L’amministrazione Obama era ben al corrente fin dal 2011 del fatto
che i Fratelli musulmani egiziani pianificavano l’instaurazione di un
regime islamista nel Paese che avrebbe emulato il modello turco di
Erdogan, con progressivo controllo degli apparati militari attraverso
l’inserimento di propri uomini nell’establishment.
Non solo, ma il direttivo dei Fratelli musulmani ha anche intrattenuto rapporti con la “lobby” di Davos per degli accordi finanziari con il nuovo governo islamista egiziano.
È quanto emerge da alcune email scambiate tra Hillary Clinton e alcuni suoi collaboratori (tra cui Jacob Sullivan e Robert Russo) e pubblicate da Wikileaks.
In un primo documento viene infatti rivelato come alti membri della Fratellanza egiziana, in accordo con l’ex leader supremo Mohamed Badie e con i suoi più stretti collaboratori, fossero convinti che l’Egitto sarebbe diventato uno stato islamico in seguito all’elezione del governo guidato dal FJP. L’esecutivo e l’esercito avrebbero dunque collaborato a guidare il Paese in base a principi islamici. A tal fine i Fratelli musulmani avrebbero attentamente monitorato le opinioni dei militari egiziani, convinti del fatto che il 90% di loro avrebbe appoggiato l’instaurazione di un regime islamista.
Il direttivo dei Fratelli musulmani egiziani faceva affidamento, a loro dire, sul fatto che molti ufficiali egiziani rientravano dagli Usa, dove avevano preso parte a corsi di addestramento, con forte sentimento di ostilità nei confronti della società occidentale e delle organizzazioni cristiane ed ebraiche, percepite come nemiche dell’islam.
Badie puntualizzava inoltre che il processo doveva essere implementato con molta calma e cautela onde evitare di allarmare lo Scaf (Il Consiglio Supremo delle Forze Armate) ma l’obiettivo era quello di rimpiazzare ufficiali di stampo laico con islamisti fedeli al regime in modo da poter controllare l’esercito.
Un intento, quello dei Fratelli musulmani egiziani, altamente prevedibile e di fatto già ipotizzato e previsto quando Morsi era in procinto di andare al governo, tant’è che l’esito del “piano islamista” è ben noto.
L’aspetto più interessante però è legato al fatto che i Fratelli musulmani hanno da subito fatto sapere che sarebbero stati più che disponibili ad intrattenere rapporti con le grandi aziende occidentali nel momento in cui avessero riconosciuto l’autorità del nuovo governo islamista.
Fu Mohamed Badie stesso ad affermare di essere molto soddisfatto dell’attenzione data ai Fratelli musulmani egiziani all’annuale riunione del World Economic Forum di Davos, convinto del fatto che i capi di Stato occidentali avrebbero accettato la “nuova forza politica dominante” in Egitto, orientando così le proprie politiche estere ed economiche in modo tale da trovare un equilibrio tra le loro esigenze e quelle del nuovo governo islamista. A sua volta, anche quest’ultimo dovuto bilanciare la propria politica per intrattenere rapporti con l’ambito economico-finanziario occidentale e nel contempo implementare la transizione verso uno Stato fondato sull’islamismo, convinto del fatto che governi, aziende e banche occidentali avrebbero prosperato con il nuovo governo della Fratellanza.
Non solo, ma il direttivo dei Fratelli musulmani si era detto soddisfatto dell’esito degli incontri con l’amministrazione Obama e con il Fondo Monetario Internazionale, i quali avrebbero accettato l’idea di uno stato islamico instaurato in Egitto. Il direttivo aveva inoltre incoraggiato l’arrivo al Cairo di alcune delegazioni di leader di aziende statunitensi programmato per febbraio e marzo 2012.
Sempre secondo il direttivo della Fratellanza, i rapporti con l’amministrazione Obama e con altre istituzioni occidentali avrebbero reso più difficile per l’esercito e i laici l’opposizione al nuovo governo di stampo islamista.
Il rapporto tra amministrazione Obama e i Fratelli musulmani preoccupava diversi Paesi dell’area mediorientale, non soltanto il governo di Bashar al-Assad, ben consapevole delle manovre del ramo siriano della Fratellanza, per mettere in atto lo stesso piano in Siria (come del resto già tentato in Tunisia) ma anche gli Emirati Arabi che avevano chiaramente definito i Fratelli Musulmani uno strumento manipolatore di Washington, mettendoli così al bando come organizzazione terrorista, come già fatto da Russia e Siria.
