Dunque, “buone notizie” dalla “borsa del narcotraffico” per
l’economia e il Pil del nostro Paese, stando a come vanno gli “affari”
nel 2018. Se è vero – nessun motivo per dubitarne – come ha scritto la
Commissione parlamentare Antimafia della passata legislatura nella sua
relazione conclusiva (febbraio 2018) che “mediamente nel periodo
2005-2008 all’economia criminale è stato attribuito un valore pari al
10,9% del Pil, in ascesa nel 2008 al 12,6%” ed almeno un punto
percentuale è da attribuire al commercio di stupefacenti, alla
prostituzione e al contrabbando di tabacchi lavorati, alla fine di
quest’anno il contributo alla ricchezza nazionale dovrebbe essere ancora
maggiore rispetto all’arco temporale sopra indicato soprattutto grazie
al narcotraffico che va a gonfie vele.
L’Istat, infatti, proprio in questi ultimissimi giorni ha valutato in circa lo 0,8% il valore aggiunto al Pil generato dalle attività criminali suddette (pari a circa 18 miliardi di euro, una stima prudente), ma i dati sono riferiti al 2016 e se si tiene nella dovuta considerazione i sequestri di stupefacenti da parte delle forze di polizia e delle dogane nel 2017, oltre 114tonnellate, il secondo record assoluto nei sequestri dopo quello del 2014 con oltre 154 ton, si deve ritenere un volume generale di affari e di ricchezza (mafiosa) ancor più notevoli. Un giro di affari che in ambito UE, tenuto conto dei prezzi degli stupefacenti rilevati nel 2017 in alcune piazze (Madrid, Parigi, Lisbona, Berlino, Londra, Amsterdan), oscillerebbe tra i 35 e i 38 miliardi di euro (anche in questo caso una stima prudente) ricavati dai quantitativi dei sequestri effettuati nei vari Paesi (cfr. Rapporto EMCDDA, Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, del giugno 2018). Cifre che aumentano considerando i sequestri di altre sostanze illecite tra cui Lsd (dietillamide dell’acido lisergico), Ghb (gammaidrossibutirrato), Gbl (gammabutirrolattone), ketamina, khat, catinoni e e cannabinoidi sintetici, nuove benzodiazepine. Un mercato illecito straordinariamente effervescente, dunque, con le grandi organizzazioni criminali, italiane ma anche gruppi strutturati stranieri, che lo regolano fin nei minimi dettagli lavorando strenuamente per far aumentare la domanda, con una fitta rete di spacciatori, organizzati in piccoli gruppi o singole persone, a volte insospettabili, che commerciano la merce in casa, nelle strade o recapitandola a domicilio. Merce che, a giudicare dagli ultimi dati statistici elaborati (12 ottobre scorso) con meticolosità dagli operatori interforze della DCSA, continua ad essere sempre particolarmente “voluminosa”.
Così, i circa 70mila chilogrammi di stupefacenti intercettati dall’inizio dell’anno al 30 settembre scorso (di cui oltre 41ton di hashish e 24 ton di marijuana) fanno ritenere che anche nel 2018 si supererà il tetto delle 100 tonnellate. Preoccupano (dovrebbero) non poco anche le voci circolanti in questi ultimi giorni di una possibile legalizzazione della cannabis (ipotesi che viene fatta di tanto in tanto, supportata, talvolta, anche da alcuni autorevoli magistrati) che significherebbe, con la tassazione che ne deriverebbe, un introito considerevole per le esangui casse dello Stato alla perenne ricerca di denaro per soddisfare le tante promesse fatte in campagna elettorale. La tutela della salute umana, per quei politici che pensano così di far cassa e mantenere il potere politico, passa in secondo piano. Inutile parlare di mercato parallelo a quello legale che si creerebbe inevitabilmente e che sarebbe sempre gestito dalla criminalità.
