Sessantunesimi nel mondo, al decimo posto nel G20, in una lista che
vede al vertice le nazioni considerate più sane, con un punteggio di 44
punti. Così si classifica l'Italia quanto a corruzione nel settore
pubblico e politico secondo l'ultimo rapporto relativo al Cpi, l'indice
di percezione della corruzione redatto dal Transparency International.
Il dossier è stato presentato a Roma nella sede di Unioncamere da
Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia,
Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, e
Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere.
Il dato
Rispetto agli anni passati c'è un leggero miglioramento rispetto ai 43 punti del 2014 quando l'Italia si era piazzata al sessantanovesimo posto su 175, ma non c'è da stare allegri.
Leggendo il rapporto, infatti, il dato è che in una scala da zero (“molto corrotto”) a cento (“molto pulito”) la nostra collocazione resta più vicino alla fascia più negativa, ovvero tra quei paesi dove “la corruzione tra istituzioni pubblici e dipendenti è ancora comune”. Non si può non evidenziare come ci piazziamo significativamente dietro la maggior parte dei membri dell'Ocse, condividendo la sessantunesima posizione con Lesotho, Montenegro, Senegal e Sud Africa. Mentre in Europa a fare peggio è la sola Bulgaria (che l'anno scorso condivideva la nostra stessa posizione), mentre Grecia e Romania ci superano al cinquantottesimo posto, salendo entrambe di ben undici posizioni. E tra le nazioni che ci battono in trasparenza figurano anche Paesi come Botswana (ventottesima), Ruanda (quarantaquattresima) e Ghana (cinquantaseiesima).
A livello di G20 l'Italia si piazza al decimo posto, dopo Canada, Germania, Regno Unito, Australia, Stati Uniti, Giappone, Francia, Corea del Sud e Arabia Saudita.
Nel constatare la leggera inversione di tendenza Virginio Carnevali sottolinea come “la strada è ancora molto lunga e in salita”, anche se vede al futuro con una certa fiducia. Per Ivan Lo Bello "un passo in avanti del nostro Paese nelle classifiche internazionali sulla percezione della corruzione è sempre una buona notizia. Per compiere un salto di qualità importante occorre però un ruolo più forte della società civile che deve acquisire la consapevolezza che un sistema dove è grande la corruzione non crea ricchezza e alimenta profonde distorsioni del mercato”. Spesso si dice che Corruzione e mafia sono facce della stessa medaglia del nostro Paese tuttavia, fino ad ora, non si può dire che le due tipologie di reato siano state messe sullo stesso piano dai governi che si sono succeduti. Una delle proposte più recenti in merito è quella avanzata da Antonio Ingroia e Franco La Torre di estendere la legge Rognoni-La Torre (datata 13 settembre 1982) nei confronti di chi commette anche reati di corruzione e concussione.transaparency classifica 2015 675
Il resto del mondo
“Le proporzioni del fenomeno sono enormi”, sottolinea il rapporto “il 68% dei paesi del mondo ha seri problemi di corruzione e metà del G20 è tra loro”. Se allarghiamo la proiezione a livello mondiale il dossier sottolinea il crollo del Brasile, duramente colpito dal "caso Petrobras", che ha perso 5 punti scivolando dal 69esimo posto al 76esimo, mentre al vertice e in coda alla classifica la situazione rimane pressoché invariata: Somalia e Corea del Nord si confermano anche quest`anno come i Paesi più opachi mentre seguono, risalendo dal penultimo posto, Afghanistan, Sudan, Sud Sudan, Angola, Libia, Iraq, Venezuela a Guinea-Bissau.
Leggendo l'altro lato della classifica i dieci Paesi meno corrotti sono Danimarca, Finlandia, Svezia, Nuova Zelanda, Olanda, Norvegia, Svizzera, Singapore, Canada e Germania, decima a pari merito con la Gran Bretagna.
Nel rapporto viene fatto notare che “cinque dei paesi con il punteggio più basso figurano inoltre tra i dieci mosti meno pacifici del mondo. In Afghanistan, milioni di dollari destinati alla ricostruzione sono stati, scrivono, sprecati o rubati”. Inoltre, “anche quando non sussistono conflitti aperti, i livelli di ineguaglianza e povertà in questi paesi sono devastanti. In Angola il 70% della popolazione vive con due dollari al giorno o meno e un bambino su sei muore prima di compiere cinque anni”. Ciò significa che, complessivamente i paesi poveri perdono mille miliardi di dollari all'anno a causa della corruzione.
Indice di percezione
E' bene tenere in considerazione che l’indice di percezione è calcolato sulla base dei pareri raccolti, non tra i cittadini, ma tra uomini del mondo dell’economia ed esperti nazionali. “La corruzione generalmente prevede attività illegali intenzionalmente occultate, che vengono scoperte sono grazie a scandali, inchieste e processi - spiega Transparency in una nota - “Non esiste un modo affidabile per calcolare i livelli assoluti di corruzione di Paesi o territori sulla base di dati empirici oggettivi”. Comparare il numero di tangenti scoperte o il numero di processi non sempre è una soluzione efficace “perché mostra solo quanto procure, tribunali o media sono efficaci nell’investigare e portare allo scoperto la corruzione”. Ecco quindi che il rapporto di Transparency ci permette di leggere lo stato della “reputazione” del nostro Paese nel mondo, con una ripercussione inevitabile anche sulla nostra economia e sulla nostra società. Migliorare su questo aspetto può essere un percorso lungo e delicato. Un procedimento che passa sì dalle leggi e dalla loro applicazione ma anche da una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini e per questo, la diffusione di certi dati, diventa più che mai importante se si vuole arrivare ad un cambiamento costruttivo
Il dato
Rispetto agli anni passati c'è un leggero miglioramento rispetto ai 43 punti del 2014 quando l'Italia si era piazzata al sessantanovesimo posto su 175, ma non c'è da stare allegri.
