domenica 20 dicembre 2015

Gelli, storia di un faccendiere bipartisan…

Morte di Licio Gelli, Maestro Venerabile? Faccendiere? Politico? Nobile? Soldato?
Non è mai piacevole scrivere e parlare di coloro che in ogni caso sono mancati agli affetti dei propri cari. E’ ancora più sgradevole quando una persona che muore porta con sé innumerevoli misteri e problemi irrisolti. E’ il caso di Licio Gelli.
Se quasi nello stesso giorno ovvero Lunedì 14 Dicembre (Gelli ci lascia la notte del giorno seguente) era mancato Armando Cossutta e ogni necrologia e ricordo parlava di costui come di un comunista, in questo caso potremmo dire che manca agli affetti dei propri cari un anticomunista. In effetti ripercorrendo la sua storia possiamo cogliere l’inizio della sua carriera come segnata da un evento. Licio Gelli era fascista, scrisse per diversi organi di stampa propagandistica al servizio del regime stesso. Scrisse anche le memorie di una guerra, la guerra di Spagna alla quale partecipò. Non è mai bene compiere nessun tipo di dietrologia anche perché in questo caso non sapremo mai più quali fossero i pensieri di quest’uomo. In ogni caso visto cosa accadde dopo si può ipotizzare che ogni atto politico che svolse più tardi, attraverso diverse istituzioni politiche, le perseguì allo scopo di evitare il ritorno o la supremazia dei suoi nemici.
Da questa paura nacque anche forse l’eterno districarsi tra mille partecipazioni e comparsate. Mi riferisco al periodo nel quale, dopo aver aderito alla Repubblica Sociale, capì che ormai la guerra per gli Alleati era perduta. Fu allora che sì dipanò la sua abile strategia: aiutare i partigiani fornendo i mezzi necessari per coprire le proprie azioni. Gelli di fatto non confessò mai la propria appartenenza e in quel periodo giocò su più tavoli come un vero bluffatore del poker.
Nel dopoguerra si impelagò per diverse vie. Nel 1956 lavorò come manager alla Permaflex di Frosinone, diventandone Direttore Generale della sede. Anche in quel caso pesarono molto gli aiuti statali che all’epoca erano parte della famosa Cassa del Mezzogiorno. Dal 1963 l’iniziazione alla loggia massonica Propaganda 2, fondata dal Gran Maestro Ugo Lenzi nel 1949. La P2 sotto la conduzione di Gelli era una loggia completamente diversa per natura e scopi dalla prima loggia denominata Propaganda massonica. Se la prima, operante nel secolo precedente, aveva visto protagonisti personaggi intrepidi e coraggiosi come uno dei padri della nostra patria Giuseppe Garibaldi, la seconda sembra aver un programma teso a coprire e aiutare pochi. Insomma il rovesciamento dell’obbiettivo originale delle logge di propaganda massonica, tese a far conoscere e a rendere popolari gli ideali proposti dall’obbedienza stessa.
Nel caso della Loggia gestita da Gelli a partire dal Giugno del ’70 vi fu un programma da seguire, chiamato “Rinascita Nazionale”, un programma che era teso a rendere l’Italia come una nazione tanto simile come istituzioni e insicurezza sociale agli Stati Uniti. Un programma che aveva come altro impegno quello di scardinare il monopolio televisivo della Rai. Un programma del quale si è discusso molto.
Si è imputata a Berlusconi la responsabilità di essere disposto alla realizzazione finale degli obiettivi della P2. Ebbene domando a queste persone se non pensano che nonostante sia cambiato il governo la volontà non sia la medesima? Deve essere riuscito nel suo intento e con la propria bravura ad essere tentacolare. Mi spiego meglio evidentemente la formazione di qualche erede di questo programma di rinascita nazionale sarà riuscita. Qualche politico attuale ne avrà davvero raccolto il testimone e quindi pronti a compierlo in ogni passaggio! Bene in nome della lotta contro il comunismo cosa resta dell’amor di patria che ebbe da giovane? Non lo sapremo mai, non lo sapremo più. Qual è l’eredità di questo personaggio? Nessuna, forse quella di aver reso a noi italiani la realizzazione dei peggiori stereotipi. Con la sua vita e con i suoi trascorsi sempre pronto a cambiare casacca e ad intessere trame di ogni tipo. Questa è l’immagine politica che ci caratterizza in altri paesi.
Di Licio Gelli non resta granché da ricordare. Si potrebbe star qui a ricordare ogni passaggio, ma il leit motiv sarà sempre il medesimo. Salvare sé stessi, salvare pochi per il benessere di pochi. E’ un’altra parte dell’Italia che se ne va con lui. Un’ Italia che in nome dell’anticomunismo ha sognata una terra di individualisti senza patria e senza ideali né tantomeno ideologie. Sognarono un’Italia quegli italiani come lui dove tutti fossero liberi. Si, liberi da ogni ideale e da ogni valore che non fosse quello del portafoglio. Sognarono un’Italia quegli italiani dove tutti fossero uguali. Si, un’Italia dove non ci fossero più differenze culturali in quanto la cultura sarebbe divenuta appannaggio di pochi privilegiati. Ovvero un paese dove la miseria ci avrebbe reso uguali e uguali predatori e prede nella lotta per la sopravvivenza quotidiana. Non di certo uguali nella ricchezza come profetizzava Karl Marx ne “l’ideologia tedesca”.
Chiaro come questi presunti valori non possono essere i nostri, ne crediamo che personaggi del genere possano essere ricordati positivamente. Si preferisce ricordare con affetto colui che combatte e perde piuttosto che colui che fa combattere altri o resta dietro le quinte. Questo tipo di politica, questo modo di scalare le vette della società non possono rappresentare il nostro paese, non più.
Il modello non può essere Gelli, come non possono esserlo la Thatcher e i suoi emuli. Ricordiamo ancora come la lady di ferro in una terra prostrata da politiche economiche draconiane aveva il coraggio di invitare i propri compatrioti ad essere allegri. E non possono esserlo altri amici di Gelli, come i generali argentini Viola e Massera. Generali che mandarono in guerra giovani impreparati con il plauso sinistro e necrofilo del loro Maestro di Loggia. Un mondo, quello dei Gelli, che sacrifica gli amici di un tempo come nel caso del banchiere Calvi. Insomma un mondo di intrighi e misteri che rimarranno tali rendendo inutili le proteste di coloro che soffrirono in modo diretto delle decisioni di queste menti illuminate. Sognavano un’Italia postideologica costoro. Purtroppo ci sono riusciti. Con la fine delle ideologie e con la sconfitta dei partiti rimane poco da aggiungere, si spera solo che il futuro ci doni un immagine migliore di italiani.
Si può solo sperare che un’Italia diversa ci porti ad essere più degni rispetto a questi esempi del passato. Uno degli ultimi di questa persona maestra di tanti atti imprevedibili? Il matrimonio con la propria badante rumena. In questo vuoto di ideali quale è ormai l’Italia si può solo sperare che nascano nuovi esempi, di gente innamorata del proprio paese, non di altri ambiziosi come il Venerabile.

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