“Il legame che non può essere spezzato tra Stati Uniti e Israele”,
“una cooperazione sempre maggiore nella lotta al terrorismo e alla sua
ideologia malvagia” e “l’Iran deve smettere di addestrare e finanziare i
gruppi terroristici e le milizie”. Tre frasi che sintetizzano in
maniera forse brutale ma chiara la linea politica e strategica espressa
dal presidente statunitense Donald Trump in Israele, nel corso della
visita a cui hanno lavorato Jared Kushner e Jason Greenblatt,
rispettivamente genero e avvocato immobiliarista di fiducia del tycoon.
Teheran torna ad essere il nemico numero uno ed il bersaglio di pesanti accuse. “Usa e Israele possono dichiarare ad una voce che all’Iran non sarà mai, mai, mai concesso di avere un arma nucleare. L’Iran deve smettere di addestrare e finanziare i gruppi terroristici e le milizie”, ha detto il presidente degli Stati Uniti durante l’incontro con il presidente israeliano Reuven Rivlin.
Il successore di Obama ha parlato di un “profondo consenso nel mondo” per la lotta al terrorismo, inanellando due dichiarazioni a dir poco discutibili in rapida successione: “Re Salman pensa in modo intenso e, posso dirvelo, gli piacerebbe molto vedere la pace tra israeliani e palestinesi” e soprattutto “molti leader musulmani hanno espresso la loro determinazione nella volontà di aiutare a mettere fine al terrorismo e alla diffusione della radicalizzazione. C’è una crescente consapevolezza tra i vostri vicini arabi di avere una causa comune con voi su questa minaccia posta dall’Iran”.
Nel mondo capovolto del magnate newyorkese, l’Iran diventa sostenitore del terrorismo mentre l’Arabia Saudita è faro di pace e di fratellanza. Quando la realtà supera gli incubi e le allucinazioni.
Da Teheran è subito arrivata la replica. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Qasemi, riferendosi al contratto da 110 miliardi di dollari per la fornitura di armi all’Arabia Saudita, ha chiesto agli Stati Uniti di “smettere di fornire armi ai principali sponsor del terrorismo”.
“Sfortunatamente, ha continuato Qasemi, con le politiche ostili e aggressive degli americani, stiamo assistendo a un rinnovato rafforzamento dei gruppi terroristici nella regione e a una cattiva analisi in merito alle dittature che sostengono questi gruppi”.
Trump, accompagnato dalla moglie Melania, dalla figlia Ivanka e dal genero Jared Kushner, ha visitato la Basilica del Santo sepolcro e il Muro del pianto, il luogo più sacro dell’ebraismo, diventando il primo presidente degli Stati Uniti a farlo. Finora i rappresentanti Usa e Ue avevano evitato questo itinerario per il preciso significato politico che ha, dal momento che si trova a Gerusalemme Est, occupata da Israele nella Guerra dei sei giorni del 1967, annessa nel 1980 con la condanna dell’Onu e che i palestinesi rivendicano come capitale del loro futuro Stato.Durante le dichiarazioni congiunte al termine dell’incontro con il presidente Reuven Rivlin a Gerusalemme, il presidente statunitense ha aggiunto: “Ho grande fiducia nel fatto che possiamo ottenere grande successo e raggiungere tutti i nostri obiettivi insieme”. E ancora: “I giovani israeliani e palestinesi meritano di crescere al sicuro e di seguire i loro sogni liberi dalla violenza che ha distrutto così tante vite”.
Alle parole di Trump ha fatto eco il premier israeliano Benjamin Netanyahu: “Israele condivide il suo impegno per la pace e tende la mano ai palestinesi”, ha detto, definendo quella del presidente Usa “una visita storica perché nessun presidente ha mai visitato Israele nel suo primo viaggio all’estero”.
Netanyahu ha poi espresso l’auspicio che “un giorno un premier israeliano possa volare da Tel Aviv a Riad in un viaggio di pace”.
“Credo che la notevole alleanza con gli Usa diventerà ancora più grande e ancora più forte”, ha concluso il capo del governo dello Stato ebraico
Teheran torna ad essere il nemico numero uno ed il bersaglio di pesanti accuse. “Usa e Israele possono dichiarare ad una voce che all’Iran non sarà mai, mai, mai concesso di avere un arma nucleare. L’Iran deve smettere di addestrare e finanziare i gruppi terroristici e le milizie”, ha detto il presidente degli Stati Uniti durante l’incontro con il presidente israeliano Reuven Rivlin.
Il successore di Obama ha parlato di un “profondo consenso nel mondo” per la lotta al terrorismo, inanellando due dichiarazioni a dir poco discutibili in rapida successione: “Re Salman pensa in modo intenso e, posso dirvelo, gli piacerebbe molto vedere la pace tra israeliani e palestinesi” e soprattutto “molti leader musulmani hanno espresso la loro determinazione nella volontà di aiutare a mettere fine al terrorismo e alla diffusione della radicalizzazione. C’è una crescente consapevolezza tra i vostri vicini arabi di avere una causa comune con voi su questa minaccia posta dall’Iran”.
Nel mondo capovolto del magnate newyorkese, l’Iran diventa sostenitore del terrorismo mentre l’Arabia Saudita è faro di pace e di fratellanza. Quando la realtà supera gli incubi e le allucinazioni.
Da Teheran è subito arrivata la replica. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Qasemi, riferendosi al contratto da 110 miliardi di dollari per la fornitura di armi all’Arabia Saudita, ha chiesto agli Stati Uniti di “smettere di fornire armi ai principali sponsor del terrorismo”.
“Sfortunatamente, ha continuato Qasemi, con le politiche ostili e aggressive degli americani, stiamo assistendo a un rinnovato rafforzamento dei gruppi terroristici nella regione e a una cattiva analisi in merito alle dittature che sostengono questi gruppi”.
Trump, accompagnato dalla moglie Melania, dalla figlia Ivanka e dal genero Jared Kushner, ha visitato la Basilica del Santo sepolcro e il Muro del pianto, il luogo più sacro dell’ebraismo, diventando il primo presidente degli Stati Uniti a farlo. Finora i rappresentanti Usa e Ue avevano evitato questo itinerario per il preciso significato politico che ha, dal momento che si trova a Gerusalemme Est, occupata da Israele nella Guerra dei sei giorni del 1967, annessa nel 1980 con la condanna dell’Onu e che i palestinesi rivendicano come capitale del loro futuro Stato.Durante le dichiarazioni congiunte al termine dell’incontro con il presidente Reuven Rivlin a Gerusalemme, il presidente statunitense ha aggiunto: “Ho grande fiducia nel fatto che possiamo ottenere grande successo e raggiungere tutti i nostri obiettivi insieme”. E ancora: “I giovani israeliani e palestinesi meritano di crescere al sicuro e di seguire i loro sogni liberi dalla violenza che ha distrutto così tante vite”.
Alle parole di Trump ha fatto eco il premier israeliano Benjamin Netanyahu: “Israele condivide il suo impegno per la pace e tende la mano ai palestinesi”, ha detto, definendo quella del presidente Usa “una visita storica perché nessun presidente ha mai visitato Israele nel suo primo viaggio all’estero”.
Netanyahu ha poi espresso l’auspicio che “un giorno un premier israeliano possa volare da Tel Aviv a Riad in un viaggio di pace”.
“Credo che la notevole alleanza con gli Usa diventerà ancora più grande e ancora più forte”, ha concluso il capo del governo dello Stato ebraico
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