venerdì 6 novembre 2015

Ad ottobre 83.000 disoccupati in più. Ma non era la Spagna delle “riforme”?

La Spagna delle riforme e dei progressi, tanto decantata dagli europeisti, si vede aumentare mese per mese il numero dei suoi disoccupati. Ad ottobre il Paese ha toccato la cifra record di +83.000 senza lavoro per un tasso di disoccupazione complessivo, sempre superiore al 20%. Questa tendenza all’aumento dei senza lavoro è iniziata da agosto, da come si evince sul grafico.
I settori più colpiti dalla perdita di posti di lavoro sono stati i servizi 2,3% e l’agricoltura-pesca +11,8% . Esattamente su quest’ultimo settore, il Paese soffre della rimozione, imposta dalle politiche dell’UE, sui dazi doganali di merce agricola ed ittica proveniente principalmente dal vicino nord Africa, innescando un processo distruttivo di dumping ai danni della produzione locale spagnola. Figuriamoci i danni economici tramite l’accordo di libero di libero scambio con gli USA (TTIP), soprattutto per i Paesi del sud Europa.
Per tornare al titolo, proprio delle riforme che occorre fare un’analisi: queste sono orientate per far recuperare competitività al Paese dal suo interno, ovvero tagliando la spesa statale, i salari e quindi comprimendo la domanda al fine di aumentare le esportazioni con moneta pesante (euro). Per essere precisi, si parla della pesante riforma del lavoro, avviata nel 2012, una sorta di Jobs Act che ha puntato proprio alla svalutazione interna per “conquistare” fette di mercato estero. Il risultato è stato raggiunto in parte, ma gli effetti collaterali sono superiori ai minimi “vantaggi” ottenuti. E infatti, disoccupazione in aumento e deflazione, questi funzionali al regime dell’eurozona, non sono mancati.
Da ciò si deve capire che in economia non esistono sconti o regali. Peccato che Podemos non l’abbia ancora capito, a due mesi dalle elezioni…

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