Repubblica era finita nel 2011, quando l’Europa chiese e ottenne la testa di Silvio Berlusconi e correva l’anno 2013 quando la Seconda Repubblica cascava sotto il peso del 25% conseguito dal Movimento 5 Stelle alle politiche. Forse ora, verosimilmente oltre che auspicabilmente, ci siamo per davvero. Dopo una lunghissima nottata dedicata allo spoglio e una valanga di commenti, il risultato si è consolidato: possiamo fare un bilancio e ad azzardare qualche previsione. Andiamo con ordine.

Sicuramente il risultato del Movimento 5 Stelle è notevole. Possono piacere o meno, con tutti i loro evidentissimi limiti, ma è pacifico che il dato emerso dalle urne traccia i contorni di un’opera epocale realizzata dai pentastellati. In un periodo di tempo relativamente contenuto, i grillini arrivano a conquistare quasi un terzo degli elettori italiani e l’impresa appare davvero eroica se si considera il più ingombrante ostacolo in questa corsa: Luigi Di Maio. Si, il Movimento riesce a conquistare il primo posto nell’indice di gradimento degli elettori italiani, nonostante Luigi Di Maio: un candidato dallo scarso carisma politico e personale che inevitabilmente porta a domandarsi quale risultato si poteva ancora ottenere con un candidato come Alessandro Di Battista.
Aldilà di tutto, ad ogni modo, questo paese deve ammettere di essere in debito col Movimento 5 Stelle: la forza politica è riuscita a dimostrare come il potere si possa legalmente conquistare e come l’impalcatura democratica italiana regga eccome. Un altro dato che sicuramente non si può trascurare è rappresentato dalle percentuali bulgare che il Movimento raccoglie nel sud del paese: il consenso è intorno al 50% in Campania e Sicilia: il Movimento ha saputo esprimere maggiormente quei contenuti votati all’equità e alla solidarietà che fanno breccia nei cuori impoveriti delle periferie.

Matteo Salvini ha mandato in pensione Berlusconi. Sul vecchio leader del centrodestra torneremo, intanto bisogna riconoscere a Salvini di essere riuscito a trasformare la Lega in un grande e importante partito nazionale. La Lega ha un enorme merito: quello di aver sfondato l’arroganza di quella sciocca, presuntuosa e sorda politica che imponeva temi di responsabilità europeistica in un’agenda che gli italiani volevano altrove. Il risultato lo conferma ed è davvero impressionante: Salvini raddoppia, in alcune zone triplica, le percentuali di Forza Italia in Lombardia; conquista il 20% circa persino in Umbria ed Emilia, dove si afferma la coalizione di cui è leader ormai indiscusso.
Salvini conquista il cuore degli elettori del centrodestra e la sua coalizione è la prima in assoluto: fa meglio dei 5 Stelle. Ieri ha rilasciato una dichiarazione sacrosanta: la Lega è una forza politica volutamente e orgogliosamente populista. Ha maledettamente ragione perché è giusto che una forza politica persegua gli orientamenti espressi dal popolo, così come è vero che stucchevolmente radical appare chi pretende di sapere meglio di esso cosa sia giusto fare.



Berlusconi adesso deve davvero uscire di scena. Per la prima volta perde in casa e il suo partito arriva secondo all’interno della coalizione. Berlusconi deve lasciare l’agone politico e forse sarebbe stato meglio farlo prima: si sarebbe evitato questa sorta di cattiva figura. Probabilmente non ha mai digerito il colpo di stato subito da Bruxelles nel 2011 e voleva rifarsi: è tutto molto umano. Alla fine, infatti, non si riesce proprio ad essere caustici con Silvio: stiamo parlando di un uomo di oltre ottant’anni che, nonostante il fisiologico rincoglionimento, ha vivacemente preso parte alla campagna elettorale dimostrando, a modo suo, una certa lucidità. Berlusconi da 24 anni ricopre un ruolo assolutamente centrale nella politica italiana e questo tutto sommato merita una forte considerazione, nel bene e nel male.


È Renzi il vero sconfitto di queste elezioni. E non si può che godere facendo alcune considerazioni: prima di tutto il numero 4 porta sfiga a Matteo e se il risultato del 4 dicembre 2016 – nonostante egli stesso avesse personalizzato il referendum – non si poteva indubbiamente ricondurre a Matteo Renzi, quello di questo 4 marzo non lascia spazio a dubbi sul calcio in culo che gli italiani gli hanno voluto dare.
Renzi ha rottamato la sinistra italiana e questo rimorso deve portarselo addosso per il resto della sua (gli auguriamo che sia lunga) vita: ha messo a tacere ogni forma di dissenso interno al partito; ha trasformato il PD in una sorta di nuova DC; si è reso responsabile del superamento dell’art.18 e celebrato il precariato in ogni sua forma; ha introdotto il controllo a distanza e il demansionamento scellerato nel mondo del lavoro; ha trasformato il partito erede della tradizione comunista italiana nel partito delle banche; ha pugnalato alle spalle Enrico Letta; ha sottoscritto l’accordo del Nazzareno istituendo quel vergognoso inciucio italiano; si è alleato con Verdini, Casini e la Lorenzin; ha affidato alla Boschi e a Lotti l’immagine del Partito Democratico; ha scelto come Ministro della Pubblica Istruzione una signora manco laureata, con una pettinatura rispetto alla quale esprimiamo delle riserve, e che non è stata nemmeno rieletta; ha scelto come Ministro del Lavoro quello che a nostro avviso è stato il peggior Ministro del Lavoro della storia d’Italia (forse pure peggio di Sacconi), uno che suggeriva ai giovani disoccupati italiani – nei mesi del massimo storico raggiunto dal tasso di disoccupazione a memoria d’uomo – di fare qualche partita a calcetto in più per trovare lavoro. Matteo Renzi, l’Obama poco riuscito, il Mr. Bean toscano, ha rottamato la sinistra e se stesso e non bastano le sue dimissioni. Deve lasciare la politica: se ne deve andare. Renzi deve sparire.

