L’accordo tra l’Iran e il gruppo 5+1 (membri permanenti del Consiglio
di Sicurezza più la Germania) sul controverso programma nucleare di
Teheran può rappresentare anche un’opportunità storica di
riavvicinamento tra la Repubblica Islamica e gli Stati Uniti, i cui
rapporti hanno cominciato a farsi tesi nel 1953. 1953: Il golpe
di quell’anno è per molti iraniani il peccato originale degli Stati
Uniti, che insieme al Regno Unito sostennero un piano per destituire il
primo ministro democraticamente eletto Mohammed Mossadegh e per
instaurare la monarchia dello Scià. Mossadegh fu messo fuori gioco
perché voleva nazionalizzare il petrolio iraniano, risorsa fino a quel
momento imprescindibile per l’anglo-iraniana Oil Co., oggi BP.
1957: Gli Stati Uniti firmano un accordo di cooperazione con l’Iran per la cooperazione nel campo del nucleare civile. L’accordo getta le basi del programma nucleare iraniano, che prevede l’assistenza tecnica americana e la consegna a Teheran di uranio arricchito per i suoi impianti.
Nel 1975 una compagnia della Germania occidentale aiuta l’Iran a costruire il reattore di Bushehr e l’anno successivo l’amministrazione americana sigla un nuovo accordo per la realizzazione di 23 reattori in Iran.
1979: la rivoluzione avviata dalle forze di sinistra e presto fatta propria dagli islamici mette fine a febbraio al regime dello Scià, accusato di livelli altissimi di corruzione. Le nuove autorità iraniane stracciano l’accordo con gli Usa per la costruzione dei reattori. A novembre gli studenti iraniani occupano l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran e tengono in ostaggio per 444 giorni alcuni cittadini americani.
Nel 1980 i rapporti diplomatici tra i due paesi vengono ufficialmente interrotti e gli Usa sostengono l’Iraq di Saddam Hussein nella guerra di otto anni con l’Iran.
1983: Un attentato suicida contro una base dei Marine statunitensi a Beirut fa 241 vittime. L’attacco viene attribuito dalla Casa Bianca agli sciiti libanesi di Hezbollah, sostenuti dall’Iran. Un anno dopo, l’amministrazione Reagan include la Repubblica Islamica nella lista dei paesi sponsor del terrorismo.
1988: Una nave da guerra americana, la USS Vincennes, abbatte un aereo passeggeri iraniano, uccidendo 290 persone, dopo alcuni giorni di tensioni tra navi Usa e navi iraniane nel Golfo Persico. Per Washington si tratta di un errore, tesi mai accettata da Teheran.
1997: Con l’elezione del presidente riformista Mohammad Khatami, si presenta un’opportunità di dialogo con gli Usa. In un’intervista alla Cnn, Khatami invita Washington ad «abbattere il muro di diffidenza» tra i due paesi. Nel 2000 l’allora segretario di stato, Madeleine Albright riconosce il danno allo «sviluppo politico» dell’Iran prodotto dal golpe del 1953. Nel 2001 delegati dei due paesi lavorano fianco a fianco in Germania a una soluzione politica per l’Afghanistan post-Talebani. L’inviato iraniano è Mohammad Javad Zarif, attuale ministro degli Esteri.
2002: Un gruppo iraniano di opposizione all’estero rivela l’esistenza di due siti nucleari segreti in Iran. Khatami ammette la loro esistenza e invita gli ispettori Onu, ma questo non basta per rassicurare i paesi occidentali.
2003: Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush annovera l’Iran tra i paesi dell’«Asse del male», insieme a Iraq e Corea del Nord. Collassa ogni tentativo di dialogo con Khatami. 2005: Il conservatore Mahmoud Ahmadinejad viene eletto presidente dell’Iran e segna il suo governo con una retorica fortemente anti-americana e anti-israeliana.
