Tra
le innumerevoli manifestazioni, blocchi stradali e iniziative di lotta
di questi giorni, domenica si è diffuso a Barcelona l’appello a recarsi
alla succursale del governo spagnolo muniti di sacchi di immondizia e di
rifiuti per far sentire la puzza del franchismo che sprigiona il
cosiddetto regime del ’78, nato in seguito all’autoriforma del fascismo
spagnolo.
Nonostante
si tratti di un semplice aneddoto, se ne possono trarre alcune
riflessioni. Il processo eminentemente politico al quale il Tribunale
Supremo ha sottoposto gli indipendentisti catalani, le decine di
aggressioni ai giornalisti di cui si è resa protagonista la polizia e
l’uso indiscriminato delle pallottole di gomma hanno spinto un numero
crescente di osservatori a denunciare la persistenza di vizi antichi
nelle attuali istituzioni statali.
È
il caso della deputata portoghese Joana Mortágua (del Bloco de
Esquerda), che ha affermato: “Madrid rischia di rimanere dal lato
sbagliato della storia. Sembra che la Spagna non abbia imparato niente
né da mezzo secolo di dittatura, fondata su un ferreo spagnolismo, né
dalla repressione violenta delle realtà nazionali. Il castiglianismo,
che fu l’arma dell’aristocrazia, ora è utilizzato per servire gli
interessi dell’elite economica in una Spagna unica diretta da Madrid”.
Invece
di essere messo al bando, il nazionalismo spagnolo viene oggi usato
senza risparmio, anche al di fuori della sua area di provenienza.
Secondo la deputata portoghese “è inevitable scorgere in questo
atteggiamento sia il fatto che la democrazia non ha imparato la lezione,
sia l’avvicinamento del PSOE allo spagnolismo più reazionario, che ha
sempre caratterizzato i partiti di destra. Comunque si guardi la
questione, il governo spagnolo non può negare la deriva autoritaria”.
Una
deriva che si evidenzia dalle rivelazioni dell’avvocato di Alerta
Solidaria Xavier Pellicer, il quale denuncia i maltrattamenti subiti da
un giovane militante dei Comitati di Difesa della Repubblica detenuto il
23 settembre e tuttora in carcere.
Secondo
l’associazione antirepressiva, Ferran Jolis non soltanto ha subito
maltrattamenti psicologici ma probabilmente è stato anche drogato: il
giovane infatti non ricorda alcuni momenti della prigionia, dove è stato
portato e cosa è accaduto. Jolis ha finalmente potuto parlare con il
proprio avvocato questa settimana, dopo essere stato assistito da un
legale nominato d’ufficio per un mese, periodo nel quale è stato tenuto
in isolamento.
Non
si tratta di un caso isolato. Secondo Benet Salellas, ex deputato della
CUP e avvocato di alcuni giovani detenuti nel corso delle
manifestazioni della scorsa settimana a Barcelona, una propria cliente è
stata incriminata dalla Policia Nacional con prove false e identiche a
quelle a cui i funzionari statali sono ricorsi per arrestare anche altri
manifestanti. In particolare, alla giovane in questione sarebbero state
introdotte nella borsa delle biglie di ferro che non gli appartenevano.
Una pratica poliziesca assai in auge in epoca precostituzionale.
Salellas
denuncia anche una serie di difficoltà supplementari che la Policia
Nacional riserva agli avvocati e ne denuncia un atteggiamento volto a
influenzare i giudici: la dichiarazione di un suo assistito davanti al
tribunale di Girona è avvenuta alla presenza di due agenti
incappucciati, fatto “che genera e esprime di per sé una situazione di
eccezionalità che non si addice alla realtà del nostro paese e che
inquina tutto ciò che accade in sala, perché il giudice e il fiscal
che accettano la situazione (della quale mi sono evidentemente
lamentato) vengono contagiati da questo contesto di eccezionalità e
finiscono per essere spinti a proporre e ad adottare misure che
normalmente non prenderebbero”.
Salellas
fa notare anche che la fiscalia ha chiesto per tutti i detenuti nelle
manifestazioni della scorsa settimana il carcere preventivo, secondo
un’indicazione che sembra provenire direttamente dal governo e che è
volta a spaventare e scoraggiare la partecipazione alle proteste.
La
manovra del governo tende a instaurare un clima di emergenza che, nel
nome della tutela dell’ordine costituito, finisce per calpestare i
diritti civili e politici: ancora secondo Salellas, “è un contesto che
ci porta molto indietro nel tempo”, e che è assai rischioso perché se
“tutte le prove sopra una persona senza antecedenti, giovane, con un
lavoro fisso, si riducono alla parola di un agente dei reparti
antisommossa, allora il pericolo di imprigionare gente innocente è molto
alto”.
Il
bilancio della prima settimana di protesta consiste in 28 detenuti in
carcere preventivo, 172 detenuti in seguito rilasciati, 593 feriti, tra i
quali una giovane colpita alla testa permane in gravi condizioni e 4
persone hanno perso un occhio a causa delle pallottole di gomma.
All’elenco si devono aggiungere 12 feriti a Madrid, in occasione della
manifestazione internazionalista svoltasi sabato scorso nella capitale.
I tafferugli seguiti al corteo hanno spinto la presidente della
Comunità Autonoma di Madrid, la popolare Isabel Díaz Ayuso, a dichiarare
che si dovranno restringere le autorizzazioni a manifestare. Infine per
parte delle forze dell’ordine ci sarebbe un poliziotto in gravi
condizioni in seguito a un trauma cranico riportato negli scontri a
Barcelona.
In
questo contesto, la decisione del governo di rimuovere i resti del
dittatore dal mausoleo del Valle de los Caidos, prevista per domani
mattina, sembra una mera operazione di maquillage, i cui tempi sono
stati accuratamente gestiti dal PSOE allo scopo di esibire nella
prossima campagna elettorale almeno un argomento che consenta ai
socialisti di marcare le distanze dal PP, da Ciudadanos e dal partito
neofranchista Vox.
L’esumazione
di Franco sarà trasmessa in diretta dalla televisione spagnola e un
sacerdote, figlio del colonnello Tejero (il leader del fallito colpo di
stato del 1981) celebrerà una messa. Nel frattempo, la protesta nelle
piazze catalane prosegue, sia pure con un’intensità minore rispetto alla
scorsa settimana.
Secondo
La CUP e i CDR, la mobilitazione continua è l’unica prospettiva
percorribile per uscire dal vicolo cieco nel quale lo stato spagnolo
cerca di intrappolare il movimento indipendentista, in una riedizione
repressiva che dovrebbe suonare come un avvertimento inquietante anche
per tutti i soggetti e i movimenti che lottano per un’alternativa
sociale e politica alla gabbia liberista forgiata dall’Unione Europea.
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