Certe volte serve un ministro apposito per confermare quello che era
- più che un sospetto - una certezza: il reatodi tirtura approvato dal
Parlamento e voluto dal governo non serve a nulla. In ogni caso non per
fermare le pratiche, diciamo così, "disinvolte" della polizia (tutte le
molte polizie, non solo quella che porta questo nome).
Il ministro è ovviamente Angelino Alfano, leader temporaneo di una formazione che scomparirà dalla scena per le prossime elezioni, manel frattempo ministro di polizia. Pardon, dell'interno.
"Abbiamo fatto una battaglia perché ci fosse un reato proprio e specifico contro la tortura. Ma non deve essere concepito come un reato contro le forze di polizia". Parlava - è l'unica giustificazione accampabile - davanti a poliziotti riuniti e organizzati, ancorché in sindacato (Siulp e Fns-Cisl). L'argomentazione usata, però, non è affatto imputabile alla particolare occasione. Al contrario, è un vero programma di governo per la gestione dell'"ordine pubblico".
"Il caso Diaz è un capitolo chiuso - edire che la Corte di Strasburg ha appena condannato lo Stato italiano per quelle pratiche, l'assenza di un reato specifico e la fulminante carriere dei poliziotti di ogni grado coinvolti in quella vicenda - la polizia è sana, è un corpo democratico che abbiamo difeso e difenderemo sempre. Non è giusto rievocare spettri del passato ogni volta che accade qualcosa che non va".
Un normale cittadino europeo chiederebbe: la polizia è stata risanata come? più in specifico: gli agenti e i dirigenti condannati in via definitiva (definitiva, dopo il terzo grado di giudizio) sono stati licenziati o no? Se non lo sono stati (nessuno, nemmeno uno; anzi, sono stati tutti promossi più volte), in base a quale principio tutti gli altri componenti delle varie polizie dovebbero aver compreso che quelle torture di Genova sono una vergogna per un paese occidentale e soprattutto per i corpi militar-civili che le hanno praticate?
E' un principio elementare del pensiero giuridico, infatti: senza sanzione, non c'è vero ostacolo alla recidiva di pratiche ufficialmente condannate.
In secondo luogo: se non è un reato da polizia la tortura, chi mai altro potrebbe commetterlo? Nella casistica criminologica si danno pochissimi casi di tortura messa in atto da "privati". Il motivo è abbastanza semplice da capire: un essere umano può essere torturato sono se si trova sotto il "dominio pieno e incontrollato" dei suoi aguzzini. Il dolore fa urlare, in modo anche disumano. E per piegare la resistenza della vittima può esser necessario molto tempo; ore o più probabilmente giorni. Non è semplice costruire la "situazioni logistica" in cui un torturatore "privato" possa agire con la sicurezza di non esser colto sul fatto.
Al contrario, le caserme di ogni genere sono luoghi da sempre "privilegiati", perché non solo garantiscono luoghi distanti dal mondo civile, peraltro protetti da un corpo militare e armato; ma fanno conto anche sull'omertà, o spirito di corpo, "non metto nei guai un collega", ecc.
Insomma: nel 99,99% dei casi registrati, la tortura è un tipico reato da polizia (ripetiamo: anche da carabinieri, finanzieri, secondini, servizi segreti, ecc).
Alfano lo sa benissimo, naturalmente. Ma intende far capire esplicitamente a tutte le cosiddette "forze dell'ordine" che gli apparati dello Stato sotto il controllo di gente come lui continueranno a coprirli da ogni eventuale inchiesta giudiziaria. A garantire che quel testo, che definire manchevole è eufemistico, resterà sempre lettera morta.
Una difesa dell'"eccezionalità" della condizione poliziesca che resta in vigore anche su altri versanti. Non valgono per loro le riforme pensionistiche, né il blocco degli stipendi di cui soffre tutto il pubblico impiego dal oltre sei anni. E nemmeno i capitoli di spesa ordinari: Alfano ha rivendicato che in una congiuntura di tagli e di spending review "noi non solo non abbiamo il segno meno nel nostro comparto ma nel 2015 abbiamo fatto interventi che superano abbondantemente i cento milioni di euro".
