Alla Norvegia va la maglia rosa della prosperità, e all’Italia non
resta che accontentarsi di piazzarsi a metà classifica: questo il quadro
del benessere nel pianeta, almeno a prendere per buoni gli indicatori
del think tank britannico The Legatum Institute e del suo annuale
Prosperity Index.
Indice di prosperità, Italia fanalino di coda
Dunque, il Belpaese rimane fuori dalla “serie A” riservata ai primi 30 fra i 142 Paesi scrutinati, e si attesta solo al 37° posto: dietro agli altri Stati dell’Ue e con la sola eccezione di due repubbliche baltiche ex sovietiche, Ungheria, Bulgaria, Romania, Grecia e Croazia. Solo a parziale consolazione, l’Italia conserva comunque la massima serie (con un buon 22° posto) sul fronte della sanità; non riemerge viceversa dalla seconda categoria (su un totale di 4) in tutti gli altri dossier presi in considerazione: condizione economica, libertà d’impresa, governance, istruzione, sicurezza, libertà personale, capitale sociale. E naturalmente, tra i primi della classe – dopo la Norvegia, confermata in vetta alla classifica – spopolano Paesi del nord Europa o del nuovo mondo: con la Svizzera seconda e poi Danimarca, Nuova Zelanda, Svezia, Canada, Australia, Olanda, Finlandia e Irlanda. Seguono, tra decimo e ventesimo posto, Paesi più popolosi come Usa, Germania, Regno Unito o Giappone (ma pure Singapore e Hong Kong) e fra il 20° e il 30° come Francia, Spagna o Corea del Sud. e non è ancora tutto: l’Italia risulta preceduta in Europa anche da Repubblica Ceca (26a), Polonia (29a) e Slovacchia (35a). Ed è indicata addirittura una posizione indietro al “paradiso petrolifero” del Kuwait, mentre batte di poco come risultato complessivo Israele (su cui pesa la scarsa sicurezza percepita), Cipro, Lettonia e Lituania.
Tra i parametri della ricerca, occupazione e tasso di corruzione
In sostanza il Belpaese si mantiene allo stesso livello della graduatoria dell’anno scorso, ma perde terreno rispetto ad altri negli ultimi cinque anni. E, oltre al danno, anche la beffa, ribadisce il punteggio peggiore (48a posizione) quanto a libertà individuali. Il giudizio si fonda sui dati macroeconomici (dall’inflazione alle previsioni di crescita del Pil), sull’occupazione, sull’accesso ai servizi sociali, ma anche su percezioni soggettive. E qui spicca il 90,5% di chi ritiene dilagante la corruzione fra politici e uomini d’affari, il misero 3% di chi giudica quello attuale un momento propizio per trovare lavoro e il 69% che vede l’Italia come una sorta di bengodi per gli immigrati. A fronte di questo, un 90% di persone è convinta di poter trovare aiuto, nella famiglia o nella collettività, in caso di difficoltà. Fuori dall’area Ue, dati sorprendenti infine fra i Paesi dell’ex Urss non agganciati a Bruxelles: a guidare – poco oltre il 50° posto – sono infatti classificate repubbliche asiatiche ricche di idrocarburi, ma povere di democrazia quali Kazakhstan e Uzbekistan. Mentre più indietro è la Bielorussia (63a) e fra 70° e 80° posto languono Ucraina, Azerbaigian o Georgia.
Indice di prosperità, Italia fanalino di coda
Dunque, il Belpaese rimane fuori dalla “serie A” riservata ai primi 30 fra i 142 Paesi scrutinati, e si attesta solo al 37° posto: dietro agli altri Stati dell’Ue e con la sola eccezione di due repubbliche baltiche ex sovietiche, Ungheria, Bulgaria, Romania, Grecia e Croazia. Solo a parziale consolazione, l’Italia conserva comunque la massima serie (con un buon 22° posto) sul fronte della sanità; non riemerge viceversa dalla seconda categoria (su un totale di 4) in tutti gli altri dossier presi in considerazione: condizione economica, libertà d’impresa, governance, istruzione, sicurezza, libertà personale, capitale sociale. E naturalmente, tra i primi della classe – dopo la Norvegia, confermata in vetta alla classifica – spopolano Paesi del nord Europa o del nuovo mondo: con la Svizzera seconda e poi Danimarca, Nuova Zelanda, Svezia, Canada, Australia, Olanda, Finlandia e Irlanda. Seguono, tra decimo e ventesimo posto, Paesi più popolosi come Usa, Germania, Regno Unito o Giappone (ma pure Singapore e Hong Kong) e fra il 20° e il 30° come Francia, Spagna o Corea del Sud. e non è ancora tutto: l’Italia risulta preceduta in Europa anche da Repubblica Ceca (26a), Polonia (29a) e Slovacchia (35a). Ed è indicata addirittura una posizione indietro al “paradiso petrolifero” del Kuwait, mentre batte di poco come risultato complessivo Israele (su cui pesa la scarsa sicurezza percepita), Cipro, Lettonia e Lituania.
Tra i parametri della ricerca, occupazione e tasso di corruzione
In sostanza il Belpaese si mantiene allo stesso livello della graduatoria dell’anno scorso, ma perde terreno rispetto ad altri negli ultimi cinque anni. E, oltre al danno, anche la beffa, ribadisce il punteggio peggiore (48a posizione) quanto a libertà individuali. Il giudizio si fonda sui dati macroeconomici (dall’inflazione alle previsioni di crescita del Pil), sull’occupazione, sull’accesso ai servizi sociali, ma anche su percezioni soggettive. E qui spicca il 90,5% di chi ritiene dilagante la corruzione fra politici e uomini d’affari, il misero 3% di chi giudica quello attuale un momento propizio per trovare lavoro e il 69% che vede l’Italia come una sorta di bengodi per gli immigrati. A fronte di questo, un 90% di persone è convinta di poter trovare aiuto, nella famiglia o nella collettività, in caso di difficoltà. Fuori dall’area Ue, dati sorprendenti infine fra i Paesi dell’ex Urss non agganciati a Bruxelles: a guidare – poco oltre il 50° posto – sono infatti classificate repubbliche asiatiche ricche di idrocarburi, ma povere di democrazia quali Kazakhstan e Uzbekistan. Mentre più indietro è la Bielorussia (63a) e fra 70° e 80° posto languono Ucraina, Azerbaigian o Georgia.
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