Una realtà molto complessa, resa ancor più confusa dall’informazione
trash con cui ci sommergono i media che contano, rende i processi in
corso spesso incomprensibili. Si tratta di un tratto caratteristico
delle tormente generate dalle crisi sistemiche. La nitidezza dello
sguardo sarebbe invece essenziale per chi non ha assicurazioni sulla
vita. Quando Marx scrive il Manifesto, il rapporto tra los de abajo e
los de arriba era di nove a uno. Non c’erano pensioni per gli anziani e
l’università era riservata alle sole élite. Il 90 per cento della gente
aveva interesse ad abbattere il sistema. Oggi stiamo forse sfiorando una
“dominazione perfetta”, con le società divise in parti quasi uguali,
tra chi ha bisogno di far saltare il banco e chi teme ogni possibile
cambiamento. Al di sopra di esse, sta l’uno per cento della popolazione
che controlla il potere dello Stato, gli altri poteri e delle democrazie
elettorali che hanno senso per la metà de arriba ma sono una prigione
per los de abajo. Essi non possono aver fiducia in un sistema politico
che funziona come una ‘dittatura democratica’. Quelli che vivono nella
“zona del non-essere”, per dirla con Fanon, resistono e costruiscono
altri mondi per poter sopravvivere, ma sono bombardati con l’illusione
di poter cambiare il proprio destino senza rompere il sistema.
Ci mancano le idee. La mente non pensa con l’informazione bensì con le idee, come precisa Fritjof Capra in La rete della vita. Nella tremenda transizione/tormenta in cui viviamo, abbiamo bisogno di lucidità e di organizzazione per capire quello che succede e per costruire le vie d’uscita. Quando la realtà si fa più complessa e la percezione si intorbidisce, una caratteristica delle tormente sistemiche, rendere nitido lo sguardo è un passo ineludibile e vitale.
Per questo ci riempiono di informazione spazzatura, perché contribuisce a potenziare la confusione. È in questo senso che i media giocano un ruolo sistemico che consiste nel deviare l’attenzione, far sì che le cose importanti e decisive abbiano un rilievo identico a quelle più superficiali (un incidente stradale ha maggior copertura che il caos climatico) e trattano i temi seri come se fossero una partita di calcio.
Como sappiamo, ci sono quelli che pensano che non sono in corso maggiori cambiamenti, che la tormenta sistemica è una crisi passeggera, dopo la quale tutto riprenderà il suo corso normale. Però noi, los e abajo, dobbiamo acuire i sensi, rilevare i suoni e i movimenti impercettibili, perché le nostre vite sono a rischio e qualsiasi distrazione può avere conseguenze disastrose. Noi non abbiamo assicurazioni sulla vita né guardie private come los de arriba.
Lo storico francese Emmanuel Todd riflette sulle elezioni nel suo paese, con analisi davvero interessanti. La prima, è che da diversi decenni esistono settori di forze sociali stabili, che permettono di garantire che la società sia divisa in due metà e che questa divisione permanga quasi inalterata.
In secondo luogo, si chiede perché nello scorso quarto di secolo, il rifiuto verso il modello neoliberale non è cresciuto (in Europa), malgrado l’aumento della disoccupazione e il fallimento dell’euro. Todd fa un’analisi della popolazione, un dato strutturale che gli analisti tendono a minimizzare. In Francia, dal 1992, la popolazione è invecchiata fino a sei anni e, di fatto, gli anziani “hanno perso il diritto di voto”, perché un’uscita dall’euro abbatterebbe le loro pensioni.
La seconda questione che Todd considera è la stratificazione educativa. Ne conclude che “le persone con studi superiori hanno prodotto una oligarchia di massa” e che questa élite è passata dal 12 per cento della popolazione nel 1992 al 25 per cento di oggi, cioè in soli 25 anni. La conclusione fa sussultare: una popolazione invecchiata aggiunta a una maggior “massa oligarchica” sfocia in un crescente conformismo della metà della popolazione, mentre l’altra metà, quella de abajo, si è considerevolmente deteriorata dal trattato di Maastricht del 1992.
Quando Marx scrive il Manifesto comunista, il rapporto tra los de abajo e los de arriba era di nove a uno. Non c’erano pensioni per gli anziani e l’università era riservata alle élite. Era un sistema instabile, che il 90 per cento della gente aveva interesse ad abbattere.
I due cambiamenti menzionati da Todd (demografia ed educazione superiore) rappresentano mutamenti profondi per noi che aspiriamo a trasformare il mondo. Tuttavia nel 1960 abbondavano gli universitari come il Che, disposti a usare le proprie conoscenze assieme agli oppressi. Il sistema ha saputo capire che tra i giovani universitari c’era un punto debole e ha preso provvedimenti.
