mercoledì 8 aprile 2015

I sindaci provano ad opporsi al Governo ma la valanga di tagli è pronta a partire

Tutti a Palazzo Chigi, compreso il presidente del Consiglio, conoscono benissimo le difficoltà degli enti locali. Varare un piano da 256 milioni di tagli per le città metropolitane è irragionevole”. Nel suo percorso verso Def e legge di Stabilità, il premier Renzi dovrà vedersela con i comuni d’Italia. Sono troppi i “conti che non tornano” alla vigilia del varo del Documento economico e finanziario (venerdì), e del vertice Anci a Roma (giovedì). Firenze, Napoli e Roma sono le “città metropolitane” più colpite rispettivamente con tagli di 26, 65 e 87 milioni. Ma il rischio default interessa soprattutto migliaia di piccoli comuni, senza contare un altro bel grappolo di tagli che potrebbe arrivare dall’introduzione del criterio dei costi standard nella sanità. Ora l’esecutivo sta pensando alla local tax, che nelle intenzioni dovrebbe sostituire Imu e Tasi. Ancora non ci sono cifre, ma è chiro che tra ritocchi e trasferimenti di competenze l’operazione ha il senso di attribuire agli enti locali un potere di tassazione che il Governo avrà già “scontato” con i tagli nei trasferimenti.
Il capitolo dei tagli, tutti rigorosamente mascherati da “recupero di efficienza”, come non si stanca di ripetere il consigliere economico di Renzi, Gutgeld, oltre alla sanità riguarda anche altri settori come i trasporti. Difficile far passare come efficientamento, però, il taglio delle detrazioni fiscali, che il Sole 24 ore valuta per un miliardo e mezzo di risparmi, nonostante tutti gli abbellimenti di cui è capace Renzi tra una intervista e un twitter, e il taglio delle indennità di accompagnamento. Si tratta di voci che andranno ad incidere tutte direttamente sulla redditi e quindi sulla capacità di spesa degli italiani, e sul Pil.
L’Italia “non riparte”. E’ questa l’amara verità spiegata pochi giorni fa dal Wsj. Inevitabile, poi, che con queste misure torni ad impennarsi verso l’alto il peso del fisco, al contrario di quanto sostiene Renzi, che lamenta il mancato conteggio del bonus di 80 euro nell’allegerimento dell’Irpef. Insomma, siamo al solito gioco delle tre carte. E alle solite raccomandazioni all’indirizzo di Bruxelles, alla cui benevolenza il Governo italiano affida tutte le sue speranze di potersela cavare in autunno. Il ragionamento è facile quanto rimasticato: posto che il tasso di crescita “sperato” possa ritoccare di mezzo punto il il parametro sul deficit, sfruttando quindi la flessibilità Ue e una vaga ipotesi di posticipo del pareggio di un altro anno ancora, ci sarebbe qualche miliardo da destinare agli sgravi per le assunzioni.
Sembra la fotocopia della manovra precedente? Esatto. E' per questo che Renzi attraverserà tutti questi mesi insistendo sulla ripresa. Strappare un mezzo punto di crescita in più equivale a cavarsela e a tenere buoni i burocrati di Bruxelles.

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