mercoledì 10 gennaio 2018

Iran : Chi pesca nel torbido?

Ben pochi analisti credono alla buona fede degli Statunitensi quando dicono di voler dare una mano "alle manifestazioni " in Iran, tanto sono stati manifesti e plurimi negli ultimi tempi i segni di animosità di Washington nei confronti del popolo iraniano : 
 
Dal discorso offensivo di Trump alla tribuna dell’ONU nel mese di settembre, quando ha definito gli Iraniani una "nazione terrorista", alle misure del "Muslim Ban" (il divieto di ingresso negli USA dei cittadini di alcuni paesi mussulmani, ndt), passando per i piani che Washington continua a ordire nella regione, una costante resta ferma: contrastare l’ascesa dell’Iran come Stato sovrano che ha portato il gigante agonizzante da un fallimento all’altro.
 
Che delle manifestazioni di carattere economico in Iran siano oggetto dei tweet incendiari della presidenza USA in questo periodo di vacanze, o che facciano la loro apparizione nell’ordine del giorno dei lavori della « commissione di Difesa al Senato », è qualcosa di inaudito che sta per accadere: il gigante agonizzante che sono gli USA credono di potere rovesciare l’ordine politico attuale e gettare uno dei rari Stati al mondo che tiene loro testa in una situazione di caos cronico, tagliare di netto il suo slancio miracoloso.
 
Giovedì, venerdì e sabato, alcune città iraniane sono state teatro di proteste sociali: non così ampie come lasciano credere le immagini girate coi telefonini e diffuse senza tregua sugli schermi di France 24, della CNN, della BBC o anche nelle reti sociali, ma abbastanza importanti perché il governo ne tenga conto. Infatti le misure intraprese dal governo del presidente Rohani per portare l’Iran in una economia di libero scambio fanno fatica a passare: la soppressione delle sovvenzioni, l’aumento dei prezzi, le tasse... non sono piaciute a una parte della popolazione che chiede al governo di agire con maggiore moderazione e competenza.
 
 Ma da qui a vedere in queste manifestazioni, che restano l’esercizio supremo della democrazia, un tentativo di “rivoluzione”, è un passo che solo i Think Tank « sorosisti » e i loro alleati in seno all’amministrazione USA sono pronti a fare. Vittime della loro stessa malafede, ciò che i media mainstream non hanno mostrato negli ultimi tre giorni sui loro schermi, è questa massa popolare iraniana che ha preso subito le distanze dai « black bloc incappucciati » che si sono infiltrate tra i manifestanti, con l’intenzione evidente di seminare il disordine e perturbare le dimostrazioni pacifiche.
 
In un articolo datato domenica, il "New York Times" invita solennemente il presidente USA a « non rendersi ridicolo », inviando a vanvera i tweet agli Iraniani, perché questi ultimi « hanno difficoltà a credergli». Il giornale gli ricorda la sua politica fondamentalmente ostile all’Iran, la sua ossessione nell’attribuire a questo paese la responsabilità di tutti i mali del pianeta e le sue minacce incessanti contro la nazione iraniana, concludendo con un invito a tacere ed a lasciare che gli Iraniani risolvano i loro problemi interni da se stessi. Il New York Times mette soprattutto Trump in guardia contro "l’errore commesso" dal suo predecessore, Barak Obama : « Nel 2009 Obama ha pensato di potere rovesciare il governo iraniano appoggiando i disordini post-elettorali ed ha finito col dovere andare a Canossa e col dovere negoziare con il governo iraniano un accordo nucleare del quale Trump non smette di denunciare le pecche. Difficile da considerare Trump più forte e più dotato di Obama. Che Trump taccia dunque, se non vuole essere costretto a negoziare con l’Iran un "PGAC" bis che istituzionalizzi il peso e l’influenza iraniana in Medio Oriente»

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