Adesso i docenti di quel livello guadagnano fortune: in diversi paesi fino a 30 volte il salario minimo (nazionale, ndr). Gli studenti beneficiano di borse di studio che consentono loro di allungare gli studi di post-laurea fino a sfiorare i 40 anni e poi aspirano a fare il loro ingresso nella élite universitaria. Nell’immaginario collettivo, la scalata sociale passa dagli studi superiori ai quali si dedica buona parte della vita.
Tre decenni fa (in Marx e il sottosviluppo), Immanuel Wallerstein sosteneva che sotto il capitalismo la classe alta era passata dall’1 al 20 per cento della popolazione mondiale. Per l’”oligarchia di massa”, che presume Todd, la cifra può adesso avvicinarsi al 25 per cento. In América Latina le cifre vanno attenuate, però stiamo andando in quella direzione.
Può essere che stiamo rasentando la “dominazione perfetta”: società divise in parti quasi uguali, tra quelli che hanno bisogno di far saltare il banco e quelli che temono qualsiasi cambiamento. Una metà conformista e l’altra metà sopraffatta dalla Quarta guerra mondiale (secondo la definizione della tormenta cara agli zapatisti, ndr). Al di sopra di entrambe, sta l’1 per cento che controlla il potere statale, quello materiale e le democrazie elettorali.
“Man mano che si espandono le dimensioni del gruppo che sta in cima, via via che rendiamo sempre più uguali tra loro nei loro diritti politici i membri del gruppo che sta in cima, diventa possibile estrarre sempre di più da los de abajo”, scrive Wallerstein in Dopo il liberalismo. E aggiunge che “un paese per metà libero e per metà
Le conseguenze di questi cambiamenti dovrebbero portarci a trarre alcune conclusioni “strategiche”.
Uno, la democrazia si consolida in quel settore che non vuole destabilizzare il sistema, mentre l’altra metà non si sente rappresentata. La democrazia elettorale ha senso per la metà de arriba, ma è una prigione per los de abajo.
Due, per la metà diseredata della popolazione, l’attuale disegno del capitalismo è una realtà oppressiva, poiché le politiche sociali mirate tendono a neutralizzare e a dividere quelli che avrebbero bisogno di sollevarsi contro il sistema.
I partiti di centro-sinistra raccolgono le aspirazioni, e le paure, di quella metà della popolazione che vuole solamente cambiamenti cosmetici e il cui esclusivo esercizio politico è votare ogni cinque o sei anni e assistere ai meeting per applaudire i suoi caudillos.
La metà de abajo non può aver fiducia in un sistema politico che funziona come una “dittatura democratica”. Wallerstein continua così: “Un struttura politica con libertà totale per la metà de arriba può essere la forma più oppressiva che si possa immaginare per la metà de abajo”.
Quelli che vivono nella zona del non-essere, nelle parole di Fanon, sono quelli che resistono e costruiscono altri mondi, per mera necessità di sopravvivere. Ma sono bombardati dalla fantasia secondo la quale possono cambiare il proprio destino senza rompere il sistema.
Ci mancano le idee. La mente non pensa con l’informazione bensì con le idee, come precisa Fritjof Capra in La rete della vita. Nella tremenda transizione/tormenta in cui viviamo, abbiamo bisogno di lucidità e di organizzazione per capire quello che succede e per costruire le vie d’uscita. Quando la realtà si fa più complessa e la percezione si intorbidisce, una caratteristica delle tormente sistemiche, rendere nitido lo sguardo è un passo ineludibile e vitale.
Per questo ci riempiono di informazione spazzatura, perché contribuisce a potenziare la confusione. È in questo senso che i media giocano un ruolo sistemico che consiste nel deviare l’attenzione, far sì che le cose importanti e decisive abbiano un rilievo identico a quelle più superficiali (un incidente stradale ha maggior copertura che il caos climatico) e trattano i temi seri come se fossero una partita di calcio.
Como sappiamo, ci sono quelli che pensano che non sono in corso maggiori cambiamenti, che la tormenta sistemica è una crisi passeggera, dopo la quale tutto riprenderà il suo corso normale. Però noi, los e abajo, dobbiamo acuire i sensi, rilevare i suoni e i movimenti impercettibili, perché le nostre vite sono a rischio e qualsiasi distrazione può avere conseguenze disastrose. Noi non abbiamo assicurazioni sulla vita né guardie private come los de arriba.
Lo storico francese Emmanuel Todd riflette sulle elezioni nel suo paese, con analisi davvero interessanti. La prima, è che da diversi decenni esistono settori di forze sociali stabili, che permettono di garantire che la società sia divisa in due metà e che questa divisione permanga quasi inalterata.
