Che l’industria degli armamenti Usa faccia la parte del leone nel
mercato mondiale degli armamenti è risaputo, come pure lo è che la lobby
delle armi a Stelle e Strisce faccia affari d’oro nei momenti di crisi e
sia la prima beneficiaria delle “compensazioni” che l’Amministrazione
Usa elargisce a chi vuole blandire, e sempre la prima destinataria delle
colossali commesse con cui gli “alleati” “ringraziano” Washington delle sue “coperture”.
Adesso è uno studio dello stesso Congresso statunitense ad affermarlo: le esportazioni d’armi degli Usa sono aumentate del 35% (!) fra il 2013 e il 2014, giungendo a superare il 50% del mercato mondiale degli armamenti.
Secondo un rapporto dello Stockolm International Peace Research Institute (Sipri), sono tutte statunitensi le prime quattro aziende al mondo per vendita di armi, e lo sono sei fra le prime otto.
Di gran lunga più distanziata è la Russia, la seconda esportatrice, seguita dalla Svezia, dalla Francia e dalla Cina. Occorre notare, tuttavia, che nella classifica non sono ancora contabilizzati gli effetti dei colossali contratti siglati fra il 2014 e il 2015 con cui le petromonarchie del Golfo hanno da un canto “pagato” l’appoggio di Stati come la Francia o l’Egitto, dall’altro tentato di comprare il proprio predominio sulla regione. Contratti destinati a gonfiare i conti di molte società occidentali (e di molti uomini di Stato).
Lo studio del Congresso, come pure il rapporto del Sipri, hanno confermato come siano i Paesi in via di sviluppo, in larga parte privi di industrie di armamenti, ad alimentare nella stragrande parte le esportazioni di armi, a cui sacrificano decine e decine di miliardi dei loro assai spesso magri bilanci.
Adesso è uno studio dello stesso Congresso statunitense ad affermarlo: le esportazioni d’armi degli Usa sono aumentate del 35% (!) fra il 2013 e il 2014, giungendo a superare il 50% del mercato mondiale degli armamenti.
Secondo un rapporto dello Stockolm International Peace Research Institute (Sipri), sono tutte statunitensi le prime quattro aziende al mondo per vendita di armi, e lo sono sei fra le prime otto.
Di gran lunga più distanziata è la Russia, la seconda esportatrice, seguita dalla Svezia, dalla Francia e dalla Cina. Occorre notare, tuttavia, che nella classifica non sono ancora contabilizzati gli effetti dei colossali contratti siglati fra il 2014 e il 2015 con cui le petromonarchie del Golfo hanno da un canto “pagato” l’appoggio di Stati come la Francia o l’Egitto, dall’altro tentato di comprare il proprio predominio sulla regione. Contratti destinati a gonfiare i conti di molte società occidentali (e di molti uomini di Stato).
Lo studio del Congresso, come pure il rapporto del Sipri, hanno confermato come siano i Paesi in via di sviluppo, in larga parte privi di industrie di armamenti, ad alimentare nella stragrande parte le esportazioni di armi, a cui sacrificano decine e decine di miliardi dei loro assai spesso magri bilanci.
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