martedì 12 aprile 2016

Bagnoli, Trivelle e Jobs Act: la monarchia del fiorentino Re Sole

L’attuale governo verrà ricordato alla storia per la gran quantità di riusciti progetti di destabilizzazione economica e lavorativa, piani dai quali lo stesso presidente del governo è sempre uscito illeso dal punto di vista legale. Egli, infatti, agisce nel puro “rispetto” della giustizia, come mero funzionario dello Stato. Se, infatti, l’era berlusconiana era caratterizzata da una continua alternanza di accuse, nei confronti del premier, per coinvolgimenti con associazioni mafiose e corruzione, l’attuale primo ministro si presenta in maniera molto “pulita”, se pur non differente nei contenuti programmatici. L’uomo di Arcore quanto meno non sconfessava la propria qualità di “genio del male”, né i propri interessi, mentre il giovinetto di Firenze rappresenta una subdola evoluzione di questa facoltà, dal momento che tende a celare i piani di impoverimento sociale sotto le vesti di una tecnocrazia “politically correct”.
E’ con questa strategia che un’opera di devastazione ambientale, quale Bagnoli, assume le vesti di un’innocua “bonifica”, che andrebbe ad abbattere 230 ettari, per la costruzione di uno scalo turistico con 700 posti d’attracco, una sede universitaria (che probabilmente verrà affidata a istituzioni private), e altri progetti che, a quanto sembra, non gioveranno ai cittadini napoletani, bensì ai privati e alle famiglie dell’alta finanza. Queste ultime certamente godono della possibilità di immergersi nel turismo italiano e straniero. La reazione di Napoli si è dimostrata forte e violenta: studenti, cittadini ordinari, comitati e centri sociali si sono ribellati scagliandosi contro le forze dell’ordine, le quali non hanno esitato a respingere i manifestanti con cariche e lacrimogeni. I napoletani, tuttavia, hanno risposto utilizzando a loro volta delle bombe carta. Decisiva e significativa la reazione del sindaco De Magistris, il quale, senza limitarsi a dichiarazioni perbeniste, ha pubblicamente appoggiato le azioni dimostrative degli attivisti, criticando l’operato di Renzi e boicottando l’incontro programmato fra il presidente e lo stesso primo cittadino.
Afferma De Magistris: “La cabina di regia è una stanzetta preconfezionata, è un luogo pericoloso da cui ci teniamo a distanza. (…) Il premier non è un semplice rottamatore, bensì un saldatore degli interessi privati.” Dichiarazioni, queste, accolte con favore dal capoluogo napoletano. Tuttavia, non potevano mancare le critiche dei soliti moralisti democratici, (eppure un tempo membri del PCI), i quali hanno criticato il sindaco per l’ “ignobile” solidarietà dimostrata nei confronti dei “ragazzacci” che hanno generato il caos nella città. A questi Signori, paladini dell’Ordine e della quiete pubblica, si dovrebbe porre la seguente domanda: se si dovesse scegliere il minore fra le tipologie di caos, quale forma di disordine sarebbe preferibile fra un lancio di oggetti per difendersi e reagire a un ordine apparente che prepara infauste conseguenze sociali o fra un Caos che, per l’appunto, assume una maschera ipocrita da “Stato riformista”, al fine di agire come un demone mortifero pronto a falciare le sue vittime? Probabilmente si tratta di domande troppo elaborate per menti grezze, fin troppo preposte al comando e poco inclini al ragionamento.
Quello di Bagnoli costituisce soltanto uno degli esempi chiave delle contraddizioni dell’attuale Repubblica aristocratica italiana. L’intero territorio è minacciato da megalomani progetti di “sviluppo” del Paese, fra i quali la oramai nota costruzione delle piattaforme per la trivellazione dei mari, il cui referendum si svolgerà a breve, come lo stesso piano di edificazione del Ponte sullo Stretto di Messina, la cui impossibilità è nota perfino agli stessi gabbiani che quotidianamente attraversano l’area.
Ciò che fa ridere è che, probabilmente, qualora si trovassero le solite escamotage giuridiche per la costruzione delle suddette grandi opere pubbliche, si utilizzerebbe una manodopera flessibile e facilmente licenziabile, grazie allo stesso Jobs’ Act, ennesimo e inconfondibile marchio della politica renziana.
A questo punto, ci si pone un ulteriore quesito: perché non emanare una nuova legge che trasformi l’attuale forma di governo da Repubblica a Monarchia, viste le peculiarità che lo stato italiano va attualmente assumendo? Dimenticavo il perché, esiste la Costituzione.

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