Gli hacker italiani sono tremendi: sembra che nei giorni scorsi
abbiano preso il controllo non solo del sito dell’Expo ma perfino di
quello del Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca. Su
entrambi i siti, infatti, compare un testo uguale, destinato alle
scuole, dove si legge che all’interno del sito espositivo milanese
«non è consentito introdurre qualsiasi tipo di materiale stampato o
scritto, contenente propaganda a dottrine politiche,
ideologiche o religiose, asserzioni o concetti diversi da quelli
esplicitamente autorizzati dalle Autorità di Pubblica Sicurezza».
Dice proprio così: «asserzioni o concetti diversi da quelli esplicitamente autorizzati dalle Autorità di Pubblica Sicurezza», il che implicherebbe che misteriose Autorità di Pubblica Sicurezza possiedano una lista di «asserzioni e concetti autorizzati» e passino il loro tempo a confrontarla con tutte le innumerevoli asserzioni che proliferano su Facebook o Twitter, per verificarne la congruenza. Basterebbe Salvini a riempire le loro giornate lavorative, figuriamoci se poi si volesse controllare ciò che viene detto o scritto nelle scuole italiane che, com’è noto, contengono circa un milione di insegnanti e parecchi milioni di studenti.
Questa improbabile parodia di uno stato totalitario, dove occorre imbavagliare ogni studente che manifesti un «morboso interesse per le questioni politiche e sociali» (come recitava la motivazione dell’espulsione di Giancarlo Pajetta da tutte le scuole del Regno, anno 1927) sembra però che esista davvero e che non sia opera di hacker perché è stata fatta propria niente meno che da Maria Elena Boschi. Il Ministro per le riforme istituzionali, palesemente non rendendosi conto di ciò che diceva, ha sostenuto alla Camera che «Expo Spa è una società privata» e quindi «ai sensi dell’articolo 1341 del codice civile, chiunque voglia accedere ad Expo deve sottostare al regolamento», compreso il divieto dei concetti non preventivamente autorizzati.
Peccato che Expo non sia una società privata poiché i soci sono tutti pubblici, come ha riconosciuto esplicitamente il Consiglio di Stato in una sentenza del 4 febbraio scorso. E peccato che in Italia esista ancora un libercolo (che il ducetto maleducato e Maria Elena vorrebbero abrogare ma che per il momento resta ancora in vigore) dove all’art. 21 si specifica: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Si chiama Costituzione della Repubblica Italiana.
Il che significa che se i deliri dell’Expo e del Miur, palesemente ispirati ai testi di golpisti cileni o argentini sono reali, ci sarebbero parecchie persone che dovrebbero prendersi una lunga vacanza alle Antille: da Giuseppe Sala (commissario del governo e amministratore delegato di Expo) a Stefania Giannini (ministro dell’Istruzione) fino alla già citata Boschi che ignora non solo la natura giuridica dell’Expo ma perfino l’abc del libretto su cui ha giurato entrando in carica il 22 febbraio 2014.
Dice proprio così: «asserzioni o concetti diversi da quelli esplicitamente autorizzati dalle Autorità di Pubblica Sicurezza», il che implicherebbe che misteriose Autorità di Pubblica Sicurezza possiedano una lista di «asserzioni e concetti autorizzati» e passino il loro tempo a confrontarla con tutte le innumerevoli asserzioni che proliferano su Facebook o Twitter, per verificarne la congruenza. Basterebbe Salvini a riempire le loro giornate lavorative, figuriamoci se poi si volesse controllare ciò che viene detto o scritto nelle scuole italiane che, com’è noto, contengono circa un milione di insegnanti e parecchi milioni di studenti.
Questa improbabile parodia di uno stato totalitario, dove occorre imbavagliare ogni studente che manifesti un «morboso interesse per le questioni politiche e sociali» (come recitava la motivazione dell’espulsione di Giancarlo Pajetta da tutte le scuole del Regno, anno 1927) sembra però che esista davvero e che non sia opera di hacker perché è stata fatta propria niente meno che da Maria Elena Boschi. Il Ministro per le riforme istituzionali, palesemente non rendendosi conto di ciò che diceva, ha sostenuto alla Camera che «Expo Spa è una società privata» e quindi «ai sensi dell’articolo 1341 del codice civile, chiunque voglia accedere ad Expo deve sottostare al regolamento», compreso il divieto dei concetti non preventivamente autorizzati.
Peccato che Expo non sia una società privata poiché i soci sono tutti pubblici, come ha riconosciuto esplicitamente il Consiglio di Stato in una sentenza del 4 febbraio scorso. E peccato che in Italia esista ancora un libercolo (che il ducetto maleducato e Maria Elena vorrebbero abrogare ma che per il momento resta ancora in vigore) dove all’art. 21 si specifica: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Si chiama Costituzione della Repubblica Italiana.
Il che significa che se i deliri dell’Expo e del Miur, palesemente ispirati ai testi di golpisti cileni o argentini sono reali, ci sarebbero parecchie persone che dovrebbero prendersi una lunga vacanza alle Antille: da Giuseppe Sala (commissario del governo e amministratore delegato di Expo) a Stefania Giannini (ministro dell’Istruzione) fino alla già citata Boschi che ignora non solo la natura giuridica dell’Expo ma perfino l’abc del libretto su cui ha giurato entrando in carica il 22 febbraio 2014.
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