Secondo le stime della FAO, un terzo del cibo prodotto a livello
mondiale per il consumo umano va sprecato, nella sola Europa ogni anno
se ne sprecano circa 88 milioni di tonnellate, per un costo stimato in
circa 143 miliardi di euro l’anno. E a fare il punto, nello specifico,
sullo spreco di frutta e verdura è uno studio curato dal Joint Research Centre
della Commissione Europea (JRC), che fa il punto sul settore frutta e
verdura che contribuisce a quasi il 50% degli sprechi alimentari
generati dalle famiglie della UE a 28 Stati; si stima che ogni persona
riduca in rifiuto 35,3 kg di frutta e verdura all'anno, 14,2 kg dei
quali sarebbero evitabili.
La prima differenziazione che fa lo studio è tra il non commestibile, o rifiuto inevitabile, e il commestibile, che diventa rifiuto a causa di comportamenti di acquisto e consumo sbagliati.
Sono stati presi in esame 51 tipi di frutta e verdura acquistati, consumati e sprecati nel Regno Unito, Germania e Danimarca nel 2010, arrivando alla conclusione che 21,1 kg di rifiuti pro capite sarebbero inevitabili e 14,2 kg evitabili.
In media, il 29% (35,3 kg per persona) di frutta e verdura fresca acquistata dalle famiglie è sprecato, e di questo il 12% (14,2 kg) potrebbe non venire gettato.
Gli autori rilevano differenze a causa dei diversi livelli di comportamenti nei consumi, legati essenzialmente a fattori culturali ed economici, che influenzano direttamente la quantità di rifiuti generati.
Per esempio, i dati mostrano che sebbene gli acquisti di verdure fresche siano più bassi nel Regno Unito rispetto alla Germania, la quantità di rifiuti inevitabili generati pro-capite è quasi la stessa, mentre la quantità di rifiuti evitabili è più alta nel Regno Unito.
Il problema, dunque, non è di poco conto. In proposito, la Commissione Europea sta predisponendo la seguete serie di azioni:
- elaborazione, entro marzo 2019, di una metodologia comune europea per misurare coerentemente i rifiuti alimentari, in cooperazione con gli Stati membri e le parti interessate;
- utilizzo di una piattaforma sulle perdite e gli sprechi alimentari che riunisce organizzazioni internazionali, organi dell'UE, Stati membri, attori nella catena alimentare, per contribuire a definire le misure necessarie, facilitare e sviluppare la cooperazione, analizzare l'efficacia delle iniziative di prevenzione degli sprechi alimentari, condividere le migliori pratiche e i risultati raggiunti;
- adozione di linee guida per facilitare la donazione di cibo e la valorizzazione di alimenti non più destinati al consumo umano come alimenti per animali, senza compromettere la sicurezza di alimenti e mangimi;
- esaminare i modi per migliorare l'uso della marcatura delle date di scadenza e la loro comprensione da parte dei consumatori.
Non è detto che tali misure siano destinate a funzionare, anche perché gli interventi "dall'alto" non sempre sono veloci ed efficaci e non sempre sortiscono effetti significativi.
La cosa più importante sarebbe che ogni persona, ogni cittadini maturasse la consapevolezza che non è più momento per potersi permettere di sprecare nulla.
La prima differenziazione che fa lo studio è tra il non commestibile, o rifiuto inevitabile, e il commestibile, che diventa rifiuto a causa di comportamenti di acquisto e consumo sbagliati.
Sono stati presi in esame 51 tipi di frutta e verdura acquistati, consumati e sprecati nel Regno Unito, Germania e Danimarca nel 2010, arrivando alla conclusione che 21,1 kg di rifiuti pro capite sarebbero inevitabili e 14,2 kg evitabili.
In media, il 29% (35,3 kg per persona) di frutta e verdura fresca acquistata dalle famiglie è sprecato, e di questo il 12% (14,2 kg) potrebbe non venire gettato.
Gli autori rilevano differenze a causa dei diversi livelli di comportamenti nei consumi, legati essenzialmente a fattori culturali ed economici, che influenzano direttamente la quantità di rifiuti generati.
Per esempio, i dati mostrano che sebbene gli acquisti di verdure fresche siano più bassi nel Regno Unito rispetto alla Germania, la quantità di rifiuti inevitabili generati pro-capite è quasi la stessa, mentre la quantità di rifiuti evitabili è più alta nel Regno Unito.
Il problema, dunque, non è di poco conto. In proposito, la Commissione Europea sta predisponendo la seguete serie di azioni:
- elaborazione, entro marzo 2019, di una metodologia comune europea per misurare coerentemente i rifiuti alimentari, in cooperazione con gli Stati membri e le parti interessate;
- utilizzo di una piattaforma sulle perdite e gli sprechi alimentari che riunisce organizzazioni internazionali, organi dell'UE, Stati membri, attori nella catena alimentare, per contribuire a definire le misure necessarie, facilitare e sviluppare la cooperazione, analizzare l'efficacia delle iniziative di prevenzione degli sprechi alimentari, condividere le migliori pratiche e i risultati raggiunti;
- adozione di linee guida per facilitare la donazione di cibo e la valorizzazione di alimenti non più destinati al consumo umano come alimenti per animali, senza compromettere la sicurezza di alimenti e mangimi;
- esaminare i modi per migliorare l'uso della marcatura delle date di scadenza e la loro comprensione da parte dei consumatori.
Non è detto che tali misure siano destinate a funzionare, anche perché gli interventi "dall'alto" non sempre sono veloci ed efficaci e non sempre sortiscono effetti significativi.
La cosa più importante sarebbe che ogni persona, ogni cittadini maturasse la consapevolezza che non è più momento per potersi permettere di sprecare nulla.
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