La dittatura capitalista affina le armi per il controllo delle masse e la spartizione del mondo
A poco più di due settimane dagli attentati che la sera del 13 novembre
hanno colpito la città di Parigi cresce la psicosi totale largamente
fomentata dai mezzi di comunicazione borghesi e auspicata dalle classi
dominanti dei paesi europei, che in nome della sicurezza e della "lotta
al terrorismo islamico" si preparano ad intensificare l'intervento
imperialista nel Medio Oriente, in particolar modo in Siria, forti di un
rinnovato sostegno dell'opinione pubblica, per la spartizione di
risorse ed aree di mercato tra le potenze, globali e regionali, in
disputa. Ma il nuovo clima di terrore sapientemente gestito e alimentato
dai media servirà anche per dare il colpo di grazia alle ultime libertà
concesse all'interno dell'Unione Europea, inaugurando così una nuova
era nella repressione del dissenso sociale da parte del Capitale.
Lo "Stato d'Emergenza" in Francia: l'esempio da seguire per le borghesie europee
Dopo le ipocrite parole nel suo discorso alla nazione, il Presidente
della Repubblica Francese, François Hollande, chiamando all'"unità
nazionale", si è affrettato ad indossare l'elmetto, con il consenso
leggittimatore degli altri governi imperialisti e delle forze politiche
reazionarie ed opportuniste, dichiarando che la Francia, così come
l'Europa è in "guerra" contro il terrorismo dell'ISIS, a cui è seguito
il rafforzamento dell'azione militare francese in Siria e Mali (e in
Africa in generale) e l'attivazione dell'articolo 42, comma 7 del
Trattato di Maastricht da parte del consiglio dei ministri della Difesa
dell'UE, che prevede la fornitura di assistenza militare nel quadro
della NATO, proclamando negli stessi momenti anche lo "Stato
d'Emergenza" prolungato almeno fino a febbraio con il consenso di tutte
le forze politiche del parlamento francese, che prevede una serie di
misure che sospendono i più basilari diritti democratici del popolo
francese, le convenzioni sui diritti umani, così come modifiche agli
articoli 16 e 36 della Costituzione, rispettivamente sui pieni poteri al
Presidente e sul trasferimento dei poteri all'Esercito, per rendere
possibile la loro attuazione in forma permanente. Verranno da subito
creati 5.000 nuovi posti di polizia e doganieri, nuovi poteri "speciali"
vengono concessi ai prefetti e alle forze di polizie che possono
dichiarare il coprifuoco, proibire "associazioni o gruppi che incitano
ad azioni di turbamento dell'ordine pubblico", vietare ogni forma di
manifestazione pubblica, come già avvenuto vietando tutte le
manifestazioni in programma (tra cui quella contro la Conferenza
Mondiale sul clima – COP21 – del 29 novembre con l'esecuzione di 298
fermi da parte della polizia francese) e consente la possibilità di
arresto e detenzione anche sulla base di sospetti o futili motivi,
perquisizioni a domicilio in ogni momento e il controllo indiscriminato
da parte dell'intelligence di ogni canale di comunicazione, come già
avvenuto durante la rivolta anti-coloniale in Algeria nel 1955 e la
rivolta delle banlieue del 2005.
Le forze politiche delle potenze
imperialiste europee si sono affrettate a rispolverare e adeguare i
loro repertori utilizzando espressioni come "siamo in guerra", "attacco
alla nostra civiltà" o al cosiddetto "mondo libero", così come "l'Europa
è sotto attacco", per promuovere un nuovo clima ideale agli obiettivi
interventisti, in un'atmosfera di "panico, sgomento e paura", facendo
leva sui sentimenti suscitati nella popolazione dalle immagini di
Parigi, sapientemente alimentati ed incanalati dal circo mediatico.
