La base legale per le relazioni tra l’UE con Israele e il Marocco,
rispettivamente, è ulteriormente stabilita con quelli che si chiamano
concordati associativi che sono entrati in vigore con entrambi i paesi
nel 2000. Usando formulazioni leggermente diverse, l’articolo 2 di
entrambi i documenti sottolinea che il rispetto per i principi
democratici e i diritti umani, costituiscono una parte essenziale degli
accordi. Nel firmare altri trattati bilaterali, come l’accordo per le
industrie ittiche tra UE e Marocco (che dà l’accesso alle acque
marocchine alle navi da pesca europee), la Commissione Europea ha di
nuovo sottolineato l’importanza del rispetto per i diritti umani e la
legge internazionale. “ Nel Protocollo è inserita una clausola
riguardante i diritti umani, e, come in tutti gli accordi dell’UE, un
meccanismo di sospensione assicura che l’UE può sospendere
unilateralmente il protocollo in caso di violazioni dei diritti umani.”
Per citare un esempio recente, nel suo rapporto Occupation, Inc. (https://www.hrw.org/…/how-settlement-businesses-contribute-…) (pubblicato in gennaio), l’Osservatorio per i Diritti Umani sostiene che “il contesto delle violazioni dei diritti umani a cui contribuisce l’attività commerciale degli insediamenti israeliani, è così invasivo e grave, che le aziende dovrebbero smettere di svolgere attività all’interno degli insediamenti o a loro beneficio, come costruire unità o infrastrutture abitative, o fornire servizi per l’eliminazione o lo smaltimento in discarica dei rifiuti. Dovrebbero anche smettere di finanziare, amministrare, commerciare o altrimenti sostenere gli insediamenti o le attività e infrastrutture ad essi collegati.”
Sia il Marocco che Israele sono potenze occupanti che hanno sistematicamente violato i fondamentali diritti umani di coloro che vivono sotto la loro occupazione. Questo comprende il diritto all’autodeterminazione che la comunità internazionale nel suo complesso ha la responsabilità di sostenere. Se si guarda alla documentazione sui diritti umani del Marocco e di Israele, ci si comincia a domandare se l’UE abbia una qualche intenzione di far rispettare la sua “clausola per i diritti umani”.
Oltre le disposizioni degli accordi bilaterali, ci sono principi prioritari di legge internazionale che si collegano direttamente alle relazioni dell’UE con il Marocco e Israele a causa della gravità dei reati implicati. In caso di gravi infrazioni della legge internazionale, tutti gli stati hanno l’obbligo legale di non riconoscere nè di prestare aiuto o assistenza nel mantenere la situazione illegale.
Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, l’UE l’ha riconosciuta e ha proibito “l’importazione nell’UE di merci che vengono dalla Crimea o da Sebastopoli.” Descrivendo i motivi di questa decisione, il Consiglio ha osservato che “fa parte della politica dell’UE il non riconoscimento che riguarda l’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli e ha dichiarato che non la riconoscerà.”
L’Unione Europea conduce tuttavia commerci con gli insediamenti israeliani illegali. Prestare attenzione a questo commercio non è certo un esercizio di pedanteria, dato che contribuisce a sostenere l’impresa di Israele degli insediamenti. L’UE ha fatto dei passi per mettere in atto le sue responsabilità, per esempio, pubblicare delle linee guida sull’etichettatura dei prodotti dell’insediamento e sull’esclusione dei territori palestinesi occupati (OPT) dai suoi trattati bilaterali con Israele. Come viene però notato in una recente lettera inviata da preminenti autorità legali come John Dugard e Richard Falk ai decisori delle politiche dell’UE, questi passi sono completamente inadeguati. Sostengono invece che: “L’unica misura legalmente corretta è quella di rettificare l’errore nelle relazioni commerciali internazionali, rifiutandosi di commerciare con gli insediamenti. Commerciare con questi costituisce un implicito riconoscimento ed è una violazione della legge internazionale.” In effetti, come ha riconosciuto l’UE nel caso dell’annessione della Crimea, “Non chiediamo nulla di più che la coerenza nell’applicazione della politica dell’Unione Europea di non-riconoscimento”, conclude la lettera.
Mentre i casi del Marocco e di Israele sono simili, almeno sotto un punto di vista, la politica dell’UE rispetto al Sahara occidentale occupato, è molto peggiore. L’UE ha espresso il suo “impegno ad assicurare che – in linea con la legge internazionale – tutti gli accordi tra lo Stato di Israele e l’UE devono inequivocabilmente e esplicitamente indicare la loro inapplicabilità ai territori occupati da Israele nel 1967.” Non c’è però nessun analogo riconoscimento riguardo al territorio occupato dal Marocco nel 1975. Questo è stato chiaramente dimostrato lo scorso dicembre quando la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha deciso di annullare un accordo commerciale con il Marocco esattamente perché non escludeva il territorio del Sahara occidentale occupato. Invece di cogliere l’occasione di sostenere i diritti umani fondamentali di un popolo occupato e di applicare la sentenza della corte che crea un precedente, i ministri degli esteri dell’UE hanno deciso di fare appello contro la decisione.