Del resto, se non li pagate bene, perché mai dovrebbero difendervi?
Il ministro è ovviamente Angelino Alfano, leader temporaneo di una formazione che scomparirà dalla scena per le prossime elezioni, manel frattempo ministro di polizia. Pardon, dell'interno.
"Abbiamo fatto una battaglia perché ci fosse un reato proprio e specifico contro la tortura. Ma non deve essere concepito come un reato contro le forze di polizia". Parlava - è l'unica giustificazione accampabile - davanti a poliziotti riuniti e organizzati, ancorché in sindacato (Siulp e Fns-Cisl). L'argomentazione usata, però, non è affatto imputabile alla particolare occasione. Al contrario, è un vero programma di governo per la gestione dell'"ordine pubblico".
"Il caso Diaz è un capitolo chiuso - edire che la Corte di Strasburg ha appena condannato lo Stato italiano per quelle pratiche, l'assenza di un reato specifico e la fulminante carriere dei poliziotti di ogni grado coinvolti in quella vicenda - la polizia è sana, è un corpo democratico che abbiamo difeso e difenderemo sempre. Non è giusto rievocare spettri del passato ogni volta che accade qualcosa che non va".
Un normale cittadino europeo chiederebbe: la polizia è stata risanata come? più in specifico: gli agenti e i dirigenti condannati in via definitiva (definitiva, dopo il terzo grado di giudizio) sono stati licenziati o no? Se non lo sono stati (nessuno, nemmeno uno; anzi, sono stati tutti promossi più volte), in base a quale principio tutti gli altri componenti delle varie polizie dovebbero aver compreso che quelle torture di Genova sono una vergogna per un paese occidentale e soprattutto per i corpi militar-civili che le hanno praticate?
E' un principio elementare del pensiero giuridico, infatti: senza sanzione, non c'è vero ostacolo alla recidiva di pratiche ufficialmente condannate.
In secondo luogo: se non è un reato da polizia la tortura, chi mai altro potrebbe commetterlo? Nella casistica criminologica si danno pochissimi casi di tortura messa in atto da "privati". Il motivo è abbastanza semplice da capire: un essere umano può essere torturato sono se si trova sotto il "dominio pieno e incontrollato" dei suoi aguzzini. Il dolore fa urlare, in modo anche disumano. E per piegare la resistenza della vittima può esser necessario molto tempo; ore o più probabilmente giorni. Non è semplice costruire la "situazioni logistica" in cui un torturatore "privato" possa agire con la sicurezza di non esser colto sul fatto.
Al contrario, le caserme di ogni genere sono luoghi da sempre "privilegiati", perché non solo garantiscono luoghi distanti dal mondo civile, peraltro protetti da un corpo militare e armato; ma fanno conto anche sull'omertà, o spirito di corpo, "non metto nei guai un collega", ecc.
Insomma: nel 99,99% dei casi registrati, la tortura è un tipico reato da polizia (ripetiamo: anche da carabinieri, finanzieri, secondini, servizi segreti, ecc).
Alfano lo sa benissimo, naturalmente. Ma intende far capire esplicitamente a tutte le cosiddette "forze dell'ordine" che gli apparati dello Stato sotto il controllo di gente come lui continueranno a coprirli da ogni eventuale inchiesta giudiziaria. A garantire che quel testo, che definire manchevole è eufemistico, resterà sempre lettera morta.
Una difesa dell'"eccezionalità" della condizione poliziesca che resta in vigore anche su altri versanti. Non valgono per loro le riforme pensionistiche, né il blocco degli stipendi di cui soffre tutto il pubblico impiego dal oltre sei anni. E nemmeno i capitoli di spesa ordinari: Alfano ha rivendicato che in una congiuntura di tagli e di spending review "noi non solo non abbiamo il segno meno nel nostro comparto ma nel 2015 abbiamo fatto interventi che superano abbondantemente i cento milioni di euro".
Del resto, se non li pagate bene, perché mai dovrebbero difendervi?
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