L'artificiale visione di una "guerra di civiltà o religione" permette
alle classi dominanti di avvelenare la coscienza delle masse popolari
per aggregarle intorno alle autorità imperialiste attraverso un
rinnovato spirito "patriottico", "filo-europeo", dando in questo modo
nuova linfa vitale alla legittimazione delle loro politiche antipopolari
sul fronte interno e di guerra sul fronte esterno, sponsorizzate da
salotti televisivi di "analisti con la baionetta alla mano" pronti a
mistificare le reali cause di quanto sta oggi accadendo in Europa e in
Medio Oriente che richiedono a gran voce l'intervento risolutivo in
Siria e l'unità della "risposta europea" con la delega di incarichi di
sicurezza e "prevenzione del terrorismo" a corpi internazionali come
auspicato dal "costituzionalista" Sabino Cassese, che sul Corriere della
Sera ha dichiarato :
"[…] risalta chiaramente che problemi
globali, come quello del terrorismo internazionale, non possono essere
risolti con soluzioni domestiche, nazionali. Bisogna, insomma, che vi
siano polizie globali incaricate di mantenere un ordine che riguarda
singole nazioni, ma che è minacciato da reti estese di terroristi "i.
Una forma di "polizia globale" esiste già in Europa, si tratta del
corpo Eurogendfor (EGF, Forza di Gendarmeria Europea), una sorta di
polizia militare formata dalle gendarmerie unite di Spagna, Portogallo,
Francia, Italia, Polonia, Romania e Paesi Bassi, con sede operativa
stabilita a Vicenza ed ospitata a spese dello Stato Italiano dopo la
firma del Trattato di Velsen del 2007. La Eurogendfor, già impegnata in
"missioni di sostegno" al servizio dell'alleanza imperialista NATO ii, è
stata creata con il non meglio precisato scopo di "provvedere ad una
più efficiente gestione delle crisi internazionali fuori dai confini
dell'UE" e tutto fa pensare ad un suo maggiore impiego all'interno dei
confini dell'UE, essendo fornito di ampi poteri (fuori da ogni
controllo) nella conduzione di operazioni di sicurezza e ordine
pubblico, supervisione, guida, monitoraggio, supporto o sostituzione
delle forze di polizia nazionali, compiti di sorveglianza pubblica e
controllo delle frontiere così come attività di intelligence
investigativa. Questa risponde direttamente agli ordini di un comitato
interministeriale (CIMIN) composto dai firmatari del Trattato che
"esercita il controllo politico" e nomina il suo "comandante
impartendogli direttive". Ideale per la militarizzazione dell'ordine
pubblico funzionale a rendere permanente lo Stato d'Emergenza a livello
europeo.
Inoltre, sulla base della "necessità della difesa
comune" ciò che da diverse parti ritorna ad esser richiamata con forza è
la costituzione di un Esercito Unico Europeo, un processo che l'UE
aveva già riaperto dopo l'attentato di gennaio scorso sempre a Parigi e
di cui si parla già dal 1950. La costituzione dell'Esercito Europeo è un
progetto della Commissione Europea affidato all'Alto rappresentante per
la politica estera e la sicurezza, Federica Mogherini, che entro giugno
2016 definirà la "nuova strategia europea per la politica estera e la
sicurezza" superando l'attuale in vigore dal 2003. L'Esercito Europeo
porterebbe all'integrazione delle forze armate dei diversi paesi che
agirebbero all'unisono (sia all'interno che all'esterno dei confini UE)
costituendo il secondo esercito più potente al mondo dopo quello degli
USA iii. Si potrebbe così aprire la strada all'intervento di "forze
armate comunitarie" e a nuove forme di "euro-repressione" che sono
funzionali al processo di accumulazione ed espansione capitalista, che
ha portato alla formazione del conglomerato inter-statale imperialistico
dell'UE come lo conosciamo oggi e che necessita del superamento di
alcune "prerogative nazionali" per quanto riguarda sia l'aspetto
economico e politico che militare, inclusa la repressione del dissenso
sociale. Un processo che al suo interno ha però enormi contraddizioni
con interessi non sempre convergenti tra tutte le "borghesie nazionali".
L'Unione Europea cerca di attuare oggi ciò che gli Stati Uniti fecero
dopo l'attacco alle Torri Gemelle. Le "democrazie occidentali" tentano
di anestetizzare con il terrore mediatico il dissenso ai loro governi
antipopolari e trovare una giustificazione alla politica estera
imperialista ed aggressiva, ingannando i popoli e sfruttando a vantaggio
dei profitti dei monopoli questi tanto tragici quanto torbidi
avvenimenti come già accaduto dopo l'11 Settembre 2001. E' del tutto
evidente, oggi più che mai, come la cosiddetta "lotta al terrorismo" sia
"funzionale al processo di accumulazione di capitali nell'attuale fase
di sviluppo imperialista del capitalismo internazionale" iv.
