lunedì 9 novembre 2015

Il Tridente indica la via per la guerra

Ieri ha avuto termine dopo oltre un mese la più imponente esercitazione mai condotta sul campo dalla NATO dai tempi della Guerra Fredda. Dal 3 ottobre al 6 novembre, infatti, 36.000 effettivi provenienti da 30 paesi, 230 reparti, oltre 60 navi, 7 sottomarini e 140 aerei da guerra sono stati coinvolti in Trident Juncture 2015, una prova di forza da parte significativa da parte dell’Alleanza Atlantica in un momento tanto delicato per gli equilibri geopolitici planetari. In particolare, la seconda fase dell’esercitazione (LIVEX, acronimo di Live Exercise) ha visto messe in mostra vere e proprie manovre da campo di battaglia in diverse aree europee e del bacino del Mediterraneo, con l’Italia in prima fila quale “poligono dell’Impero”. Nel completo silenzio delle agenzie informative, la NATO si prepara alla guerra. Questa alleanza antistorica, trasformatasi da contraltare della potenza sovietica durante la Guerra Fredda a strumento d’aggressione fungente da punta di lancia e strumento di controllo sul gregge degli “alleati” europei di Washington, ha messo sul piatto miliardi di euro per testare la preparazione delle sue forze, mandando un messaggio chiaro a un destinatario scontato, la Russia di Vladimir Putin. Per la prima volta, l’alleanza ha invitato a presenziare alle manovre anche i rappresentanti del complesso militare-industriale, ovverosia alcuni tra i principali indiziati per il ruolo di maggiori fomentatori dell’escalation vissuta dall’imperialismo made in USA negli ultimi vent’anni; coinvolgere direttamente il produttore di armamenti nella strategia bellica rischierebbe di produrre conseguenze imponderabili. Dare voce diretta a chi dalla guerra e dalla tensione internazionale trae dichiaratamente vantaggi economici di eccezionale portata, ovverosia ai rappresentanti di quello che viene chiamato con ipocrisia “settore industriale della Difesa”, significa legalizzare il lobbysmo esercitato da grandi multinazionali degli armamenti, significa aprire la strada a incrementi sostanziali nelle spese belliche, già scandalosamente elevate negli anni della crisi economica, soprattutto in un’Europa che, pur dissanguata dall’austerità, non ha mai rinunciato a giocare alla guerra.
Trident Juncture 2015 impiega sul campo la rinnovata NATO Response Force (NRF), dislocata recentemente a est ufficialmente per fungere da forza di pronto intervento in caso di deterioramento della situazione in Ucraina, nei fatti la prima unità che si troverebbe impegnata sul campo in caso di contatto bellico tra forze NATO e forze russe; l’Ucraina stessa e altri paesi dell’arcipelago di alleanze USA, come l’Australia, hanno infatti partecipato da spettatori interessati alle manovre, che hanno tradito con facilità il loro scopo malcelato. Numerose le basi NATO in coinvolte in TJ15: per l’Italia, le manovre principali hanno visto nuovamente interessata la Sardegna, vero e proprio poligono dell’Impero, con Teulada e Decimomannu teatro di scenari di simulazione bellica, con vaste aree prescelte allo sgancio di bombe aeronautiche. Si sono vissuti momenti di alta tensione a Teulada, negli ultimi giorni, in seguito al divampare di forti proteste da parte dei cittadini del luogo, che sono arrivati a fare irruzione nella base mentre erano in corso di svolgimento le manovre. Portavoce del movimento “Sardegna Libera” hanno preso nettamente posizione contro TJ15: “Oltre ai danni inestimabili per l’ambiente, la salute e per le nostre economie, le esercitazioni con armamentari di guerra, pongono la Sardegna in prima fila nei conflitti in corso nel Mediterraneo e in Medioriente. Le prove di guerra possono avere imprevedibili ricadute in termini di sicurezza per le nostre popolazioni.” Prove di guerra, giochi di guerra: definizioni quasi ludiche che non rendono fino in fondo la reale portata di quanto è avvenuto nell’ultimo mese. Esercitazioni paragonabili a Trident Juncture sono state condotte dagli eserciti NATO solo in tempi che potremmo definire quantomeno remoti, ovverosia in periodi di pericolosa tensione tra i due blocchi durante la fase più acuta della Guerra Fredda. Il Tridente, dunque, indica la strada che percorreranno le nazioni NATO nel prossimo futuro. Una strada che, nonostante tutte le professioni di buona fede e dialogo, potrebbe terminare in un precipizio, e il cui imbocco vede complici gli strumenti di grande informazione a livello continentale, incapaci di denunciare scelte scriteriate come quella di condurre questa esercitazione antistorica e lesti a genuflettersi ai comandi che arrivano da oltre Atlantico.
TJ15 rientra in un disegno più ampio; potremmo considerarla la controparte militare del TTIP: lo strumento attraverso cui l’Impero USA tenta di rinsaldare i vincoli con le nazioni europee, per mezzo del quale Washington spera di poter apparire ancora indispensabile ai loro occhi. L’Impero sta lentamente decadendo, eppure rimane capace di azioni energiche: tali azioni sono però nella maggior parte dei casi inconsulte, foriere di conseguenze nefaste. TJ15 ci ricorda la pericolosità che ha attualmente per tutti i paesi europei un’alleanza come la NATO: l’incapacità dei governi negli ultimi 25 anni di rinegoziare su un piano di parità un sodalizio con il coinquilino d’oltreoceano ha reso la maggior parte delle loro politiche estere vuote e inconsistenti, mera espressione del maggiore volere americano. Lungi dal garantire stabilità, essa si presenta come strumento di provocazione e, invece di mettere al sicuro la pace per il nostro continente, si dimostra la prima incognita riguardo il mantenimento della pace al suo interno.

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