domenica 5 luglio 2015

Bail-in, nuovo regalo alle banche Ue

Dovrebbero inventare uno sport che assomigli alla professione del banchiere: individuale in caso di vittoria, di squadra in caso di sconfitta. La regola aurea della finanza post-Lehman (privatizzare gli utili e socializzare le perdite) trova l’ennesimo riscontro nel “bail-in”, il nuovo meccanismo di salvataggio delle banche che prevede il contributo degli azionisti, degli obbligazionisti e soprattutto (qui sta il marcio) dei correntisti.
La novità è stata introdotta in Italia giovedì scorso, quando la Camera ha approvato in via definitiva con 270 voti favorevoli, 113 contrari e 22 astenuti il disegno di legge di delegazione europea 2014, un provvedimento che delega il governo a recepire 56 direttive comunitarie e 9 decisioni quadro della Ue. Hanno votato contro Forza Italia e il Movimento 5 Stelle.
La direttiva incriminata è la Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive), che dà nuovi strumenti alle autorità per gestire le crisi bancarie, peraltro utilizzabili non solo in caso di dissesto conclamato, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà.
La norma del “bail-in” stabilisce che dal 2016 i problemi degli istituti di credito vadano risolti dall’interno, facendo pagare il salvataggio in prima istanza a chi possiede azioni e obbligazioni della banca, ed eventualmente attingendo anche ai depositi superiori ai 100mila euro (come accaduto a Cipro qualche anno fa).
L’aspetto più grave, come detto, è l’ultimo, soprattutto perché ogni governo europeo può stabilire i criteri di applicazione della regola. Ciò significa che la soglia dei 100mila euro potrebbe essere abbassata prendendo a modello la Germania, che ha ridotto il limite a 30mila euro.
In generale, la disciplina del “bail-in” è speculare a quella più nota del “bail-out”, che prevede il salvataggio delle banche con un intervento esterno e a catena, per dribblare la norma che vieta gli aiuti di Stato. L’esempio migliore è fornito dalla Grecia: i contribuenti europei hanno dato i soldi ai rispettivi Stati, i quali hanno finanziato i fondi salva-Stati (prima l’Efsf, poi l’Esm), che a loro volta hanno girato quei denari alla Banca centrale greca, da dove le risorse sono state smistati nei singoli istituti di credito ellenici, che hanno potuto così ripagare i propri debiti con le banche europee, soprattutto francesi e tedesche (la massima parte degli aiuti che abbiamo pagato per la Grecia non sono stati spesi per far ripartire l’economia ellenica, ma questa è un’altra storia).
Se l’obiettivo è salvare una banca, piuttosto che infierire sui contribuenti europei, è evidentemente più giusto far pagare in prima istanza azionisti e obbligazionisti della banca stessa, ovvero gli investitori che hanno speso i propri soldi per acquistare titoli finanziari emessi dall'istituto in questione, ben conoscendo (si spera) i rischi connessi al proprio investimento.
Per quanto riguarda i correntisti, invece, il discorso è molto diverso. I depositi fino a 100mila sono garantiti sempre e comunque dalla Banca centrale europea, che rifonde i correntisti in caso di bancarotta dell'istituto. Questo però non significa che sia lecito disporre dei depositi che superano quella soglia per le necessità di capitale della banca, magari per tappare un buco di bilancio tutt'altro che mortifero, “in via preventiva”.
La ragione è scritta nell'articolo 47 della Costituzione italiana, che al primo comma recita quanto segue: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”. A giudicare dal contenuto della nuova norma, sembra piuttosto che la Repubblica abbia scelto di tutelare le banche.
Anzi, a ben vedere non ha scelto nulla. Si è limitata a ratificare l'ennesima trovata geniale di Bruxelles, che continua ad affannarsi sempre e soltanto per garantire alle banche la rete di sicurezza più comoda possibile, aiutandole a continuare le loro evoluzioni speculative grazie alla liquidità oceanica messa a disposizione dalla Bce.
Magari, per ridare dignità all'economia reale e prevenire la prossima crisi, potrebbe essere utile concepire una più rigida regolamentazione della speculazione finanziaria. Ma chi lo farebbe, sapendo che può vincere da solo e perdere in squadra?

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