venerdì 22 maggio 2015

La via d’uscita dal debito? Tassare i grandi patrimoni

Da dove viene l’enorme debito pubblico italiano? Davvero l’unica cosa da fare, di fronte all’austerity imposta dalla finanza internazionale, è pagare, pagare, pagare? Una riflessione di brutale onestà e provocatorio pragmatismo intorno alla questione più urgente dell’agenda politica di ogni democrazia occidentale. Il debito pubblico italiano è enorme. L’intera Europa teme il collasso degli stati più fragili. Nessuna delle democrazie occidentali sembra avere più le risorse necessarie per reggere sui mercati finanziari. Ma da dove viene questo debito incombente e inestinguibile? E davvero l’unica cosa che si può fare è stringere la cinghia, obbedire ai diktat della finanza internazionale, e pagare, pagare, pagare? Francesco Gesualdi ricostruisce anzitutto la storia del fenomeno, mostrando come il debito non nasca da una serie di sfortunate circostanze e di errori di pianificazione, ma da una precisa e per lungo tempo condivisa strategia, orientata a contenere il conflitto sociale e a rafforzare la posizione di rendita di un apparato bancario e finanziario dall’appetito insaziabile. Alla lunga quella strategia ha mostrato la corda, com’era prevedibile e previsto. A quel punto le forze della inanza globale l’hanno denunciata come la disinvolta iniziativa di governi inclini allo sperpero. E soprattutto l’hanno duramente sanzionata, imponendo il ricorso a misure di austerity destinate a impoverire ulteriormente larghi strati della popolazione. Se le cose stanno così, che senso ha chiedere alla gente di onorare questo debito? Non si tratta di un ricatto che il più forte impone al più debole, dopo averlo costretto a indebitarsi in nome delle proprie ragioni e dei propri interessi? Non sarebbe più giusto e anche più praticabile costruire concrete e circostanziate strategie politiche anziché puramente finanziarie? Non sarebbe ora di ristrutturare, anziché onorare ciecamente, il debito degli stati sovrani?

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