Altro denaro si ricaverebbe dalla legalizzazione del sesso a pagamento (fatturato annuo stimato dall’Istat in circa 400 milioni d euro) e anche su questo punto ci auguriamo che la classe politica dirigente faccia una profonda riflessione e non ceda ulteriormente alla suggestione di avere in ordine i conti nazionali legalizzando fenomeni criminali che vanno affrontati con leggi severe, un’ adeguata prevenzione (mai fatta seriamente, spesso rimasta sulla carta) e forze di polizia messe in condizioni di fronteggiare questi fenomeni.
L’Istat, infatti, proprio in questi ultimissimi giorni ha valutato in circa lo 0,8% il valore aggiunto al Pil generato dalle attività criminali suddette (pari a circa 18 miliardi di euro, una stima prudente), ma i dati sono riferiti al 2016 e se si tiene nella dovuta considerazione i sequestri di stupefacenti da parte delle forze di polizia e delle dogane nel 2017, oltre 114tonnellate, il secondo record assoluto nei sequestri dopo quello del 2014 con oltre 154 ton, si deve ritenere un volume generale di affari e di ricchezza (mafiosa) ancor più notevoli. Un giro di affari che in ambito UE, tenuto conto dei prezzi degli stupefacenti rilevati nel 2017 in alcune piazze (Madrid, Parigi, Lisbona, Berlino, Londra, Amsterdan), oscillerebbe tra i 35 e i 38 miliardi di euro (anche in questo caso una stima prudente) ricavati dai quantitativi dei sequestri effettuati nei vari Paesi (cfr. Rapporto EMCDDA, Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, del giugno 2018). Cifre che aumentano considerando i sequestri di altre sostanze illecite tra cui Lsd (dietillamide dell’acido lisergico), Ghb (gammaidrossibutirrato), Gbl (gammabutirrolattone), ketamina, khat, catinoni e e cannabinoidi sintetici, nuove benzodiazepine. Un mercato illecito straordinariamente effervescente, dunque, con le grandi organizzazioni criminali, italiane ma anche gruppi strutturati stranieri, che lo regolano fin nei minimi dettagli lavorando strenuamente per far aumentare la domanda, con una fitta rete di spacciatori, organizzati in piccoli gruppi o singole persone, a volte insospettabili, che commerciano la merce in casa, nelle strade o recapitandola a domicilio. Merce che, a giudicare dagli ultimi dati statistici elaborati (12 ottobre scorso) con meticolosità dagli operatori interforze della DCSA, continua ad essere sempre particolarmente “voluminosa”.
Così, i circa 70mila chilogrammi di stupefacenti intercettati dall’inizio dell’anno al 30 settembre scorso (di cui oltre 41ton di hashish e 24 ton di marijuana) fanno ritenere che anche nel 2018 si supererà il tetto delle 100 tonnellate. Preoccupano (dovrebbero) non poco anche le voci circolanti in questi ultimi giorni di una possibile legalizzazione della cannabis (ipotesi che viene fatta di tanto in tanto, supportata, talvolta, anche da alcuni autorevoli magistrati) che significherebbe, con la tassazione che ne deriverebbe, un introito considerevole per le esangui casse dello Stato alla perenne ricerca di denaro per soddisfare le tante promesse fatte in campagna elettorale. La tutela della salute umana, per quei politici che pensano così di far cassa e mantenere il potere politico, passa in secondo piano. Inutile parlare di mercato parallelo a quello legale che si creerebbe inevitabilmente e che sarebbe sempre gestito dalla criminalità.
Altro denaro si ricaverebbe dalla legalizzazione del sesso a pagamento (fatturato annuo stimato dall’Istat in circa 400 milioni d euro) e anche su questo punto ci auguriamo che la classe politica dirigente faccia una profonda riflessione e non ceda ulteriormente alla suggestione di avere in ordine i conti nazionali legalizzando fenomeni criminali che vanno affrontati con leggi severe, un’ adeguata prevenzione (mai fatta seriamente, spesso rimasta sulla carta) e forze di polizia messe in condizioni di fronteggiare questi fenomeni.
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