Nell’ottica comune, si è oramai soliti guardare al panorama
nazionale e internazionale come a un gigantesco “Dio Mercato” del
lavoro, il quale si arroga il diritto di essere giudice dell’utilità o
inutilità professionale, determinando un sempre maggiore spostamento
degli individui per questioni lavorative, in nome di un’occupazione
momentanea che non dà certezze, nel segno di un futuro che non possiede
un volto.
Di fronte a un’inarrestabile crisi economica, tuttavia, non esistono solamente i fallimenti quotidiani di coloro che hanno vissuto nel rigido sistema economico occidentale, ma anche i trionfi o i piccoli traguardi di uomini e donne che generano micro-realtà, in cui sia possibile realizzare economie solidali, attraverso strumenti moderni e di facile accesso. Dinanzi a macro-comunità, le quali non tutelano l’individuo, bensì lo abbandonano a una continua emarginazione sociale e lavorativa, si viene probabilmente a ricostituire un concetto di micro-comunità, molto simile a quello pre-esistente delle ormai trascorse società rurali, dove si possa convivere senza gli affanni e gli abusi delle aziende “di sistema”. In Paesi quali Germania, Francia e Belgio, sono sorti numerosi eco-villaggi, i quali hanno sperimentato forme di economia e società eco-sostenibile, auto-sufficienti dal punto di vista energetico. Le abitazioni sono costruite con materiali resistenti, mentre l’energia elettrica è fornita in svariati modi, fra i quali l’utilizzo dei pannelli solari e la dinamo. Dal punto di vista dei viveri, l’agricoltura e l’allevamento vengono praticate con metodi biologici, oltre alle eventuali spese e acquisti (mezzi, cibo ecc..) al di fuori delle stesse comunità, ovviamente effettuati attraverso la moneta d’uso comune, oltre che al sistema interno di scambio, fondato sul baratto. Non si tratta, dunque, di un utopistico ritorno al passato o di impossibili progetti autarchici, bensì di nuove modalità socio-economiche che penetrano e interagiscono con il macro-sistema capitalistico, al fine di sottrarne il tessuto sociale più infelice e migliorare la qualità della vita collettiva. L’idea è che natura e alta tecnologia possano continuare a convivere senza problematicità, in un contesto alieno rispetto alle logiche del consumismo imperante, fondando l’esistenza sulle necessità primarie e il divertimento genuino. Anche in Italia, in numerose regioni, diverse comunità sono sorte per offrire un modello sociale differente. Pensiamo, ad esempio, agli eco villaggi toscani di Upacchi, Bagnaia e Noceto, o a Granara, Valpisa e Lumen in Emilia Romagna. Un importante esempio di economia solidale è rappresentato dalla comune pugliese di Urupia, la quale è divenuta un noto centro di produzioni agricole, fra le quali olio, pasta, vino, prodotti che vengono successivamente acquistati dai punti vendita equo-solidali presenti in tutto il territorio locale, contribuendo dunque alla proliferazione di prodotto anti-ogm in Italia, oltre che all’esistenza di una sorta di “mercato parallelo”.
Non esistono soltanto alternative radicali di società al sistema liberista, bensì anche semplici metodi per apportare benefici, soprattutto ai lavoratori maggiormente sfruttati, come lo sono i dipendenti del già citato settore agricolo. Soprattutto nel Meridione è ben nota l’esistenza di un fenomeno quali il caporalato, per cui i contadini/raccoglitori (in gran parte extra-comunitari) sono sottoposti a durissime condizioni di lavoro, (ambientali e psicologiche), oltre che a minacce e paghe mensili piuttosto misere ( si parla, nei casi peggiori, di una retribuzione intorno ai 300 euro), dal momento che il 50% del “salario” spetta al caporale. Per questa ragione, associazioni no-profit quali “Diritti a Sud”, in provincia di Lecce, sono state istituite con l’obiettivo di contrastare le pratiche di sfruttamento dei braccianti agricoli, attraverso la coltivazione di terreni in comodato d’uso. La retribuzione dei dipendenti e l’acquisto degli strumenti per l’aratura avviene grazie a un metodo virtuale innovativo e oramai utilizzato su scala globale: il crowd-funding. Esso è, in sintesi, un finanziamento collettivo nei confronti di un progetto presentato da un qualsiasi utente sul web. Esistono numerosi siti (kickstarter, ecc..) nei quali aprire un proprio progetto, esporlo dettagliatamente e nelle intenzioni al pubblico dei visitatori, per poi convincerli al finanziamento. Se la somma necessaria per l’attuazione dell’investimento viene raggiunta entro un prefissato limite di tempo, quest’ultima potrà essere riscossa dagli ideatori, altrimenti, nel caso contrario, le donazioni ritorneranno al creditore. Grazie a questo metodo, “Diritti a Sud” e altre associazioni simili quali “Netzanet” di Bari, sono state in grado di portare avanti la propria campagna denominata “Sfruttazero”, il cui intento è quello già evidenziato, ossia un lavoro più dignitoso e una più equa retribuzione.
