I movimenti dei credit default swaps [derivati che assicurano contro
l’eventualità di default, NdT] suggeriscono preoccupazioni sulle derive
politiche anti-euro in Italia.
Nel luglio 2011 uno speciale incantesimo si impossessò di alcuni membri della comunità finanziaria di New York. Se foste entrati in un ufficio di Manhattan aspettandovi di discutere del mercato azionario americano con un investitore che detiene solo fondi di investimento, vi sareste accorti che egli in realtà aveva la mente fissa sul debito pubblico italiano.
Le vendite allo scoperto dei titoli di stato della terza maggiore economia dell’eurozona erano diventate così diffuse che anche i non-specialisti del debito avevano iniziato a notarle, e i costi crescenti per il governo italiano erano il segno di una crisi che si stava diffondendo e che avrebbe intrappolato molti paesi europei e le loro banche, minacciando infine lo stesso futuro dell’euro.
Le turbolenze politiche — una coalizione di governo che si dibatteva tra piani di austerità e accuse di corruzione — erano in rotta di collisione con la dura realtà economica del più grande stock di debito in Europa.
Quasi sei anni dopo, un governo provvisorio è incaricato di gestire la situazione, dopo che in dicembre Matteo Renzi ha rassegnato le dimissioni da Primo Ministro, con i populisti del Movimento 5 Stelle in testa ai sondaggi d’opinione. I rendimenti dei titoli a 10 anni sono di nuovo in salita, sebbene a un livello molto più basso di allora: dall’1,74 percento di inizio anno al 2,36 percento di lunedì.
La questione, per chi investe in titoli e ha la memoria lunga, è il perché di questa tendenza, e il quanto ancora i rendimenti possano aumentare, dato che i maggiori rendimenti spingono verso il basso il valore dei bond già esistenti, i quali offrono pagamenti di cedole che erano stati fissati al momento dell’emissione.
Una spiegazione rassicurante sarebbe l’aumento globale dei tassi di interesse dopo l’elezione di Donald Trump negli USA a novembre. Le condizioni economiche stanno migliorando in tutta Europa, Italia inclusa, e i segni della ripresa dell’inflazione potrebbero portare a dei cambiamenti nelle politiche monetarie determinanti per gli oneri finanziari del debito.
La Banca Centrale Europea ad aprile ridurrà la quantità di titoli acquistati da 80 miliardi di euro al mese a 60 miliardi, e molti investitori hanno iniziato a discutere sul quando verranno applicate ulteriori riduzioni a questo programma, che era stato ideato per abbattere i tassi di interesse pagati dai governi e dalle imprese dell’eurozona.
John Wraith, esperto di tassi di interesse per UBS, dice di aspettarsi l’annuncio di ulteriori riduzioni nell’acquisto di titoli già da settembre, e i mercati hanno già iniziato ad anticiparne gli effetti.
Secondo Tradeweb la differenza, o spread, tra rendimenti dei titoli italiani e tedeschi questa settimana ha raggiunto il massimo degli ultimi tre anni, collocandosi a 2,02 punti percentuali. Il debito tedesco è considerato il più sicuro d’Europa, mentre restano delle preoccupazioni sulla sostenibilità dello stock di debito italiano. “La BCE è riuscita a far dileguare queste preoccupazioni schiacciando gli spread” dice Wraith.
Eppure alcuni sostengono che i rendimenti più alti non siano causati dalle prospettive di minore stimolo, suggerendo che i cambiamenti avvengano indipendentemente dalla politica della BCE.
Erjon Satko, esperto della Bank of America Merril Lynch, si concentra sul mercato dei credit default swap (CDS), che sono una forma di assicurazione finanziaria. In teoria la differenza di prezzo tra CDS e buoni del tesoro dovrebbe essere minima, dato che entrambi riflettono una valutazione su quanto il paese sia in grado di adempiere alle proprie obbligazioni finanziarie, e in effetti nel 2013 e 2014 era più o meno così.
L’acquisto di titoli da parte della BCE ha però fatto divergere i prezzi di CDS e titoli del debito. Se fosse vero che l’influenza delle autorità monetarie sul prezzo dei titoli sta diminuendo, allora la divergenza dovrebbe ridursi, ma finora questo non è successo.
Al contrario, le variazioni dei rendimenti dei titoli italiani, dice Satko, “dipendono dalle condizioni politiche interne. Se guardate il sistema politico italiano, vedrete che nelle prossime elezioni avrete un governo molto diviso, nel quale sarà molto difficile prendere delle decisioni.