Uno strumento, quello della Fratellanza, utilizzato per rovesciare le leadership di diversi Paesi mediorientali attraverso il meccanismo politico elettorale che avrebbe così garantito una parvenza di “legalità” ai governi-regime “democraticamente eletti”, anche se poi di “democratico” si è visto ben poco, come ha dimostrato il disastroso anno di governo Morsi e come ancora oggi è tristemente documentato nella Turchia di Erdogan. In Tunisia, con il governo Ennahda ha prosperato il salafismo militante ed è riemerso il problema Ansar al-Sharia, mentre oppositori come Choukri Belaid e Mohamed Brahmi venivano assassinati.
Vale inoltre la pena ricordare che il 3 giugno 2015 il il Washington Times aveva reso noto che le linee guida per il supporto ai Fratelli Musulmani erano state delineate in una direttiva segreta, la Presidential Study Directive-11 (PSD-11) del 2011, che esponeva le linee guida per la riforma politica pianificata in Medio Oriente e in Nord Africa in quel periodo. La portavoce del National Security Council della Casa Bianca aveva rifiutato di rilasciare dichiarazioni al riguardo al quotidiano di Washington…..”We have nothing for you on this”.
L’analista anti-terrorismo statunitense Patrick Poole aveva confermato tale strategia, aggiungendo in un’intervista che la “dottrina-Obama” di sostituire i vecchi regimi mediorientali con la democrazia dei cosiddetti “Islamisti moderati” era sostenuta anche dalla precedente amministrazione Bush.
Del resto i fatti parlano chiaro: in Egitto l’amministrazione Obama appoggiò fino alla fine il governo dei Fratelli musulmani, andando contro la volontà del popolo egiziano, sceso nelle piazze per chiedere elezioni anticipate dopo un anno di “regime” islamista. Si arrivò al punto che l’ex ambasciatrice americana, Anne Patterson, fu pesantemente contestata dal popolo egiziano e costretta a lasciare in gran fretta il Cairo, per aver appoggiato fino all’ultimo Morsi.
La Patterson venne del resto immortalata a suo tempo assieme all’ex guida dei Fratelli musulmani, Mohamed Badie e più avanti, durante un evento universitario negli Stati Uniti, mentre faceva il gesto delle quattro dita di Rabaa, simbolo della protesta pro-Morsi, assieme a una sostenitrice della Fratellanza.
Insomma, l’ex Amministrazione Obama non fece granchè per nascondere le proprie simpatie per l’islamismo della Fratellanza, magari nella speranza di poter promuovere in Medio Oriente una serie di governi “amici”, ma di fatto “amici” di chi?
Non solo, ma il direttivo dei Fratelli musulmani ha anche intrattenuto rapporti con la “lobby” di Davos per degli accordi finanziari con il nuovo governo islamista egiziano.
È quanto emerge da alcune email scambiate tra Hillary Clinton e alcuni suoi collaboratori (tra cui Jacob Sullivan e Robert Russo) e pubblicate da Wikileaks.
In un primo documento viene infatti rivelato come alti membri della Fratellanza egiziana, in accordo con l’ex leader supremo Mohamed Badie e con i suoi più stretti collaboratori, fossero convinti che l’Egitto sarebbe diventato uno stato islamico in seguito all’elezione del governo guidato dal FJP. L’esecutivo e l’esercito avrebbero dunque collaborato a guidare il Paese in base a principi islamici. A tal fine i Fratelli musulmani avrebbero attentamente monitorato le opinioni dei militari egiziani, convinti del fatto che il 90% di loro avrebbe appoggiato l’instaurazione di un regime islamista.
Il direttivo dei Fratelli musulmani egiziani faceva affidamento, a loro dire, sul fatto che molti ufficiali egiziani rientravano dagli Usa, dove avevano preso parte a corsi di addestramento, con forte sentimento di ostilità nei confronti della società occidentale e delle organizzazioni cristiane ed ebraiche, percepite come nemiche dell’islam.
Badie puntualizzava inoltre che il processo doveva essere implementato con molta calma e cautela onde evitare di allarmare lo Scaf (Il Consiglio Supremo delle Forze Armate) ma l’obiettivo era quello di rimpiazzare ufficiali di stampo laico con islamisti fedeli al regime in modo da poter controllare l’esercito.
Un intento, quello dei Fratelli musulmani egiziani, altamente prevedibile e di fatto già ipotizzato e previsto quando Morsi era in procinto di andare al governo, tant’è che l’esito del “piano islamista” è ben noto.
L’aspetto più interessante però è legato al fatto che i Fratelli musulmani hanno da subito fatto sapere che sarebbero stati più che disponibili ad intrattenere rapporti con le grandi aziende occidentali nel momento in cui avessero riconosciuto l’autorità del nuovo governo islamista.
