Chi
 si arricchisce con i circa 7000 chilometri della rete autostradale nel 
nostro paese? Sono le 24 società concessionarie sulla base di accordi 
con lo Stato regolati da sei regimi tariffari diversi. Ma a ben 
guardare, questa frammentazione si riduce praticamente a un duopolio. 
Oltre all’Anas, che gestisce anche un migliaio di chilometri finora 
senza pedaggio (come la Salerno-Reggio Calabria), ci sono un gruppo di 
società legate agli enti locali (una fra tutte: l’Autobrennero 
controllata al 45% dalle province di Trento e Bolzano) e poi i due 
colossi: Autostrade per l’Italia, di proprietà dell’Atlantia della 
famiglia Benetton, e la Sias, della famiglia Gavio. 
Ai
 Benetton fa capo oltre il 50% della rete, ai Gavio un altro 20% 
abbondante. E guardando i conti dei due operatori industriali del 
settore l’impressione è una sola: le autostrade italiane sono un affare 
d’oro, pura rendita finanziaria. Dal 2009 a oggi, nonostante la crisi 
economica, la Sias non ha mai chiuso un bilancio con utili netti 
inferiori al 14% dei ricavi. Discorso analogo si potrebbe fare per la 
società dei Benetton (nel 2014 ha registrato un utile di quasi 700 
milioni, oltre il 15% dei ricavi). Merito dell’efficienza dei gestori, 
dicono i gruppi coinvolti. Merito di una politica tariffaria e di 
aumenti dei pedaggi sconsiderati dicono i fatti e le vittime degli 
aumenti tariffari.
Nel 2014 (questi i dati che abbiamo a disposizione) i ricavi derivanti dai pedaggi hanno raggiunto la consistente cifra di 6,533 miliardi di euro. Quanto hanno incassato di questo tesoretto le casse pubbliche? Assai poco: soltanto 1,7 miliardi tra Iva (596 milioni) e canone Anas (1,132 miliardi), un canone che poi altro non è
 che il sovrapprezzo sulla tariffa utilizzato dallo Stato per la 
manutenzione delle reti non a pedaggio. Tutto il resto – 4,8 miliardi – è
 andato a rimpinguare le casse delle società private che gestiscono le 
nostre autostrade, da Gavio fino a Autostrade per l’Italia dei Benetton.
 Praticamente su
 ogni chilometro di autostrada, lo Stato incassa “solo” 300 milioni, 
rispetto agli 850 che finiscono alle concessionarie. Quasi il triplo
Con
 i nuovi e ingiustificati aumenti delle tariffe autostradali, più di 300
 milioni all’anno di oneri aggiuntivi ricadranno sulle spalle 
dell’autotrasporto – denuncia Trasportounito una delle organizzazioni 
degli autotrasportatori. E’ questa la prima stima del conto che il 
rincaro dei pedaggi autostradali, recentemente autorizzato dal Governo, 
ha presentato alle imprese di autotrasporto. E per imprese che, dopo 
anni e anni di crisi, viaggiano sulla lama del rasoio della 
sopravvivenza questo nuovo colpo, sommato al recente rincaro nei costi 
di energia e carburante, è tale da provocare una nuova epidemia di crack
 finanziari e di aumenti dei prezzi generalizzati che si riverberanno 
sui conti delle famiglie e dei consumatori.
“Drammaticamente
 si perpetua – afferma Maurizio Longo, Segretario generale di 
Trasportounito – una distorsione di mercato che favorisce le rendite di 
posizione dei concessionari autostradali, non a caso puntualmente in 
testa alle classifiche dei benestanti italiani, a discapito di chi la 
rete autostradale, regalata ai concessionari, si trova costretto a 
utilizzare”.
“Puntualmente,
 con il rincaro dei pedaggi – afferma Longo – si rinnova un modello di 
rapporto Stato-concessionari privo di trasparenza: gli aumenti sono 
basati su parametri i cui valori sono discrezionali; le premialità 
riconosciute sugli investimenti sull’infrastruttura appaiono grottesche 
in quanto dovrebbe essere già prevista la remunerazione sul capitale 
investito; le 27 concessionarie scaricano sul mercato il rischio di 
impresa spalmandolo fra lavori in house, rinnovi di concessioni senza 
gara, costanti contributi pubblici, defiscalizzazioni e garanzie “.
“Anche
 quest’anno il rincaro medio del 2,74% – conclude Longo – non segue la 
logica dell’inflazione (1,2%) né, tantomeno, procedure contrattuali 
standardizzate, poiché i contenuti delle concessioni restano 
inspiegabilmente secretati e quindi possiamo immaginare trattative 
bilaterali e rapporti di forza con tutte le spese e i rischi a carico 
del contribuente e dell’utente finale”.
Secondo
 una relazione dell’Autority dei Trasporti, sui pedaggi autostradali si è
 registrato un aumento spaventoso dei guadagni -praticamente il 270% – 
passando da 2,5 miliardi di euro nel 1993 a 6,5 miliardi nel 2012. Un 
trend che continua ad aumentare con guadagni stellari, e con un sistema 
che rende le società concessionarie praticamente eterne. La principale 
concessionaria, Autostrade per l’Italia (Benetton) manterrà la gestione –
 e dunque i ricavi – fino al 2038. Una immagine plastica e niente 
affatto “dinamica” del capitalismo meramente parassitario.
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