“Potrebbe anche trattarsi delle imminenti elezioni presidenziali in Francia, dove la promessa fatta dal candidato di destra, Marine Le Pen, di portare il paese fuori dall’euro, ha attirato molto l’attenzione degli investitori. Ma l’Italia potrebbe tornare di nuovo al centro dell’attenzione in maggio, non appena il Presidente francese sarà stato eletto.
“Sono più preoccupato per l’Italia che per la Francia“, dice Andrew Bosomworth, responsabile della gestione del portafoglio di Pimco, azienda di investimenti obbligazionari.
I partiti euroscettici non includono solo il Movimento 5 Stelle, ma anche la Lega Nord, Fratelli d’Italia e perfino il partito dell’ex Primo Ministro Silvio Berlusconi.
Il crescente scetticismo è una ragione di preoccupazione per gli investitori, dice Bosomworth, a causa delle “condizioni economiche del paese che ne stanno alla base, la bassa crescita che rende meno sostenibile la posizione dell’Italia all’interno dell’eurozona“.
Se si aggiusta la crescita per l’inflazione e la variazione demografica, l’economia italiana non cresce più da quando è entrata nell’euro, nel 1999. Il tasso di disoccupazione è all’11,9 percento, ai livelli del 1998, mentre la disoccupazione giovanile e i crediti in sofferenza detenuti dalle banche sono aumentati.
Una moneta più leggera potrebbe essere di aiuto, ma si tratta di un rimedio non disponibile per i paesi membri dell’euro. I maggiori costi del debito, intanto, complicano i problemi per un paese dove il debito conta per più del 130% del prodotto interno lordo.
Per ora le banche riportano che ci sono relativamente pochi investitori che vendono allo scoperto il debito italiano. Non è strettamente necessario che gli investitori scommettano contro i titoli italiani per spingerne in alto i rendimenti; è sufficiente che essi preferiscano fare altri investimenti.
Jim Leavis, responsabile dei redditi fissi per gli investimenti M&G, dice che “l’Italia è stato il maggiore beneficiario del quantitative easing“, e che gli unici titoli pubblici italiani che ha scelto di acquistare, per il momento, giungono a maturazione quest’anno. “Non penso di riuscire a capire nulla delle prospettive della politica italiana“, dice.
Nel luglio 2011 uno speciale incantesimo si impossessò di alcuni membri della comunità finanziaria di New York. Se foste entrati in un ufficio di Manhattan aspettandovi di discutere del mercato azionario americano con un investitore che detiene solo fondi di investimento, vi sareste accorti che egli in realtà aveva la mente fissa sul debito pubblico italiano.
Le vendite allo scoperto dei titoli di stato della terza maggiore economia dell’eurozona erano diventate così diffuse che anche i non-specialisti del debito avevano iniziato a notarle, e i costi crescenti per il governo italiano erano il segno di una crisi che si stava diffondendo e che avrebbe intrappolato molti paesi europei e le loro banche, minacciando infine lo stesso futuro dell’euro.
Le turbolenze politiche — una coalizione di governo che si dibatteva tra piani di austerità e accuse di corruzione — erano in rotta di collisione con la dura realtà economica del più grande stock di debito in Europa.
Quasi sei anni dopo, un governo provvisorio è incaricato di gestire la situazione, dopo che in dicembre Matteo Renzi ha rassegnato le dimissioni da Primo Ministro, con i populisti del Movimento 5 Stelle in testa ai sondaggi d’opinione. I rendimenti dei titoli a 10 anni sono di nuovo in salita, sebbene a un livello molto più basso di allora: dall’1,74 percento di inizio anno al 2,36 percento di lunedì.
La questione, per chi investe in titoli e ha la memoria lunga, è il perché di questa tendenza, e il quanto ancora i rendimenti possano aumentare, dato che i maggiori rendimenti spingono verso il basso il valore dei bond già esistenti, i quali offrono pagamenti di cedole che erano stati fissati al momento dell’emissione.
Una spiegazione rassicurante sarebbe l’aumento globale dei tassi di interesse dopo l’elezione di Donald Trump negli USA a novembre. Le condizioni economiche stanno migliorando in tutta Europa, Italia inclusa, e i segni della ripresa dell’inflazione potrebbero portare a dei cambiamenti nelle politiche monetarie determinanti per gli oneri finanziari del debito.