Sfruttando il clima post-attentato in Francia si modifica la
costituzione sul modello del "Patriot Act" di Bush, entrato in vigore
immediatamente dopo i fatti dell'11 Settembre e che ha rappresentato una
delle pagine più nere nelle violazioni dei diritti civili, con migliaia
di cittadini imprigionati arbitrariamente e la soppressione delle
libertà basilari in nome della sicurezza. L'applicazione dello "Stato
d'Emergenza" prolungato in Francia, così come il vero e proprio
coprifuoco applicato per diversi giorni nel cuore dell'Europa, a
Bruxelles, aprono definitivamente una strada senza ritorno nella
gestione e militarizzazione dell'"ordine" del capitale, e quindi la
criminalizzazione e repressione delle masse popolari in lotta, che
colpirà particolarmente l'attività delle organizzazioni politiche e
sindacali di classe, ossia di tutti coloro che non si subalternano allo
Stato (borghese), la riproduzione del sistema e la difesa degli
interessi e profitti della classe dominante. Ciò è già evidente anche in
Italia, con l'attacco al diritto di sciopero, alle manifestazioni, e le
nuove norme sulla sicurezza e sarà ancor di più stringente nel periodo
del Giubileo. La soppressione liberticida di alcune prerogative delle
"democrazie borghesi", la fomentazione artificiale del razzismo,
xenofobia e islamofobia che alimenta i movimenti di natura fascista,
come spesso accaduto già nella storia, non può destare alcuna sorpresa
essendo che essa è solo una delle "forme della dittatura della
borghesia".
"Guerra al terrorismo" o conflitto inter-imperialista per la spartizione del Medio Oriente?
Queste misure girano tutte intorno alla doppia logica: sempre più
guerra, sempre meno diritti democratici. La crisi del capitalismo a
livello globale, da un lato ha condotto ad un offensiva interna ai vari
Stati delle borghesie contro i diritti sociali della classe lavoratrice e
i settori popolari, dall'altro sta rimescolando i rapporti di forza a
livello internazionale tra le potenze capitaliste da cui consegue un
processo di nuova spartizione del mondo. La Siria è oggi un crocevia
fondamentale per tutte le principali potenze capitaliste nella
spartizione della tormentata regione del Medio Oriente, dove si trovano
quasi la metà delle risorse petrolifere mondiali, il 41% delle riserve
di gas. Tutte le grandi potenze imperialiste (USA, UE, Russia ecc.)
vogliono controllare o avere posizioni di forza nella regione in modo
che i rispettivi monopoli possano impossessarsi delle ricchezze
energetiche, e in questo entrano in gioco anche forze e rispettivi
alleati regionali (Turchia, Israele, Arabia Saudita, Iran, ecc.) che
agiscono anch'essi su propri interessi particolari, nel contesto di una
polveriera dove si innesca la fratricida lotta religiosa tra sunniti e
sciiti. La guerra d'aggressione in Siria viene dopo il Libano, l'Iraq,
l'Afghanistan, la Libia, la Somalia, il Sudan, il Mali, il Centrafrica
ecc., decine di interventi imperialisti militari (così come le
cosiddette "Primavere Arabe") che le potenze occidentali (non sempre in
modo uniforme) hanno portato avanti in tutti questi anni per ridisegnare
in base alle proprie esigenze il Medio Oriente e la regione più ampia
del nord e centro dell'Africa.
E' in questo quadro che si forma
il cosiddetto "Stato Islamico" (Daesh o ISIS), braccio armato
dell'Arabia Saudita (ferreo alleato degli USA nella regione e
protagonista anche nella guerra in Yemen), e supportato dagli USA,
dall'UE, dalle altre petromonarchie reazionarie del Golfo come Qatar,
Emirati Arabi Uniti, Kuwait, e non ultima dalla Turchia, il cui regime
guidato dal partito AKP del fascista islamico Recep Tayyp Erdogan ha una
lunga e documentata tradizione nel supporto del terrorismo di matrice
islamica nella regione, che utilizza per espandere l'influenza turca
nella regione. L'élite turca ricava profitti astronomici dall'acquisto
del petrolio a buon mercato estratto nei territori occupati dallo Stato
Islamico e ha recentemente effettuato, con il supporto della NATO, una
grave provocazione al confine turco-siriano abbattendo un caccia della
Federazione Russa impegnato in azioni sul territorio siriano, adducendo
come scusa un suo sconfinamentov, esacerbando le tensioni tra le potenze
imperialiste e aumentando il sempre più serio rischio di un confronto
armato diretto tra di esse, che in realtà stanno preparando e testando
in modo reciproco.
