I Cinque Stelle e la Lega vogliono mantenere le loro
promesse elettorali rimanendo all’interno delle regole fiscali della UE,
per ora.
La coalizione di governo in Italia tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega si sta definendo. Fino a non molto tempo fa, entrambi i partiti erano profondamente euroscettici, se non antieuropei. Tra i due, la Lega è il più estremista. C’è da preoccuparsi?
La risposta è sì, ma non per le ragioni avanzate solitamente. I nuovi leader italiani hanno studiato con attenzione lo scontro tra la Grecia e il resto dell’eurozona avvenuto tre anni fa. Non inizieranno il loro mandato infrangendo le regole fiscali dell’UE. Non minacceranno di uscire dall’euro. Ma dovremmo considerare questo atteggiamento come una ritirata tattica. Nessuno dei problemi dell’Italia nell’eurozona è stato risolto. Non ci saranno né grandi riforme strutturali né riforme sostanziali nella governance dell’eurozona.
I due partiti hanno condotto una campagna per l’attuazione di cambiamenti radicali delle politiche economiche e sociali italiane e in materia di immigrazione. La Lega vuole una flat tax sul reddito. I 5 Stelle hanno fatto una campagna per un reddito di cittadinanza universale. Entrambi i partiti vogliono cancellare la riforma delle pensioni del 2011. La Lega vuole uno studio di fattibilità per un “mini-BOT”, uno strumento di debito garantito dalle entrate fiscali future che dovrebbe essere accettabile come mezzo di pagamento – in altre parole, una valuta parallela. La si può vedere come un modo per uscire dalla zona euro senza uscire dalla zona euro.
Queste promesse, se attuate in toto, non sono coerenti con lo spirito o le regole dell’UE. Secondo le ultime previsioni della Commissione europea, sotto l’amministrazione corrente il disavanzo corretto per il ciclo economico dell’Italia sarebbe già in aumento, dall’1,7% dello scorso anno al 2% nel 2019. Il nuovo governo subirà le stesse pressioni del precedente per tagliare il deficit. E Luigi Di Maio, il leader dei Cinque Stelle, ha dichiarato che rimarrà all’interno delle regole fiscali dell’UE.
Ci sono due modi per il nuovo governo di raggiungere gli obiettivi. Il primo è di annacquare le promesse elettorali, il secondo di implementarle in seguito. Il primo rischierebbe una rottura con gli elettori, il secondo una battaglia con l’UE. La coalizione dovrebbe fare entrambe le cose.
Ho sentito voci sulla trasformazione dell’impegno sul reddito di cittadinanza in una politica attiva del mercato del lavoro. Questa, in linea di principio, è una buona idea, perché l’Italia non ha le infrastrutture politiche del mercato del lavoro che ci sono negli altri paesi della UE. Ma potrebbe non funzionare politicamente. Non si può promettere agli elettori un assegno di assistenza sociale e poi offrire al suo posto una formazione professionale.
È possibile annacquare una flat tax e introdurre invece due o tre aliquote fiscali – una tassa ondulata invece che piatta. L’elettorato potrebbe passarci sopra se l’economia si riprende. Ma non vedo come questo possa accadere in un contesto in cui la crescita dell’eurozona si sta indebolendo e la politica fiscale si sta irrigidendo. Se non riuscissero a consegnare le loro promesse agli elettori, i Cinque Stelle e la Lega si autodistruggerebbero. L’evoluzione politica più probabile di questa amministrazione sarebbe, quindi, un periodo di riluttanza ad applicare le norme dell’UE, seguito da tre conflitti.
Il primo riguarderà la politica fiscale. Matteo Salvini, leader della Lega, ha dichiarato nel corso del fine settimana che l’Italia “soffocherà” se non ci sarà un cambiamento nelle regole fiscali. L’Italia chiederà un cambiamento nei trattati europei. Sono certo che l’UE respingerebbe la richiesta. Dovremmo forse smettere di essere ossessionati dal dubbio se Emmanuel Macron e Angela Merkel riusciranno a mettersi d’accordo sulle riforme della zona euro: probabilmente lo faranno. Ma dubito che possano cooptare il nuovo primo ministro italiano dentro un accordo se rifiutano la richiesta dell’Italia di allentare le regole fiscali.
Il secondo è il cosiddetto mini-BOT. Il Movimento Cinque Stelle è particolarmente cauto in proposito, ma la Lega lo considera un modo utile per eludere le regole fiscali. In Grecia l’idea è fallita per mancanza di preparazione. Ma se fosse tecnicamente fattibile, la provocazione politica in questo caso sarebbe travolgente. Finché l’Italia si asterrà dal definirla una moneta parallela, non vedo cosa potrebbe fare l’UE per bloccarla.
E infine, la nuova amministrazione sarebbe ostile all’immigrazione. La Lega vuole espellere immediatamente gli immigrati clandestini e chiudere i campi rom. Quel poco che è rimasto dell’idea di una politica comune europea in materia di immigrazione non sarà coerente con la politica italiana.
La notizia che Silvio Berlusconi è ora autorizzato a candidarsi per una carica elettiva ha suscitato un certo entusiasmo, ma non avrà grande importanza per il futuro della politica italiana. Anche se Berlusconi rientra in parlamento, il suo tempo è ormai passato. La nuova maggioranza Cinque Stelle-Lega determinerà la politica italiana, probabilmente per l’intera legislatura.
Sarebbe ingenuo pensare che l’elezione di due partiti anti-establishment nella terza economia della zona euro sia irrilevante. Dopotutto, l’Italia non è la Grecia. E la Lega e i Cinque Stelle costituiscono una sfida molto più grande per il consenso della UE rispetto a Syriza.
