All’indomani del risultato a sorpresa del referendum in Gran
Bretagna, con cui nel giugno 2016 il Paese scelse di lasciare l’Unione
Europea, le élite politiche e la stampa ufficiale si abbandonarono a una
sorta di frenesia collettiva.
La loro deprimente lettura della situazione fu riassunta bene dal primo ministro olandese Mark Rutte, che insistette sul fatto che il Regno Unito sarebbe “collassato politicamente, monetariamente, costituzionalmente ed economicamente“.
Il voto provocò un brusco calo a breve termine dei mercati azionari globali e un immediato deprezzamento della sterlina.
Ed era comprensibile. Dopo tutto, la quinta maggiore economia mondiale aveva deciso di lasciare il blocco di 28 nazioni che formano l’Unione europea.
Ed essere membri dell’UE comporta molti vantaggi. L’UE è un mercato unico per lo scambio di beni e servizi, che comprende oltre 500 milioni di persone. Riduce le tariffe e altre barriere, stimolando la concorrenza e l’efficienza.
Ma aderire all’UE comporta anche una significativa rinuncia all’autonomia di ogni nazione. E questo aspetto non è mai stato granché apprezzato dagli inglesi.
Bruxelles estende i suoi tentacoli praticamente su ogni aspetto della vita dei Paesi membri, comprese le regole sull’immigrazione. Le sue pesanti regolamentazioni hanno interessato quasi il 70% delle attività del governo britannico.
Come commentava l’editorialista politico George Will all’epoca, “L’UE ha una bandiera che nessuno saluta, un inno che nessuno canta, un presidente di cui nessuno sa il nome e una burocrazia ingessata che nessuno apprezza”.
I grandi esperti però stabilirono che il voto “leave” avrebbe provocato un disastro.
Noi l’abbiamo pensata esattamente al contrario, definendolo “l’evento più significativo nella storia del dopoguerra della Gran Bretagna” e sottolineando una serie di eccellenti opportunità di investimento.
Diageo (NYSE: DEO), Rio Tinto (NYSE: RIO) e HSBC Holdings (NYSE: HSBC) sono solo tre delle raccomandazioni sul mercato inglese che ci hanno proficuamente ripagato negli ultimi due anni.
Ma come sono andate le cose, più in generale?
Fraser Nelson, giornalista della rivista inglese The Spectator ed editorialista del Daily Telegraph, lo ha sintetizzato bene in un recente editoriale sul The Wall Street Journal:
– Nel periodo precedente al referendum del 2016, il Fondo monetario internazionale aveva previsto che un voto favorevole alla Brexit avrebbe comportato un crollo dei prezzi delle azioni e degli immobili e una flessione degli investimenti esteri. (E invece tutti e tre hanno raggiunto livelli record. Solo negli ultimi 18 mesi, l’ iShares MSCI Regno Unito ETF (NYSE: EWU) ha guadagnato oltre il 20% in dollari).
– Barclays, Credit Suisse e Nomura avevano previsto che l’economia britannica nel 2017 si sarebbe contratta. (Si è espansa).
– L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico aveva avvertito che consumatori, spaventati, avrebbero ridotto le loro spese. (Hanno speso di più).
– Il Tesoro britannico aveva dichiarato che l’economia sarebbe “caduta in recessione, con quattro trimestri di crescita negativa”, mentre “la disoccupazione sarebbe aumentata fino a circa 500.000 unità, con tutte le regioni che avrebbero registrato un aumento del numero di persone senza lavoro”. (Invece, la crescita economica ha accelerato, l’occupazione è aumentata di 560.000 unità e attualmente la disoccupazione si è attestata al suo minimo da 43 anni.)
– Nel frattempo, il numero di cittadini britannici che hanno un lavoro ha toccato il livello record. I nuovi ordini per i produttori sono al loro massimo livello nell’intera generazione.
– La disuguaglianza di reddito si avvicina al livello minimo degli ultimi 30 anni, secondo l’Office for National Statistics.
– I salari sono cresciuti. L’inflazione ha appena toccato il suo minimo annuale. E l’indice di felicità nazionale è al culmine.
Questo sorprende un tremendo numero di soloni, non ultimo l’ editorialista del New York Times Paul Krugman, un uomo non esattamente famoso per il suo understatement.
La settimana dopo il voto sulla Brexit, strigliò “i davvero pessimi giornalisti dei tabloid britannici, che hanno dato in pasto al pubblico una continua sfilza di bugie”, nonché David Cameron, colui che “sarebbe passato alla storia come l’uomo che ha rischiato di distruggere l’Europa e la sua stessa nazione per un vantaggio politico momentaneo.”
Krugman ha un fantastico curriculum di errori, in effetti. (Dopotutto è lo stesso personaggio che nel 1998 notoriamente dichiarò che Internet “non avrebbe avuto un maggior impatto sull’economia di quello avuto dal fax“).
Ma come mai così tanti altri espertoni hanno sbagliato così tanto?
Perché non fanno che crogiolarsi a vicenda nei pregiudizi e nelle opinioni negative gli uni degli altri, per poi produrre pronostici – sulla spesa dei consumatori, sugli investimenti e sulla produttività – che risultano essere delle assurdità.
La sintesi finale, quasi due anni dopo il voto sulla Brexit? L’economia del Regno Unito sta andando bene. Londra rimane uno dei grandi centri finanziari del mondo (alcuni direbbero il grande centro finanziario). E il valore delle azioni britanniche vola sempre più in alto.