Le esperienze descritte sono soltanto alcuni degli esempi di modelli di sviluppo che proseguono in una via opposta rispetto all’economia di mercato globalizzata e post-industriale. Si auspica, dunque, che queste piccole realtà e la filosofia solidale che le caratterizza, possano diffondersi a macchia d’olio, determinando una svolta culturale, sociale ed econ
Di fronte a un’inarrestabile crisi economica, tuttavia, non esistono solamente i fallimenti quotidiani di coloro che hanno vissuto nel rigido sistema economico occidentale, ma anche i trionfi o i piccoli traguardi di uomini e donne che generano micro-realtà, in cui sia possibile realizzare economie solidali, attraverso strumenti moderni e di facile accesso. Dinanzi a macro-comunità, le quali non tutelano l’individuo, bensì lo abbandonano a una continua emarginazione sociale e lavorativa, si viene probabilmente a ricostituire un concetto di micro-comunità, molto simile a quello pre-esistente delle ormai trascorse società rurali, dove si possa convivere senza gli affanni e gli abusi delle aziende “di sistema”. In Paesi quali Germania, Francia e Belgio, sono sorti numerosi eco-villaggi, i quali hanno sperimentato forme di economia e società eco-sostenibile, auto-sufficienti dal punto di vista energetico. Le abitazioni sono costruite con materiali resistenti, mentre l’energia elettrica è fornita in svariati modi, fra i quali l’utilizzo dei pannelli solari e la dinamo. Dal punto di vista dei viveri, l’agricoltura e l’allevamento vengono praticate con metodi biologici, oltre alle eventuali spese e acquisti (mezzi, cibo ecc..) al di fuori delle stesse comunità, ovviamente effettuati attraverso la moneta d’uso comune, oltre che al sistema interno di scambio, fondato sul baratto. Non si tratta, dunque, di un utopistico ritorno al passato o di impossibili progetti autarchici, bensì di nuove modalità socio-economiche che penetrano e interagiscono con il macro-sistema capitalistico, al fine di sottrarne il tessuto sociale più infelice e migliorare la qualità della vita collettiva. L’idea è che natura e alta tecnologia possano continuare a convivere senza problematicità, in un contesto alieno rispetto alle logiche del consumismo imperante, fondando l’esistenza sulle necessità primarie e il divertimento genuino. Anche in Italia, in numerose regioni, diverse comunità sono sorte per offrire un modello sociale differente. Pensiamo, ad esempio, agli eco villaggi toscani di Upacchi, Bagnaia e Noceto, o a Granara, Valpisa e Lumen in Emilia Romagna. Un importante esempio di economia solidale è rappresentato dalla comune pugliese di Urupia, la quale è divenuta un noto centro di produzioni agricole, fra le quali olio, pasta, vino, prodotti che vengono successivamente acquistati dai punti vendita equo-solidali presenti in tutto il territorio locale, contribuendo dunque alla proliferazione di prodotto anti-ogm in Italia, oltre che all’esistenza di una sorta di “mercato parallelo”.
Non esistono soltanto alternative radicali di società al sistema liberista, bensì anche semplici metodi per apportare benefici, soprattutto ai lavoratori maggiormente sfruttati, come lo sono i dipendenti del già citato settore agricolo. Soprattutto nel Meridione è ben nota l’esistenza di un fenomeno quali il caporalato, per cui i contadini/raccoglitori (in gran parte extra-comunitari) sono sottoposti a durissime condizioni di lavoro, (ambientali e psicologiche), oltre che a minacce e paghe mensili piuttosto misere ( si parla, nei casi peggiori, di una retribuzione intorno ai 300 euro), dal momento che il 50% del “salario” spetta al caporale. Per questa ragione, associazioni no-profit quali “Diritti a Sud”, in provincia di Lecce, sono state istituite con l’obiettivo di contrastare le pratiche di sfruttamento dei braccianti agricoli, attraverso la coltivazione di terreni in comodato d’uso. La retribuzione dei dipendenti e l’acquisto degli strumenti per l’aratura avviene grazie a un metodo virtuale innovativo e oramai utilizzato su scala globale: il crowd-funding. Esso è, in sintesi, un finanziamento collettivo nei confronti di un progetto presentato da un qualsiasi utente sul web. Esistono numerosi siti (kickstarter, ecc..) nei quali aprire un proprio progetto, esporlo dettagliatamente e nelle intenzioni al pubblico dei visitatori, per poi convincerli al finanziamento. Se la somma necessaria per l’attuazione dell’investimento viene raggiunta entro un prefissato limite di tempo, quest’ultima potrà essere riscossa dagli ideatori, altrimenti, nel caso contrario, le donazioni ritorneranno al creditore. Grazie a questo metodo, “Diritti a Sud” e altre associazioni simili quali “Netzanet” di Bari, sono state in grado di portare avanti la propria campagna denominata “Sfruttazero”, il cui intento è quello già evidenziato, ossia un lavoro più dignitoso e una più equa retribuzione.
Le esperienze descritte sono soltanto alcuni degli esempi di modelli di sviluppo che proseguono in una via opposta rispetto all’economia di mercato globalizzata e post-industriale. Si auspica, dunque, che queste piccole realtà e la filosofia solidale che le caratterizza, possano diffondersi a macchia d’olio, determinando una svolta culturale, sociale ed econ
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