La coalizione di governo in Italia tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega si sta definendo. Fino a non molto tempo fa, entrambi i partiti erano profondamente euroscettici, se non antieuropei. Tra i due, la Lega è il più estremista. C’è da preoccuparsi?
La risposta è sì, ma non per le ragioni avanzate solitamente. I nuovi leader italiani hanno studiato con attenzione lo scontro tra la Grecia e il resto dell’eurozona avvenuto tre anni fa. Non inizieranno il loro mandato infrangendo le regole fiscali dell’UE. Non minacceranno di uscire dall’euro. Ma dovremmo considerare questo atteggiamento come una ritirata tattica. Nessuno dei problemi dell’Italia nell’eurozona è stato risolto. Non ci saranno né grandi riforme strutturali né riforme sostanziali nella governance dell’eurozona.
I due partiti hanno condotto una campagna per l’attuazione di cambiamenti radicali delle politiche economiche e sociali italiane e in materia di immigrazione. La Lega vuole una flat tax sul reddito. I 5 Stelle hanno fatto una campagna per un reddito di cittadinanza universale. Entrambi i partiti vogliono cancellare la riforma delle pensioni del 2011. La Lega vuole uno studio di fattibilità per un “mini-BOT”, uno strumento di debito garantito dalle entrate fiscali future che dovrebbe essere accettabile come mezzo di pagamento – in altre parole, una valuta parallela. La si può vedere come un modo per uscire dalla zona euro senza uscire dalla zona euro.
Queste promesse, se attuate in toto, non sono coerenti con lo spirito o le regole dell’UE. Secondo le ultime previsioni della Commissione europea, sotto l’amministrazione corrente il disavanzo corretto per il ciclo economico dell’Italia sarebbe già in aumento, dall’1,7% dello scorso anno al 2% nel 2019. Il nuovo governo subirà le stesse pressioni del precedente per tagliare il deficit. E Luigi Di Maio, il leader dei Cinque Stelle, ha dichiarato che rimarrà all’interno delle regole fiscali dell’UE.
Ci sono due modi per il nuovo governo di raggiungere gli obiettivi. Il primo è di annacquare le promesse elettorali, il secondo di implementarle in seguito. Il primo rischierebbe una rottura con gli elettori, il secondo una battaglia con l’UE. La coalizione dovrebbe fare entrambe le cose.
Ho sentito voci sulla trasformazione dell’impegno sul reddito di cittadinanza in una politica attiva del mercato del lavoro. Questa, in linea di principio, è una buona idea, perché l’Italia non ha le infrastrutture politiche del mercato del lavoro che ci sono negli altri paesi della UE. Ma potrebbe non funzionare politicamente. Non si può promettere agli elettori un assegno di assistenza sociale e poi offrire al suo posto una formazione professionale.
È possibile annacquare una flat tax e introdurre invece due o tre aliquote fiscali – una tassa ondulata invece che piatta. L’elettorato potrebbe passarci sopra se l’economia si riprende. Ma non vedo come questo possa accadere in un contesto in cui la crescita dell’eurozona si sta indebolendo e la politica fiscale si sta irrigidendo. Se non riuscissero a consegnare le loro promesse agli elettori, i Cinque Stelle e la Lega si autodistruggerebbero. L’evoluzione politica più probabile di questa amministrazione sarebbe, quindi, un periodo di riluttanza ad applicare le norme dell’UE, seguito da tre conflitti.
Il primo riguarderà la politica fiscale. Matteo Salvini, leader della Lega, ha dichiarato nel corso del fine settimana che l’Italia “soffocherà” se non ci sarà un cambiamento nelle regole fiscali. L’Italia chiederà un cambiamento nei trattati europei. Sono certo che l’UE respingerebbe la richiesta. Dovremmo forse smettere di essere ossessionati dal dubbio se Emmanuel Macron e Angela Merkel riusciranno a mettersi d’accordo sulle riforme della zona euro: probabilmente lo faranno. Ma dubito che possano cooptare il nuovo primo ministro italiano dentro un accordo se rifiutano la richiesta dell’Italia di allentare le regole fiscali.
Il secondo è il cosiddetto mini-BOT. Il Movimento Cinque Stelle è particolarmente cauto in proposito, ma la Lega lo considera un modo utile per eludere le regole fiscali. In Grecia l’idea è fallita per mancanza di preparazione. Ma se fosse tecnicamente fattibile, la provocazione politica in questo caso sarebbe travolgente. Finché l’Italia si asterrà dal definirla una moneta parallela, non vedo cosa potrebbe fare l’UE per bloccarla.
E infine, la nuova amministrazione sarebbe ostile all’immigrazione. La Lega vuole espellere immediatamente gli immigrati clandestini e chiudere i campi rom. Quel poco che è rimasto dell’idea di una politica comune europea in materia di immigrazione non sarà coerente con la politica italiana.
La notizia che Silvio Berlusconi è ora autorizzato a candidarsi per una carica elettiva ha suscitato un certo entusiasmo, ma non avrà grande importanza per il futuro della politica italiana. Anche se Berlusconi rientra in parlamento, il suo tempo è ormai passato. La nuova maggioranza Cinque Stelle-Lega determinerà la politica italiana, probabilmente per l’intera legislatura.
Sarebbe ingenuo pensare che l’elezione di due partiti anti-establishment nella terza economia della zona euro sia irrilevante. Dopotutto, l’Italia non è la Grecia. E la Lega e i Cinque Stelle costituiscono una sfida molto più grande per il consenso della UE rispetto a Syriza.
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