L'ipocrisia dei mezzi di informazione, o di
propaganda, tralascia sistematicamente il fatto che il cosiddetto "Islam
Politico" di cui il Daesh non è altro che l'espressione armata è stato
sfruttato (se non creato) e sostenuto economicamente dall'imperialismo
euro-atlantico e dalle forze reazionarie del mondo arabo sin dagli anni
'80, quando armarono i Talebani per sovvertire il governo Afghano, e in
numerosi altri paesi contro i movimenti popolari realmente
anti-imperialisti, laici, progressisti e comunisti della regione araba.
L'ISIS non è dunque altro che un gruppo di mercenari e "giovani
fanatici" (raccattati spesso dall'emarginazione delle periferie
capitaliste), prodotto e conseguenza di anni di interventi militari e
destabilizzazioni in Medio Oriente, animato dalle forze più retrive ed
oscurantiste della regione nell'obiettivo di assicurare ai monopoli
europei e statunitensi lo sfruttamento delle immense risorse e delle vie
di trasporto nell'area. Il tutto rientra nel piano del Nuovo Medio
Oriente (o Grande Medio Oriente), che consiste nel rovesciare governi e
frammentare Stati che presentano ostacoli allo sviluppo dei piani
dell'imperialismo euro-atlantico, e che si colloca nel quadro della
feroce competizione imperialista per il predominio nella regione
entrando in conflitto con gli interessi della Russia, la Cina e i suoi
alleati regionali.
Quelli che chiamano oggi all'"unità
nazionale", alla difesa dei "valori occidentali", della "democrazia e
libertà" sono gli stessi responsabili dei mali che affliggono la
gioventù d'estrazione popolare, i lavoratori e i settori popolari negli
stati imperialisti così come dei tormenti dei popoli arabi, dei paesi
del Medio e Estremo Oriente, Nord Africa ecc. sottoposti alla
devastazione, fame, saccheggio, guerra e all'emigrazione forzata. E'
fondamentale per il movimento di classe rigettare e rompere lo schema
che ci vogliono imporre le classi dominanti attraverso l'inganno della
propaganda delle forze politiche capitaliste e opportuniste, e dei mass
media, per giustificare in nome di una presunta "sicurezza" o "interesse
nazionale" tutta una serie di misure e interventi di natura militare
funzionali a portare avanti i loro piani che nulla hanno in comune con
gli interessi reali dei lavoratori e della gioventù e che mirano in
realtà a conquistare condizioni migliori per i profitti dei "nostri"
sfruttatori, dentro e fuori i propri confini, approfittando di un
proletariato diviso e schiacciato, arricchendosi con la guerra,
inculcando i pregiudizi nazionali o religiosi, rafforzando la reazione
in tutti i paesi.