Fu Mohamed Badie stesso ad affermare di essere molto soddisfatto dell’attenzione data ai Fratelli musulmani egiziani all’annuale riunione del World Economic Forum di Davos, convinto del fatto che i capi di Stato occidentali avrebbero accettato la “nuova forza politica dominante” in Egitto, orientando così le proprie politiche estere ed economiche in modo tale da trovare un equilibrio tra le loro esigenze e quelle del nuovo governo islamista. A sua volta, anche quest’ultimo dovuto bilanciare la propria politica per intrattenere rapporti con l’ambito economico-finanziario occidentale e nel contempo implementare la transizione verso uno Stato fondato sull’islamismo, convinto del fatto che governi, aziende e banche occidentali avrebbero prosperato con il nuovo governo della Fratellanza.
Non solo, ma il direttivo dei Fratelli musulmani si era detto soddisfatto dell’esito degli incontri con l’amministrazione Obama e con il Fondo Monetario Internazionale, i quali avrebbero accettato l’idea di uno stato islamico instaurato in Egitto. Il direttivo aveva inoltre incoraggiato l’arrivo al Cairo di alcune delegazioni di leader di aziende statunitensi programmato per febbraio e marzo 2012.
Sempre secondo il direttivo della Fratellanza, i rapporti con l’amministrazione Obama e con altre istituzioni occidentali avrebbero reso più difficile per l’esercito e i laici l’opposizione al nuovo governo di stampo islamista.
Il rapporto tra amministrazione Obama e i Fratelli musulmani preoccupava diversi Paesi dell’area mediorientale, non soltanto il governo di Bashar al-Assad, ben consapevole delle manovre del ramo siriano della Fratellanza, per mettere in atto lo stesso piano in Siria (come del resto già tentato in Tunisia) ma anche gli Emirati Arabi che avevano chiaramente definito i Fratelli Musulmani uno strumento manipolatore di Washington, mettendoli così al bando come organizzazione terrorista, come già fatto da Russia e Siria.
Uno strumento, quello della Fratellanza, utilizzato per rovesciare le leadership di diversi Paesi mediorientali attraverso il meccanismo politico elettorale che avrebbe così garantito una parvenza di “legalità” ai governi-regime “democraticamente eletti”, anche se poi di “democratico” si è visto ben poco, come ha dimostrato il disastroso anno di governo Morsi e come ancora oggi è tristemente documentato nella Turchia di Erdogan. In Tunisia, con il governo Ennahda ha prosperato il salafismo militante ed è riemerso il problema Ansar al-Sharia, mentre oppositori come Choukri Belaid e Mohamed Brahmi venivano assassinati.
Vale inoltre la pena ricordare che il 3 giugno 2015 il il Washington Times aveva reso noto che le linee guida per il supporto ai Fratelli Musulmani erano state delineate in una direttiva segreta, la Presidential Study Directive-11 (PSD-11) del 2011, che esponeva le linee guida per la riforma politica pianificata in Medio Oriente e in Nord Africa in quel periodo. La portavoce del National Security Council della Casa Bianca aveva rifiutato di rilasciare dichiarazioni al riguardo al quotidiano di Washington…..”We have nothing for you on this”.
L’analista anti-terrorismo statunitense Patrick Poole aveva confermato tale strategia, aggiungendo in un’intervista che la “dottrina-Obama” di sostituire i vecchi regimi mediorientali con la democrazia dei cosiddetti “Islamisti moderati” era sostenuta anche dalla precedente amministrazione Bush.
Del resto i fatti parlano chiaro: in Egitto l’amministrazione Obama appoggiò fino alla fine il governo dei Fratelli musulmani, andando contro la volontà del popolo egiziano, sceso nelle piazze per chiedere elezioni anticipate dopo un anno di “regime” islamista. Si arrivò al punto che l’ex ambasciatrice americana, Anne Patterson, fu pesantemente contestata dal popolo egiziano e costretta a lasciare in gran fretta il Cairo, per aver appoggiato fino all’ultimo Morsi.
La Patterson venne del resto immortalata a suo tempo assieme all’ex guida dei Fratelli musulmani, Mohamed Badie e più avanti, durante un evento universitario negli Stati Uniti, mentre faceva il gesto delle quattro dita di Rabaa, simbolo della protesta pro-Morsi, assieme a una sostenitrice della Fratellanza.
Insomma, l’ex Amministrazione Obama non fece granchè per nascondere le proprie simpatie per l’islamismo della Fratellanza, magari nella speranza di poter promuovere in Medio Oriente una serie di governi “amici”, ma di fatto “amici” di chi?
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