Il suo petulante ottimismo è solo una sceneggiata per i media di corte.
Il suo presunto carisma è un prodotto sintetico di quegli stessi media.
Il suo pseudo consenso maggioritario in un anno s’è già praticamente dimezzato.
E come queste regionali hanno dimostrato, il suo personale potere effettivo non gli basta nemmeno a controllare il suo stesso partito. Un PD più dilaniato che mai dalla guerra fra bande, con arroganti capibastone che spadroneggiano alla faccia dell’immagine che Renzi vorrebbe spacciare, e cadaveri eccellenti pronti a cogliere l’occasione giusta per vendicarsi dell’usurpatore fiorentino.
Grazie a Cofferati, ne ha trovato il modo persino lo sparuto ex sodale Pippo Civati: dopo un anno di travagliati monologhi con in mano il teschio di Letta, il Principe Triste s’è deciso a lasciare il partito e riciclarsi come Principe del Popolo, sostenendo un candidato ligure inventato apposta per fottere – meritatamente – il PD. Un fuoco amico che Renzi non ha saputo fronteggiare, se non con inutili appelli al voto utile anti-berlusconiano, che da parte sua suonano particolarmente grotteschi, visto che Berlusconi è stato un suo grande elettore almeno quanto Marchionne.
E i califfati di Puglia e Campania, con Emiliano e soprattutto De Luca, minacciano d’essere per Renzi una zeppa nel culo persino peggiore della bruciante sconfitta ligure.
Anche a prescindere dall’assegnazione delle singole poltrone, queste regionali sanciscono comunque il tramonto di quell’apparente consenso plebiscitario manifestatosi alle elezioni europee, che non potrà più essere sbandierato dal premier come simulacro di legittimazione popolare per ogni sua porcata.
Come un reggente fantoccio insediato da un esercito occupante, Renzi non ha il controllo del territorio. Tutto il potere che ostenta deriva dalle lobby che lo sostengono al governo nazionale, e che alle amministrazioni locali sono in definitiva meno interessate.
Quello che a loro importa è controllare la politica economica nazionale, in modo che l’Italia continui a togliere ai lavoratori per dare agli speculatori, e che ogni ostacolo residuo sul percorso di questo denarodotto venga spazzato via.
Infatti l’attuale bersaglio privilegiato del premier, dopo l’istruzione pubblica, sono il diritto di sciopero e i sindacati, soprattutto quelli di base, che progetta di abolire.
Con tutta la sua vanagloria Renzi non è affatto un sovrano.
Per citare Apocalypse Now, è soltanto un garzone mandato dal droghiere a incassare i sospesi.
Politicamente parlando, Renzi è un killer.
E il suo obiettivo siamo noi.
La sua caduta però è già cominciata.
Il suo presunto carisma è un prodotto sintetico di quegli stessi media.
Il suo pseudo consenso maggioritario in un anno s’è già praticamente dimezzato.
E come queste regionali hanno dimostrato, il suo personale potere effettivo non gli basta nemmeno a controllare il suo stesso partito. Un PD più dilaniato che mai dalla guerra fra bande, con arroganti capibastone che spadroneggiano alla faccia dell’immagine che Renzi vorrebbe spacciare, e cadaveri eccellenti pronti a cogliere l’occasione giusta per vendicarsi dell’usurpatore fiorentino.
Grazie a Cofferati, ne ha trovato il modo persino lo sparuto ex sodale Pippo Civati: dopo un anno di travagliati monologhi con in mano il teschio di Letta, il Principe Triste s’è deciso a lasciare il partito e riciclarsi come Principe del Popolo, sostenendo un candidato ligure inventato apposta per fottere – meritatamente – il PD. Un fuoco amico che Renzi non ha saputo fronteggiare, se non con inutili appelli al voto utile anti-berlusconiano, che da parte sua suonano particolarmente grotteschi, visto che Berlusconi è stato un suo grande elettore almeno quanto Marchionne.
E i califfati di Puglia e Campania, con Emiliano e soprattutto De Luca, minacciano d’essere per Renzi una zeppa nel culo persino peggiore della bruciante sconfitta ligure.
Anche a prescindere dall’assegnazione delle singole poltrone, queste regionali sanciscono comunque il tramonto di quell’apparente consenso plebiscitario manifestatosi alle elezioni europee, che non potrà più essere sbandierato dal premier come simulacro di legittimazione popolare per ogni sua porcata.
Come un reggente fantoccio insediato da un esercito occupante, Renzi non ha il controllo del territorio. Tutto il potere che ostenta deriva dalle lobby che lo sostengono al governo nazionale, e che alle amministrazioni locali sono in definitiva meno interessate.
Quello che a loro importa è controllare la politica economica nazionale, in modo che l’Italia continui a togliere ai lavoratori per dare agli speculatori, e che ogni ostacolo residuo sul percorso di questo denarodotto venga spazzato via.
Infatti l’attuale bersaglio privilegiato del premier, dopo l’istruzione pubblica, sono il diritto di sciopero e i sindacati, soprattutto quelli di base, che progetta di abolire.
Con tutta la sua vanagloria Renzi non è affatto un sovrano.
Per citare Apocalypse Now, è soltanto un garzone mandato dal droghiere a incassare i sospesi.
Politicamente parlando, Renzi è un killer.
E il suo obiettivo siamo noi.
La sua caduta però è già cominciata.
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