Ringraziate il vostro pessimista locale. Ci rendono tutto più facile.
La loro deprimente lettura della situazione fu riassunta bene dal primo ministro olandese Mark Rutte, che insistette sul fatto che il Regno Unito sarebbe “collassato politicamente, monetariamente, costituzionalmente ed economicamente“.
Il voto provocò un brusco calo a breve termine dei mercati azionari globali e un immediato deprezzamento della sterlina.
Ed era comprensibile. Dopo tutto, la quinta maggiore economia mondiale aveva deciso di lasciare il blocco di 28 nazioni che formano l’Unione europea.
Ed essere membri dell’UE comporta molti vantaggi. L’UE è un mercato unico per lo scambio di beni e servizi, che comprende oltre 500 milioni di persone. Riduce le tariffe e altre barriere, stimolando la concorrenza e l’efficienza.
Ma aderire all’UE comporta anche una significativa rinuncia all’autonomia di ogni nazione. E questo aspetto non è mai stato granché apprezzato dagli inglesi.
Bruxelles estende i suoi tentacoli praticamente su ogni aspetto della vita dei Paesi membri, comprese le regole sull’immigrazione. Le sue pesanti regolamentazioni hanno interessato quasi il 70% delle attività del governo britannico.
Come commentava l’editorialista politico George Will all’epoca, “L’UE ha una bandiera che nessuno saluta, un inno che nessuno canta, un presidente di cui nessuno sa il nome e una burocrazia ingessata che nessuno apprezza”.
I grandi esperti però stabilirono che il voto “leave” avrebbe provocato un disastro.
Noi l’abbiamo pensata esattamente al contrario, definendolo “l’evento più significativo nella storia del dopoguerra della Gran Bretagna” e sottolineando una serie di eccellenti opportunità di investimento.
Diageo (NYSE: DEO), Rio Tinto (NYSE: RIO) e HSBC Holdings (NYSE: HSBC) sono solo tre delle raccomandazioni sul mercato inglese che ci hanno proficuamente ripagato negli ultimi due anni.
Ma come sono andate le cose, più in generale?
Fraser Nelson, giornalista della rivista inglese The Spectator ed editorialista del Daily Telegraph, lo ha sintetizzato bene in un recente editoriale sul The Wall Street Journal:
– Nel periodo precedente al referendum del 2016, il Fondo monetario internazionale aveva previsto che un voto favorevole alla Brexit avrebbe comportato un crollo dei prezzi delle azioni e degli immobili e una flessione degli investimenti esteri. (E invece tutti e tre hanno raggiunto livelli record. Solo negli ultimi 18 mesi, l’ iShares MSCI Regno Unito ETF (NYSE: EWU) ha guadagnato oltre il 20% in dollari).
– Barclays, Credit Suisse e Nomura avevano previsto che l’economia britannica nel 2017 si sarebbe contratta. (Si è espansa).
– L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico aveva avvertito che consumatori, spaventati, avrebbero ridotto le loro spese. (Hanno speso di più).
– Il Tesoro britannico aveva dichiarato che l’economia sarebbe “caduta in recessione, con quattro trimestri di crescita negativa”, mentre “la disoccupazione sarebbe aumentata fino a circa 500.000 unità, con tutte le regioni che avrebbero registrato un aumento del numero di persone senza lavoro”. (Invece, la crescita economica ha accelerato, l’occupazione è aumentata di 560.000 unità e attualmente la disoccupazione si è attestata al suo minimo da 43 anni.)
– Nel frattempo, il numero di cittadini britannici che hanno un lavoro ha toccato il livello record. I nuovi ordini per i produttori sono al loro massimo livello nell’intera generazione.
– La disuguaglianza di reddito si avvicina al livello minimo degli ultimi 30 anni, secondo l’Office for National Statistics.
– I salari sono cresciuti. L’inflazione ha appena toccato il suo minimo annuale. E l’indice di felicità nazionale è al culmine.
Questo sorprende un tremendo numero di soloni, non ultimo l’ editorialista del New York Times Paul Krugman, un uomo non esattamente famoso per il suo understatement.
La settimana dopo il voto sulla Brexit, strigliò “i davvero pessimi giornalisti dei tabloid britannici, che hanno dato in pasto al pubblico una continua sfilza di bugie”, nonché David Cameron, colui che “sarebbe passato alla storia come l’uomo che ha rischiato di distruggere l’Europa e la sua stessa nazione per un vantaggio politico momentaneo.”
Krugman ha un fantastico curriculum di errori, in effetti. (Dopotutto è lo stesso personaggio che nel 1998 notoriamente dichiarò che Internet “non avrebbe avuto un maggior impatto sull’economia di quello avuto dal fax“).
Ma come mai così tanti altri espertoni hanno sbagliato così tanto?
Perché non fanno che crogiolarsi a vicenda nei pregiudizi e nelle opinioni negative gli uni degli altri, per poi produrre pronostici – sulla spesa dei consumatori, sugli investimenti e sulla produttività – che risultano essere delle assurdità.
La sintesi finale, quasi due anni dopo il voto sulla Brexit? L’economia del Regno Unito sta andando bene. Londra rimane uno dei grandi centri finanziari del mondo (alcuni direbbero il grande centro finanziario). E il valore delle azioni britanniche vola sempre più in alto.
Ringraziate il vostro pessimista locale. Ci rendono tutto più facile.
Nessun commento:
Posta un commento