2013: Il moderato Hassan Rohani vince le elezioni e rimpiazza Ahmadinejad. Dà subito il segnale di voler riallacciare i rapporti con l’Occidente, anche per ridare respiro all’economia nazionale, soffocata dalle sanzioni che, nel corso degli anni, la comunità internazionale ha imposto al paese a causa del suo programma nucleare. Lo stesso anno c’è una storica telefonata tra Rohani e Obama, il contatto di più alto livello tra i due paesi dal 1979. Partono a Ginevra i colloqui internazionali per una soluzione alla questione del nucleare iraniano, conclusi oggi con la silga dell’accordo di Vienna.
1957: Gli Stati Uniti firmano un accordo di cooperazione con l’Iran per la cooperazione nel campo del nucleare civile. L’accordo getta le basi del programma nucleare iraniano, che prevede l’assistenza tecnica americana e la consegna a Teheran di uranio arricchito per i suoi impianti.
Nel 1975 una compagnia della Germania occidentale aiuta l’Iran a costruire il reattore di Bushehr e l’anno successivo l’amministrazione americana sigla un nuovo accordo per la realizzazione di 23 reattori in Iran.
1979: la rivoluzione avviata dalle forze di sinistra e presto fatta propria dagli islamici mette fine a febbraio al regime dello Scià, accusato di livelli altissimi di corruzione. Le nuove autorità iraniane stracciano l’accordo con gli Usa per la costruzione dei reattori. A novembre gli studenti iraniani occupano l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran e tengono in ostaggio per 444 giorni alcuni cittadini americani.
Nel 1980 i rapporti diplomatici tra i due paesi vengono ufficialmente interrotti e gli Usa sostengono l’Iraq di Saddam Hussein nella guerra di otto anni con l’Iran.
1983: Un attentato suicida contro una base dei Marine statunitensi a Beirut fa 241 vittime. L’attacco viene attribuito dalla Casa Bianca agli sciiti libanesi di Hezbollah, sostenuti dall’Iran. Un anno dopo, l’amministrazione Reagan include la Repubblica Islamica nella lista dei paesi sponsor del terrorismo.
1988: Una nave da guerra americana, la USS Vincennes, abbatte un aereo passeggeri iraniano, uccidendo 290 persone, dopo alcuni giorni di tensioni tra navi Usa e navi iraniane nel Golfo Persico. Per Washington si tratta di un errore, tesi mai accettata da Teheran.
1997: Con l’elezione del presidente riformista Mohammad Khatami, si presenta un’opportunità di dialogo con gli Usa. In un’intervista alla Cnn, Khatami invita Washington ad «abbattere il muro di diffidenza» tra i due paesi. Nel 2000 l’allora segretario di stato, Madeleine Albright riconosce il danno allo «sviluppo politico» dell’Iran prodotto dal golpe del 1953. Nel 2001 delegati dei due paesi lavorano fianco a fianco in Germania a una soluzione politica per l’Afghanistan post-Talebani. L’inviato iraniano è Mohammad Javad Zarif, attuale ministro degli Esteri.
2002: Un gruppo iraniano di opposizione all’estero rivela l’esistenza di due siti nucleari segreti in Iran. Khatami ammette la loro esistenza e invita gli ispettori Onu, ma questo non basta per rassicurare i paesi occidentali.
2003: Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush annovera l’Iran tra i paesi dell’«Asse del male», insieme a Iraq e Corea del Nord. Collassa ogni tentativo di dialogo con Khatami. 2005: Il conservatore Mahmoud Ahmadinejad viene eletto presidente dell’Iran e segna il suo governo con una retorica fortemente anti-americana e anti-israeliana.
2013: Il moderato Hassan Rohani vince le elezioni e rimpiazza Ahmadinejad. Dà subito il segnale di voler riallacciare i rapporti con l’Occidente, anche per ridare respiro all’economia nazionale, soffocata dalle sanzioni che, nel corso degli anni, la comunità internazionale ha imposto al paese a causa del suo programma nucleare. Lo stesso anno c’è una storica telefonata tra Rohani e Obama, il contatto di più alto livello tra i due paesi dal 1979. Partono a Ginevra i colloqui internazionali per una soluzione alla questione del nucleare iraniano, conclusi oggi con la silga dell’accordo di Vienna.
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