Ci sono altre due cause giudiziarie pendenti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Una riguarda l’accordo tra UE e Marocco per le industrie ittiche e l’altro per l’etichettatura delle merci che arrivano dal Sahara Occidentale occupato. E’ probabile che l’UE affronterà pressioni sempre più forti per attenersi ai suoi obblighi legali e rettificare i suoi rapporti commerciali sia con Israele che con il Marocco.
Per citare un esempio recente, nel suo rapporto Occupation, Inc. (https://www.hrw.org/…/how-settlement-businesses-contribute-…) (pubblicato in gennaio), l’Osservatorio per i Diritti Umani sostiene che “il contesto delle violazioni dei diritti umani a cui contribuisce l’attività commerciale degli insediamenti israeliani, è così invasivo e grave, che le aziende dovrebbero smettere di svolgere attività all’interno degli insediamenti o a loro beneficio, come costruire unità o infrastrutture abitative, o fornire servizi per l’eliminazione o lo smaltimento in discarica dei rifiuti. Dovrebbero anche smettere di finanziare, amministrare, commerciare o altrimenti sostenere gli insediamenti o le attività e infrastrutture ad essi collegati.”
Sia il Marocco che Israele sono potenze occupanti che hanno sistematicamente violato i fondamentali diritti umani di coloro che vivono sotto la loro occupazione. Questo comprende il diritto all’autodeterminazione che la comunità internazionale nel suo complesso ha la responsabilità di sostenere. Se si guarda alla documentazione sui diritti umani del Marocco e di Israele, ci si comincia a domandare se l’UE abbia una qualche intenzione di far rispettare la sua “clausola per i diritti umani”.
Oltre le disposizioni degli accordi bilaterali, ci sono principi prioritari di legge internazionale che si collegano direttamente alle relazioni dell’UE con il Marocco e Israele a causa della gravità dei reati implicati. In caso di gravi infrazioni della legge internazionale, tutti gli stati hanno l’obbligo legale di non riconoscere nè di prestare aiuto o assistenza nel mantenere la situazione illegale.
Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, l’UE l’ha riconosciuta e ha proibito “l’importazione nell’UE di merci che vengono dalla Crimea o da Sebastopoli.” Descrivendo i motivi di questa decisione, il Consiglio ha osservato che “fa parte della politica dell’UE il non riconoscimento che riguarda l’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli e ha dichiarato che non la riconoscerà.”
L’Unione Europea conduce tuttavia commerci con gli insediamenti israeliani illegali. Prestare attenzione a questo commercio non è certo un esercizio di pedanteria, dato che contribuisce a sostenere l’impresa di Israele degli insediamenti. L’UE ha fatto dei passi per mettere in atto le sue responsabilità, per esempio, pubblicare delle linee guida sull’etichettatura dei prodotti dell’insediamento e sull’esclusione dei territori palestinesi occupati (OPT) dai suoi trattati bilaterali con Israele. Come viene però notato in una recente lettera inviata da preminenti autorità legali come John Dugard e Richard Falk ai decisori delle politiche dell’UE, questi passi sono completamente inadeguati. Sostengono invece che: “L’unica misura legalmente corretta è quella di rettificare l’errore nelle relazioni commerciali internazionali, rifiutandosi di commerciare con gli insediamenti. Commerciare con questi costituisce un implicito riconoscimento ed è una violazione della legge internazionale.” In effetti, come ha riconosciuto l’UE nel caso dell’annessione della Crimea, “Non chiediamo nulla di più che la coerenza nell’applicazione della politica dell’Unione Europea di non-riconoscimento”, conclude la lettera.
Mentre i casi del Marocco e di Israele sono simili, almeno sotto un punto di vista, la politica dell’UE rispetto al Sahara occidentale occupato, è molto peggiore. L’UE ha espresso il suo “impegno ad assicurare che – in linea con la legge internazionale – tutti gli accordi tra lo Stato di Israele e l’UE devono inequivocabilmente e esplicitamente indicare la loro inapplicabilità ai territori occupati da Israele nel 1967.” Non c’è però nessun analogo riconoscimento riguardo al territorio occupato dal Marocco nel 1975. Questo è stato chiaramente dimostrato lo scorso dicembre quando la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha deciso di annullare un accordo commerciale con il Marocco esattamente perché non escludeva il territorio del Sahara occidentale occupato. Invece di cogliere l’occasione di sostenere i diritti umani fondamentali di un popolo occupato e di applicare la sentenza della corte che crea un precedente, i ministri degli esteri dell’UE hanno deciso di fare appello contro la decisione.
Ci sono altre due cause giudiziarie pendenti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Una riguarda l’accordo tra UE e Marocco per le industrie ittiche e l’altro per l’etichettatura delle merci che arrivano dal Sahara Occidentale occupato. E’ probabile che l’UE affronterà pressioni sempre più forti per attenersi ai suoi obblighi legali e rettificare i suoi rapporti commerciali sia con Israele che con il Marocco.
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