Pietro Grasso suscita tenerezza. Liquidiamo la questione in due battute perché di più non me merita. Cominciamo col raccontare chi è l’elettore di Liberi e Uguali: è il classico irriducibile, quello che nella cabina elettorale proprio non ce la fa a non votare a sinistra; è l’antiberlusconiano per eccellenza e, quindi, l’antirenziano per definizione; è quello che pur di votare a sinistra accetta persino di votare il partito che candida la Boldrini e Massimo D’alema (che raccoglie solo il 3,90% nella sua roccaforte salentina); è uno che fa finta di non accorgersi del fatto che il pensiero più intelligente che viene in testa a Bersani riguarda la dubbia vocazione antifascista dei 5 Stelle; è uno che pur di illudersi di votare a sinistra è disposto a sostenere chi ha votato il Jobs Act in Parlamento. Ecco, a questa gente Pietro Grasso ha detto, due giorni prima del voto, che sarebbe stato disposto a partecipare ad un esecutivo con Berlusconi. Poi fatemi tutti i distinguo che vi pare: che si stesse riferendo ad un governo di scopo, del Presidente, e tutto quello che volete. Una roba del genere non la puoi dichiarare a un passo dalle urne perché ricorda Prodi che anticipava di voler alzare le imposte, nello stesso momento in cui Berlusconi prometteva di abolire la vecchia ICI.
Basta: non aggiungiamo altro.


Fratelli d’Italia senza infamia e senza lode, ma fondamentale perché Salvini superi Di Maio: un dignitoso risultato nonostante le manifestazioni anti inciucio poco partecipate. Avrà aiutato mettere quella bellissima donna sui manifesti elettorali in giro per le città italiane: nessuno ha ancora capito chi fosse, ma siamo tutti abbastanza concordi nell’affermare che non si trattasse di Giorgia Meloni. A parte le battute, la vicenda di photoshop ci è stata tutto sommato lo stesso utile: ci ha aiutato a riflettere su quanto la politica sia intimamente finta di questi tempi.


Invece due parole, proprio due, sulla Bonino: questa volta il suo trasformismo si è proprio superato. A dispetto di quanto si dica, il suo risultato non è poi così malvagio: vorrei vedere voi a guidare oggi una forza politica che si chiama + Europa. Emma poi non si aspettava mica un risultato differente: lo sapeva benissimo che il suo partito non avrebbe raggiunto la soglia del 3%, infatti si è fatta candidare al Senato, a Roma, col sostegno del Partito Democratico in un collegio blindatissimo. Per intenderci: è come se Salvini per pararsi il culo si fosse fatto aiutare da Forza Italia e la Meloni dalla Lega. Né più, né meno. Giudicate voi.
Un’altra piccolissima riflessione, utile a capire come la politica in questo paese sia ormai completamente scollata dalla realtà delle cose: Casapound è ampiamente sotto l’1%, nettamente superata dal risultato di Potere al Pololo. Ci chiediamo perplessi dove sia la marea nera, il rigurgito fascista che ha dato molto da fare a Emanuele Fiano che altrimenti, probabilmente, avrebbe dovuto dedicarsi alla cara vecchia Settimana Enigmistica. Peccato per Rizzo, forse l’ultimo comunista italiano, mentre le restanti forze politiche presentatesi non sono nemmeno degne di una menzione. Adesso però tocca governare il paese e finalmente capiremo perché stiamo pagando uno stipendio a Mattarella: per chi non avesse mai sentito nominarlo, Sergio Mattarella dal 2015 risiede presso il Palazzo del Quirinale come Presidente della Repubblica.

È veramente difficile fare un pronostico: prima di tutto ci sono due leader che sostengono di aver vinto le elezioni. Di Maio rappresenta la lista più votata e Salvini la coalizione più rappresentativa: non è semplice scegliere anche perché pare che entrambi si candidano a guidare il paese. Salvini si congratula col Movimento per il risultato conseguito e questo ci insospettisce. Di Maio ha dichiarato di accettare il sostegno di qualsiasi forza politica voglia appoggiarlo. I maliziosi ci leggono un flirt. L’ideale sarebbe proprio un esecutivo sostenuto da Movimento e Lega: finalmente avremmo il tanto auspicato governo dal chiaro orientamento politico e i due partiti sono vicini su tanti temi. Questo però potrebbe convenire poco a Salvini, che sarebbe comunque socio di minoranza e raccoglierebbe poca roba in vista delle prossime elezioni. Il centrodestra da solo non riesce a garantire piena stabilità e qualcuno addirittura ipotizza un governo guidato dal Movimento con l’appoggio del PD e di LeU.
La sfera di cristallo non ce l’ha nessuno, adesso non ci resta che aspettare e qualcuno, come sempre, parla già di una ricostruzione che ovviamente non ci sarà mai, soprattutto a sinistra. Intanto consoliamoci, gongolandoci in una piacevole sensazione che ricorda tanto la sera del 4 dicembre 2016 e immaginiamo i loro volti disperati, aldilà di chi ha conquistato per sé una poltrona: immaginate il volto di Renzi, Berlusconi, Bersani, D’Alema, Grasso, Boldrini, Fedeli, Fratoianni, Civati, Lorenzin, Casini, Tabacci, Bonino, Fitto, Lupi, Franceschini, Serracchiani, Fassino…