Oggi come ieri: l'opportunismo si trasforma in social-sciovinismo
A poco più di un secolo dalla Prima Guerra Mondiale, si ripropone il
pericoloso ruolo politico dell'opportunismo, nell'ingannare le masse e
la classe lavoratrice al servizio della borghesia. L'esempio più recente
proviene proprio dalla Francia, dove il Front de Gauche (membro
francese del Partito della Sinistra Europea, di cui fa parte per
l'Italia, Rifondazione Comunista) si è accodato alla propria borghesia
imperialista votando a favore dello "Stato d'Emergenza" insieme al Front
National (FN) e gli altri partiti parlamentari. Nel suo intervento in
Parlamento, la senatrice del PCF, Éliane Assassi, ha affermato che "le
misure d'urgenza sono pienamente giustificate, gli obiettivi dello stato
d'emergenza sono ben definite" mentre il segretario del Parti de
Gauche, Mélenchon ha rafforzato il voto chiamando "all'unità della
Francia e dei francesi, al di sopra delle classi e delle parti
politiche" creando in questo modo il clima ideale per la tolleranza o
identificazione dei settori popolari nei confronti dei piani
imperialisti portando a termine un percorso opportunista avviato già da
diversi decenni. Come ci ricorda Lenin "il contenuto ideologico e
politico dell'opportunismo e del socialsciovinismo è identico: la
collaborazione delle classi invece della lotta di classe, la rinuncia ai
mezzi rivoluzionari di lotta, l'aiuto al "proprio" governo nelle
situazioni difficili, invece di utilizzare le sue difficoltà
nell'interesse della rivoluzione"vi. Allo stesso tempo, l'opportunismo
al governo in Grecia, SYRIZA, si allinea alle manovre del blocco
imperialistico dell'UE e della NATOvii e incrementa la repressione
interna contro il movimento operaio e popolare, quando per decenni si è
fatta portavoce nel paese di un generico e astratto "pacifismo" mentre
oggi al governo lavora al servizio del miglioramento delle condizioni
della "propria" borghesia nel sistema imperialista.
Nella fase
imperialistica del capitalismo internazionale, la guerra, così come la
reazione, sono elementi "connaturali" del sistema (e lo saranno fino
alla sua eliminazione), per questo è determinante smascherare e
rifiutare le visioni e costruzioni di tipo "morale" nei confronti sia
degli attentati terroristici che degli attuali conflitti militari su
scala locale o regionale che coinvolgono sempre di più le principali
potenze imperialiste viii, identificandone la sua natura imperialistica e
come essi si producano interamente nel campo del capitalismo e delle
sue contraddizioni per la ridefinizione delle zone d'influenza,
accaparramento delle risorse energetiche e delle rotte di trasporto, dei
mercati, posizioni geopolitiche ecc., in cui in base alla propria forza
politica, economica e militare, tutte le borghesie coinvolte cercano di
ottenere o difendere le loro quote. In questo anche il governo e la
borghesia imperialista italiana giocano ovviamente le proprie carte
(rivolgendo particolare attenzione alla Libia) in funzione dei propri
monopoli, in particolare ENI e Finmeccanica che ha incrementato la sua
quotazione in borsa dell'8.2% dopo gli attentati di Parigi, così come i
principali produttori di armi a livello globale ix; dimostrazione palese
che a guadagnare dalla guerra e dal terrorismo sono le multinazionali e
le borghesie ad ogni latitudine, mentre regolano i loro conti, sulla
pelle dei popoli. Le varie potenze per nascondere e legittimare i propri
obiettivi utilizzano infatti formule e pretesti quali "missioni di
pace", la "lotta per la democrazia", la "lotta contro il terrorismo", le
"questioni umanitarie" ecc., così come affinano le "mutevoli" alleanze
sul campo per condurre i propri piani, guadagnare o difendere posizioni,
indebolire l'avversario, sia a livello politico-diplomatico che
militare, in cui non c'è spazio alcuno per le aspirazioni dei popoli.
Esempio lampante di ciò è la chiamata che giunge da più parti per una
"coalizione anti-ISIS" allargata, e le proposte della Francia di
collaborazione con la Russia e persino con il governo Assad di cui non
ha mai nascosto l'intento di rovesciarlo, così come si rafforza il
legame tra la Russia e Israele x. Non bisogna riporre alcuna illusione.
Tutte queste manovre si muovono in base alle contraddizioni interne al
sistema imperialista, che possono produrre solo o una immediata "guerra
imperialista" generalizzata o una "pace imperialista" attraverso un
compromesso temporaneo xi che prepara la "guerra imperialista"
generalizzata.
Di fronte allo scenario della questione della
lotta contro l'ISIS e l'attuale conflitto in Siria, bisogna dunque aver
chiaro quali sono gli interessi che muovono tutti gli attori in campo,
smascherare le responsabilità e i piani del "nostro" imperialismo e
rifiutare di conseguenza la "chiamata" sotto qualunque forma alla difesa
dei suoi interessi. Allo stesso tempo, è un ulteriore espressione
d'"opportunismo" rivendicare una "lotta per la pace" regolata da forze
borghesi e svincolata dalla lotta rivoluzionaria xii nei paesi
imperialisti contro ogni borghesia, i suoi governi e il capitalismo,
legata alla lotta dei popoli oppressi per la loro emancipazione
dall'aggressione imperialista e il fondamentalismo religioso xiii. Solo
questa impostazione può portare ad una lotta conseguente contro
l'imperialismo e le sue guerre. E ciò è possibile solo rompendo ogni
legame con i settori politici opportunisti che nei contesti di guerra si
convertono in social-sciovinisti.