La Banca Centrale Europea ad aprile ridurrà la quantità di titoli acquistati da 80 miliardi di euro al mese a 60 miliardi, e molti investitori hanno iniziato a discutere sul quando verranno applicate ulteriori riduzioni a questo programma, che era stato ideato per abbattere i tassi di interesse pagati dai governi e dalle imprese dell’eurozona.
John Wraith, esperto di tassi di interesse per UBS, dice di aspettarsi l’annuncio di ulteriori riduzioni nell’acquisto di titoli già da settembre, e i mercati hanno già iniziato ad anticiparne gli effetti.
Secondo Tradeweb la differenza, o spread, tra rendimenti dei titoli italiani e tedeschi questa settimana ha raggiunto il massimo degli ultimi tre anni, collocandosi a 2,02 punti percentuali. Il debito tedesco è considerato il più sicuro d’Europa, mentre restano delle preoccupazioni sulla sostenibilità dello stock di debito italiano. “La BCE è riuscita a far dileguare queste preoccupazioni schiacciando gli spread” dice Wraith.
Eppure alcuni sostengono che i rendimenti più alti non siano causati dalle prospettive di minore stimolo, suggerendo che i cambiamenti avvengano indipendentemente dalla politica della BCE.
Erjon Satko, esperto della Bank of America Merril Lynch, si concentra sul mercato dei credit default swap (CDS), che sono una forma di assicurazione finanziaria. In teoria la differenza di prezzo tra CDS e buoni del tesoro dovrebbe essere minima, dato che entrambi riflettono una valutazione su quanto il paese sia in grado di adempiere alle proprie obbligazioni finanziarie, e in effetti nel 2013 e 2014 era più o meno così.
L’acquisto di titoli da parte della BCE ha però fatto divergere i prezzi di CDS e titoli del debito. Se fosse vero che l’influenza delle autorità monetarie sul prezzo dei titoli sta diminuendo, allora la divergenza dovrebbe ridursi, ma finora questo non è successo.
Al contrario, le variazioni dei rendimenti dei titoli italiani, dice Satko, “dipendono dalle condizioni politiche interne. Se guardate il sistema politico italiano, vedrete che nelle prossime elezioni avrete un governo molto diviso, nel quale sarà molto difficile prendere delle decisioni.
“Potrebbe anche trattarsi delle imminenti elezioni presidenziali in Francia, dove la promessa fatta dal candidato di destra, Marine Le Pen, di portare il paese fuori dall’euro, ha attirato molto l’attenzione degli investitori. Ma l’Italia potrebbe tornare di nuovo al centro dell’attenzione in maggio, non appena il Presidente francese sarà stato eletto.
“Sono più preoccupato per l’Italia che per la Francia“, dice Andrew Bosomworth, responsabile della gestione del portafoglio di Pimco, azienda di investimenti obbligazionari.
I partiti euroscettici non includono solo il Movimento 5 Stelle, ma anche la Lega Nord, Fratelli d’Italia e perfino il partito dell’ex Primo Ministro Silvio Berlusconi.
Il crescente scetticismo è una ragione di preoccupazione per gli investitori, dice Bosomworth, a causa delle “condizioni economiche del paese che ne stanno alla base, la bassa crescita che rende meno sostenibile la posizione dell’Italia all’interno dell’eurozona“.
Se si aggiusta la crescita per l’inflazione e la variazione demografica, l’economia italiana non cresce più da quando è entrata nell’euro, nel 1999. Il tasso di disoccupazione è all’11,9 percento, ai livelli del 1998, mentre la disoccupazione giovanile e i crediti in sofferenza detenuti dalle banche sono aumentati.
Una moneta più leggera potrebbe essere di aiuto, ma si tratta di un rimedio non disponibile per i paesi membri dell’euro. I maggiori costi del debito, intanto, complicano i problemi per un paese dove il debito conta per più del 130% del prodotto interno lordo.
Per ora le banche riportano che ci sono relativamente pochi investitori che vendono allo scoperto il debito italiano. Non è strettamente necessario che gli investitori scommettano contro i titoli italiani per spingerne in alto i rendimenti; è sufficiente che essi preferiscano fare altri investimenti.
Jim Leavis, responsabile dei redditi fissi per gli investimenti M&G, dice che “l’Italia è stato il maggiore beneficiario del quantitative easing“, e che gli unici titoli pubblici italiani che ha scelto di acquistare, per il momento, giungono a maturazione quest’anno. “Non penso di riuscire a capire nulla delle prospettive della politica italiana“, dice.
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