In quest’epoca per sembrare decisi e veritieri occorrono numeri e
percentuali, qualcosa che colpisce subito l’attenzione di chi vuole
ascoltare (o nel nostro caso di chi vuol leggere); affinché un
ragionamento politico abbia la possibilità di poter essere dibattuto
occorre collegarlo al mero ragionamento economico. Qualità della vita?
No, grazie. Accontentiamo allora il grande pubblico e parliamo
chiaramente, quanto vale l’agricoltura italiana? 48 miliardi di euro
all’anno, circa il 17% del Pil nazionale. Per non parlare di quanto
perdiamo a causa delle “agromafie”: 15, 4 miliardi di euro all’anno.
Adesso abbiamo guadagnato l’attenzione dei più.
Siamo il terzo produttore europeo nel comparto agricolo, e non si tratta solo di “buon cibo” o “buona cucina”, questo è un settore, specialmente in Italia, con enormi potenzialità. Non abbiamo un progetto, un disegno lungimirante riguardo alle politiche agricole dai tempi del ventennio: ricordate la battaglia del grano e la lotta per le bonifiche? Oltre a una lacuna abissale per quanto riguarda i programmi lungimiranti, non c’è tutela di questo settore da parte della classe dirigente nostrana. Il cibo italiano è tra i cibi maggiormente contraffatti al mondo e ogni anno perdiamo milioni e milioni di euro per la non-salvaguardia dei nostri prodotti. In ambito europeo siamo sobbarcati di prodotti agricoli scadenti che, ben miscelati con prodotti nostrani di marchi D.O.P. e altamente qualificati dal punto di vista nutrizionale, vengono offerti sul mercato come prodotti di alta qualità. Un esempio? Esiste una vera e propria speculazione che gioca sulle percentuali affinché un olio “standard” diventi magicamente “extra vergine”. Un altro punto fondamentale sono le condizioni ambientali di alcuni storici territori come la “terra dei fuochi” o le coltivazioni di riso nella pianura padana che non hanno nulla da invidiare quanto ad inquinamento. Non esiste prevenzione in questo settore, eppure, se “lo chiede l’Europa”, siamo capaci di abbattere centinaia di ulivi secolari in Salento a causa della “xylella” fastidiosa senza muovere un dito danneggiando economicamente un territorio splendido.
In Europa siamo 500 milioni di persone delle quali solo 9 milioni lavorano stabilmente nel settore primario sfamando il resto della popolazione. Dall’inizio del nuovo millennio i prezzi dei prodotti agricoli crescono sempre più e la domanda di cibo mondiale aumenta esponenzialmente. Una vera e propria sfida scientifica su come far rendere di più i propri terreni e su come aumentare la produzione. Le multinazionali alimentari (le stesse che sponsorizzano Expo) come la Monsanto rispondono che il futuro sono gli OGM e preparano il campo con il T.T.I.P. , ma chi ci guadagna? Di certo non i coltivatori italiani che saranno schiacciati dalle holding. C’è una vasta prateria dove si può investire, creare nuovi posti di lavoro e soprattutto guadagnare salvaguardando la qualità della vita. Per una volta perché non siamo noi i primi a intraprendere un nuovo percorso?
Siamo il terzo produttore europeo nel comparto agricolo, e non si tratta solo di “buon cibo” o “buona cucina”, questo è un settore, specialmente in Italia, con enormi potenzialità. Non abbiamo un progetto, un disegno lungimirante riguardo alle politiche agricole dai tempi del ventennio: ricordate la battaglia del grano e la lotta per le bonifiche? Oltre a una lacuna abissale per quanto riguarda i programmi lungimiranti, non c’è tutela di questo settore da parte della classe dirigente nostrana. Il cibo italiano è tra i cibi maggiormente contraffatti al mondo e ogni anno perdiamo milioni e milioni di euro per la non-salvaguardia dei nostri prodotti. In ambito europeo siamo sobbarcati di prodotti agricoli scadenti che, ben miscelati con prodotti nostrani di marchi D.O.P. e altamente qualificati dal punto di vista nutrizionale, vengono offerti sul mercato come prodotti di alta qualità. Un esempio? Esiste una vera e propria speculazione che gioca sulle percentuali affinché un olio “standard” diventi magicamente “extra vergine”. Un altro punto fondamentale sono le condizioni ambientali di alcuni storici territori come la “terra dei fuochi” o le coltivazioni di riso nella pianura padana che non hanno nulla da invidiare quanto ad inquinamento. Non esiste prevenzione in questo settore, eppure, se “lo chiede l’Europa”, siamo capaci di abbattere centinaia di ulivi secolari in Salento a causa della “xylella” fastidiosa senza muovere un dito danneggiando economicamente un territorio splendido.
In Europa siamo 500 milioni di persone delle quali solo 9 milioni lavorano stabilmente nel settore primario sfamando il resto della popolazione. Dall’inizio del nuovo millennio i prezzi dei prodotti agricoli crescono sempre più e la domanda di cibo mondiale aumenta esponenzialmente. Una vera e propria sfida scientifica su come far rendere di più i propri terreni e su come aumentare la produzione. Le multinazionali alimentari (le stesse che sponsorizzano Expo) come la Monsanto rispondono che il futuro sono gli OGM e preparano il campo con il T.T.I.P. , ma chi ci guadagna? Di certo non i coltivatori italiani che saranno schiacciati dalle holding. C’è una vasta prateria dove si può investire, creare nuovi posti di lavoro e soprattutto guadagnare salvaguardando la qualità della vita. Per una volta perché non siamo noi i primi a intraprendere un nuovo percorso?
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