"Il socialsciovinismo consiste
nel sostenere l'idea della «difesa della patria» nella guerra attuale.
Da questa idea deriva, inoltre, la rinuncia alla lotta di classe in
tempo di guerra, l'approvazione dei crediti di guerra, ecc. In realtà, i
socialsciovinisti conducono una politica borghese antiproletaria,
perché in realtà essi sostengono non la «difesa della patria» nel senso
di una lotta contro l'oppressione straniera, ma il "diritto" di
determinate "grandi" potenze a depredare colonie e opprimere popoli
stranieri. I socialsciovinisti rinnovano ai danni del popolo l'inganno
borghese, come se la guerra si facesse per la difesa della libertà e per
l'esistenza delle nazioni, e passano così dalla parte della borghesia
contro il proletariato. Sono da annoverare tra i socialsciovinisti sia
coloro che giustificano e mettono in buona luce i governi e la borghesia
di uno dei gruppi di potenze belligeranti, sia coloro che, come
Kautsky, riconoscono ai socialisti di tutte le potenze belligeranti lo
stesso diritto di «difendere la patria»".xiv
E' notizia di questi giorni che anche
la Germania invierà tornado di ricognizione e una nave della marina in
Siria e incrementando la presenza militare in Mali passando da 200 a 650
soldati, così come il parlamento inglese ha votato a favore
dell'estensione dell'intervento dell'aeronautica britannica dall'Iraq
alla Siria.
In questo quadro di alleanze mutevoli va segnalato infatti come la
Russia stringa sempre di più il suo legame con l'alleato storico degli
USA nella regione, Israele. Nel "comune interesse della stabilità del
Medio Oriente" Israele e Russia hanno concordato un piano per
stabilizzare la regione, dove in cambio del proprio sostegno all'azione
russa, Israele ha ricevuto garanzie dalla Russia sull'asse Assad – Iran –
Hezbollah libanese nemici di Israele e in questa fase alleati della
Russia che ha promesso ad Israele di tenere sotto controllo; anche la
"questione curda" entra in gioco e sia la Russia che gli USA cercano di
usare a proprio vantaggio; gli USA stanno cercando di integrare le forze
locali curde dell'YPG in Siria (braccio del PKK – ancora tenuto dagli
USA nella lista delle organizzazioni terroriste – e nemico di Erdogan
alleato degli USA e NATO) nell'alleanza con la "coalizione
internazionale" a guida USA (a cui partecipa anche l'Italia) che sta
addestrando e armando anche i Peschmerga curdi in Iraq. A Kobane in
questo senso è giunto un contigente di Marines USA per l'addestramento
delle milizie dell'YPG. La Russia invece offre all'YPG migliori
condizioni militari in chiave anti-turca e potrebbe offrire anche la
mediazione con Assad per il riconoscimento dell'autonomia curda.
xi Le potenze coinvolte nel conflitto in Siria potrebbero giungere ad un
compromesso politico e diplomatico sulla base dei nuovi rapporti di
forza definiti dagli interventi militari in corso, dopo che l'intervento
russo ha in questo senso cambiato profondamente i rapporti di forza in
campo. Un compromesso che può portare a diversi scenari, quali lo
smembramento territoriale della Siria, una diversa spartizione
dell'influenza sul paese, un accordo sulla sostituzione di Assad.
xii "Il pacifismo e la propaganda astratta della pace sono una delle
forme di mistificazione della classe operaia. In regime capitalistico, e
specialmente nella fase imperialista, le guerre sono inevitabili. […]
Oggi la propaganda della pace, se non è accompagnata dall'appello
all'azione rivoluzionaria delle masse, può soltanto seminare illusioni,
corrompere il proletariato inculcandogli la fiducia nell'umanitarismo
della borghesia e facendo di esso un trastullo nelle mani della
diplomazia segreta delle nazioni belligeranti