In secondo luogo, si chiede perché nello scorso quarto di secolo, il rifiuto verso il modello neoliberale non è cresciuto (in Europa), malgrado l’aumento della disoccupazione e il fallimento dell’euro. Todd fa un’analisi della popolazione, un dato strutturale che gli analisti tendono a minimizzare. In Francia, dal 1992, la popolazione è invecchiata fino a sei anni e, di fatto, gli anziani “hanno perso il diritto di voto”, perché un’uscita dall’euro abbatterebbe le loro pensioni.
La seconda questione che Todd considera è la stratificazione educativa. Ne conclude che “le persone con studi superiori hanno prodotto una oligarchia di massa” e che questa élite è passata dal 12 per cento della popolazione nel 1992 al 25 per cento di oggi, cioè in soli 25 anni. La conclusione fa sussultare: una popolazione invecchiata aggiunta a una maggior “massa oligarchica” sfocia in un crescente conformismo della metà della popolazione, mentre l’altra metà, quella de abajo, si è considerevolmente deteriorata dal trattato di Maastricht del 1992.
Quando Marx scrive il Manifesto comunista, il rapporto tra los de abajo e los de arriba era di nove a uno. Non c’erano pensioni per gli anziani e l’università era riservata alle élite. Era un sistema instabile, che il 90 per cento della gente aveva interesse ad abbattere.
I due cambiamenti menzionati da Todd (demografia ed educazione superiore) rappresentano mutamenti profondi per noi che aspiriamo a trasformare il mondo. Tuttavia nel 1960 abbondavano gli universitari come il Che, disposti a usare le proprie conoscenze assieme agli oppressi. Il sistema ha saputo capire che tra i giovani universitari c’era un punto debole e ha preso provvedimenti.
Adesso i docenti di quel livello guadagnano fortune: in diversi paesi fino a 30 volte il salario minimo (nazionale, ndr). Gli studenti beneficiano di borse di studio che consentono loro di allungare gli studi di post-laurea fino a sfiorare i 40 anni e poi aspirano a fare il loro ingresso nella élite universitaria. Nell’immaginario collettivo, la scalata sociale passa dagli studi superiori ai quali si dedica buona parte della vita.
Tre decenni fa (in Marx e il sottosviluppo), Immanuel Wallerstein sosteneva che sotto il capitalismo la classe alta era passata dall’1 al 20 per cento della popolazione mondiale. Per l’”oligarchia di massa”, che presume Todd, la cifra può adesso avvicinarsi al 25 per cento. In América Latina le cifre vanno attenuate, però stiamo andando in quella direzione.
Può essere che stiamo rasentando la “dominazione perfetta”: società divise in parti quasi uguali, tra quelli che hanno bisogno di far saltare il banco e quelli che temono qualsiasi cambiamento. Una metà conformista e l’altra metà sopraffatta dalla Quarta guerra mondiale (secondo la definizione della tormenta cara agli zapatisti, ndr). Al di sopra di entrambe, sta l’1 per cento che controlla il potere statale, quello materiale e le democrazie elettorali.
“Man mano che si espandono le dimensioni del gruppo che sta in cima, via via che rendiamo sempre più uguali tra loro nei loro diritti politici i membri del gruppo che sta in cima, diventa possibile estrarre sempre di più da los de abajo”, scrive Wallerstein in Dopo il liberalismo. E aggiunge che “un paese per metà libero e per metà
Le conseguenze di questi cambiamenti dovrebbero portarci a trarre alcune conclusioni “strategiche”.
Uno, la democrazia si consolida in quel settore che non vuole destabilizzare il sistema, mentre l’altra metà non si sente rappresentata. La democrazia elettorale ha senso per la metà de arriba, ma è una prigione per los de abajo.
Due, per la metà diseredata della popolazione, l’attuale disegno del capitalismo è una realtà oppressiva, poiché le politiche sociali mirate tendono a neutralizzare e a dividere quelli che avrebbero bisogno di sollevarsi contro il sistema.
I partiti di centro-sinistra raccolgono le aspirazioni, e le paure, di quella metà della popolazione che vuole solamente cambiamenti cosmetici e il cui esclusivo esercizio politico è votare ogni cinque o sei anni e assistere ai meeting per applaudire i suoi caudillos.
La metà de abajo non può aver fiducia in un sistema politico che funziona come una “dittatura democratica”. Wallerstein continua così: “Un struttura politica con libertà totale per la metà de arriba può essere la forma più oppressiva che si possa immaginare per la metà de abajo”.
Quelli che vivono nella zona del non-essere, nelle parole di Fanon, sono quelli che resistono e costruiscono altri mondi, per mera necessità di sopravvivere. Ma sono bombardati dalla fantasia secondo la quale possono cambiare il proprio destino senza rompere il sistema.
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