In attesa della tanto agognata ripresa economica, c’è un’altra
ripresa che nessuno auspica ma che nel 2015 sembra invece concretizzarsi
con evidenza: quella delle morti sul lavoro. Nei primi quattro mesi
dell'anno, secondo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega
Engineering su base dati Inail, le vittime sono state 305 contro le 269
dello stesso periodo del 2014, con un incremento di oltre il 13%.
Incremento che resta, anzi si allarga ulteriormente, non tenendo conto
degli infortuni mortali cosiddetti “in itinere” (avvenuti nel tragitto
casa-lavoro o lavoro-casa): così si passa dai 196 morti del primo
quadrimestre 2014 ai 223 del 2015 (13,8%).
In termini assoluti è la Lombardia con 37 casi (esclusi gli infortuni in itinere) la regione che registra il maggior numero di vittime, seguita da Veneto (24), Toscana (19) e Campania (19). Ma in rapporto al numero di occupati è invece l’Umbria a guidare la triste classifica delle morti sul lavoro con 8 vittime in 4 mesi e un tasso di 22,3 vittime ogni milione di occupati. Seguono Basilicata (22,2), Abruzzo (16,3) e Sicilia (12,9). La media nazionale è di 9,9 morti sul lavoro ogni milione di occupati.
Per quanto riguarda invece le province , in termini assoluti è Roma a registrare il numero di vittime più elevato (12), seguita da Milano (11) e poi, sorprendentemente, Treviso (8) e Bari (7). In termini relativi, è invece la provincia di Benevento ad avere il tasso di mortalità più elevato (67,8), seguita da Matera (47,8) ed Enna (47).
I settori economici più colpiti dal fenomeno risultano essere “Trasporto e magazzinaggio”, con l’11,2% delle vittime, il settore manifatturiero, con il 10,8% e le Costruzioni con il 10,3%.
Nettissima la prevalenza del genere maschile : la vittima è un uomo nel 94,2% dei casi, mentre è significativa la percentuale di stranieri che perdono la vita sul lavoro: nei primi 4 mesi del 2015 sono stati 33, pari al 14,8% del totale. Un terzo di queste vittime straniere ha perso la vita nelle regioni del Centro Italia. Quella rumena è di gran lunga la nazionalità più colpita.
Molto interessante il dato sull’età delle vittime : se infatti in termini assoluti la fascia più colpita è quella tra i 45 e i 54 anni (80 vittime, pari al 40% del totale), in termini relativi (vittime per milione di occupati) balza all’occhio il dato riferito agli over 65, per i quali il dato sfiora i 60 punti, contro, ad esempio, i 4,7 punti della fascia d’età 35-44. Un dato che testimonia evidentemente quanto il rischio di infortuni gravi o peggio mortali cresca a dismisura con l’innalzamento dell’età anagrafica dei lavoratori, conseguenza a sua volte delle riforme pensionistiche varate.
Altro dato su cui riflettere è quello relativo alla distribuzione degli infortuni mortali nell’arco della settimana lavorativa . Si nota infatti che con il trascorrere dei giorni la percentuale di infortuni mortali tende ad aumentare, per poi ridiscendere naturalmente il sabato e soprattutto la domenica (anche se il weekend non è ormai esente dal fenomeno). In particolare, è il venerdì il giorno di picco, con il 20,6% degli infortuni mortali. Segno evidente che lo stress e la fatica accumulati nell’arco della settimana accrescono i rischi di incidenti con gravissime conseguenze per i lavoratori.
In termini assoluti è la Lombardia con 37 casi (esclusi gli infortuni in itinere) la regione che registra il maggior numero di vittime, seguita da Veneto (24), Toscana (19) e Campania (19). Ma in rapporto al numero di occupati è invece l’Umbria a guidare la triste classifica delle morti sul lavoro con 8 vittime in 4 mesi e un tasso di 22,3 vittime ogni milione di occupati. Seguono Basilicata (22,2), Abruzzo (16,3) e Sicilia (12,9). La media nazionale è di 9,9 morti sul lavoro ogni milione di occupati.
Per quanto riguarda invece le province , in termini assoluti è Roma a registrare il numero di vittime più elevato (12), seguita da Milano (11) e poi, sorprendentemente, Treviso (8) e Bari (7). In termini relativi, è invece la provincia di Benevento ad avere il tasso di mortalità più elevato (67,8), seguita da Matera (47,8) ed Enna (47).
I settori economici più colpiti dal fenomeno risultano essere “Trasporto e magazzinaggio”, con l’11,2% delle vittime, il settore manifatturiero, con il 10,8% e le Costruzioni con il 10,3%.
Nettissima la prevalenza del genere maschile : la vittima è un uomo nel 94,2% dei casi, mentre è significativa la percentuale di stranieri che perdono la vita sul lavoro: nei primi 4 mesi del 2015 sono stati 33, pari al 14,8% del totale. Un terzo di queste vittime straniere ha perso la vita nelle regioni del Centro Italia. Quella rumena è di gran lunga la nazionalità più colpita.
Molto interessante il dato sull’età delle vittime : se infatti in termini assoluti la fascia più colpita è quella tra i 45 e i 54 anni (80 vittime, pari al 40% del totale), in termini relativi (vittime per milione di occupati) balza all’occhio il dato riferito agli over 65, per i quali il dato sfiora i 60 punti, contro, ad esempio, i 4,7 punti della fascia d’età 35-44. Un dato che testimonia evidentemente quanto il rischio di infortuni gravi o peggio mortali cresca a dismisura con l’innalzamento dell’età anagrafica dei lavoratori, conseguenza a sua volte delle riforme pensionistiche varate.
Altro dato su cui riflettere è quello relativo alla distribuzione degli infortuni mortali nell’arco della settimana lavorativa . Si nota infatti che con il trascorrere dei giorni la percentuale di infortuni mortali tende ad aumentare, per poi ridiscendere naturalmente il sabato e soprattutto la domenica (anche se il weekend non è ormai esente dal fenomeno). In particolare, è il venerdì il giorno di picco, con il 20,6% degli infortuni mortali. Segno evidente che lo stress e la fatica accumulati nell’arco della settimana accrescono i rischi di incidenti con gravissime conseguenze per i lavoratori.
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