Leggendo il rapporto, infatti, il dato è che in una scala da zero (“molto corrotto”) a cento (“molto pulito”) la nostra collocazione resta più vicino alla fascia più negativa, ovvero tra quei paesi dove “la corruzione tra istituzioni pubblici e dipendenti è ancora comune”. Non si può non evidenziare come ci piazziamo significativamente dietro la maggior parte dei membri dell'Ocse, condividendo la sessantunesima posizione con Lesotho, Montenegro, Senegal e Sud Africa. Mentre in Europa a fare peggio è la sola Bulgaria (che l'anno scorso condivideva la nostra stessa posizione), mentre Grecia e Romania ci superano al cinquantottesimo posto, salendo entrambe di ben undici posizioni. E tra le nazioni che ci battono in trasparenza figurano anche Paesi come Botswana (ventottesima), Ruanda (quarantaquattresima) e Ghana (cinquantaseiesima).
A livello di G20 l'Italia si piazza al decimo posto, dopo Canada, Germania, Regno Unito, Australia, Stati Uniti, Giappone, Francia, Corea del Sud e Arabia Saudita.
Nel constatare la leggera inversione di tendenza Virginio Carnevali sottolinea come “la strada è ancora molto lunga e in salita”, anche se vede al futuro con una certa fiducia. Per Ivan Lo Bello "un passo in avanti del nostro Paese nelle classifiche internazionali sulla percezione della corruzione è sempre una buona notizia. Per compiere un salto di qualità importante occorre però un ruolo più forte della società civile che deve acquisire la consapevolezza che un sistema dove è grande la corruzione non crea ricchezza e alimenta profonde distorsioni del mercato”. Spesso si dice che Corruzione e mafia sono facce della stessa medaglia del nostro Paese tuttavia, fino ad ora, non si può dire che le due tipologie di reato siano state messe sullo stesso piano dai governi che si sono succeduti. Una delle proposte più recenti in merito è quella avanzata da Antonio Ingroia e Franco La Torre di estendere la legge Rognoni-La Torre (datata 13 settembre 1982) nei confronti di chi commette anche reati di corruzione e concussione.transaparency classifica 2015 675
Il resto del mondo
“Le proporzioni del fenomeno sono enormi”, sottolinea il rapporto “il 68% dei paesi del mondo ha seri problemi di corruzione e metà del G20 è tra loro”. Se allarghiamo la proiezione a livello mondiale il dossier sottolinea il crollo del Brasile, duramente colpito dal "caso Petrobras", che ha perso 5 punti scivolando dal 69esimo posto al 76esimo, mentre al vertice e in coda alla classifica la situazione rimane pressoché invariata: Somalia e Corea del Nord si confermano anche quest`anno come i Paesi più opachi mentre seguono, risalendo dal penultimo posto, Afghanistan, Sudan, Sud Sudan, Angola, Libia, Iraq, Venezuela a Guinea-Bissau.
Leggendo l'altro lato della classifica i dieci Paesi meno corrotti sono Danimarca, Finlandia, Svezia, Nuova Zelanda, Olanda, Norvegia, Svizzera, Singapore, Canada e Germania, decima a pari merito con la Gran Bretagna.
Nel rapporto viene fatto notare che “cinque dei paesi con il punteggio più basso figurano inoltre tra i dieci mosti meno pacifici del mondo. In Afghanistan, milioni di dollari destinati alla ricostruzione sono stati, scrivono, sprecati o rubati”. Inoltre, “anche quando non sussistono conflitti aperti, i livelli di ineguaglianza e povertà in questi paesi sono devastanti. In Angola il 70% della popolazione vive con due dollari al giorno o meno e un bambino su sei muore prima di compiere cinque anni”. Ciò significa che, complessivamente i paesi poveri perdono mille miliardi di dollari all'anno a causa della corruzione.
Indice di percezione
E' bene tenere in considerazione che l’indice di percezione è calcolato sulla base dei pareri raccolti, non tra i cittadini, ma tra uomini del mondo dell’economia ed esperti nazionali. “La corruzione generalmente prevede attività illegali intenzionalmente occultate, che vengono scoperte sono grazie a scandali, inchieste e processi - spiega Transparency in una nota - “Non esiste un modo affidabile per calcolare i livelli assoluti di corruzione di Paesi o territori sulla base di dati empirici oggettivi”. Comparare il numero di tangenti scoperte o il numero di processi non sempre è una soluzione efficace “perché mostra solo quanto procure, tribunali o media sono efficaci nell’investigare e portare allo scoperto la corruzione”. Ecco quindi che il rapporto di Transparency ci permette di leggere lo stato della “reputazione” del nostro Paese nel mondo, con una ripercussione inevitabile anche sulla nostra economia e sulla nostra società. Migliorare su questo aspetto può essere un percorso lungo e delicato. Un procedimento che passa sì dalle leggi e dalla loro applicazione ma anche da una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini e per questo, la diffusione di certi dati, diventa più che mai importante se si vuole arrivare ad un cambiamento costruttivo
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