Più i governi fanno quel che prescrive la Troika e chiedono le
imprese, più cresce la quota di popolazione senza lavoro. A noi sembra
proprio che ci sia una relazione diretta tra le due cose, aggravata
dalla specifica disposizione degli imprenditori italici a rifuggire
dagli investimenti, preferendo la speculazione finanziaria, la
delocalizzazione o la fuga con tutti i capitali verso altri lidi.
In Italia - rileva Eurostat, l'istituto di statistica dell'Unione Europea, che lavora sui dati Istat - ci sono oltre 3,6 milioni di persone che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano impiego. Rappresentano ormai il 14,2% della forza lavoro, oltre tre volte la media Ue-28 (4,1%), e vanno ad aggiugersi a quelle ufficialmente classificate tra i disoccupati perché registrate come in cerca di occupazione. Una distinzione sottile, quasi soltanto burocratica, che attraversa una popolazione di 6,6 milioni di persone.
Nel terzo trimestre 2014, calcolando in percentuale, la quota è salitanell'Unione Europea di 0,2 punti, mentre in Italia addiritura dell'1,1%.
Se si sommano dunque ai tre milioni di disoccupati ufficiali (secondo i dati del terzi trimestre, da luglio a settembre; perché a novemebre ne sono stati già calcolati oltre 3,4 milioni) si raggiunge una cifra del 7,8% superiore a quella registratatì nello stesso periodo del 2013. Non c'è male come risultato per le "politiche a favore dell'occupazione"!
Naturalmente, come tutti gli istituti che fanno seriamente il proprio lavoro, Eurostat avverte che la situazione rischia di aggravarsi nell'ultimo trimestre. In Italia non solo la disoccupazione è più alta in media rispetto all'Europa (a novembre al 13,4% contro l'11,5% dell'Eurozona e il 10% dell'Ue a 28) con un aumento di quasi un punto rispetto all'anno precedente ma è enorme il divario sulle ''forze lavoro potenziali'' (ovvero i 3,6 milioni di persone che non cercano impiego ma sono pronte a lavorare. Si tratta di persone considerate "inattive" (non hanno fatto ricerche di lavoro nelle quattro settimane precedenti la rilevazione) anche a causa della sfiducia nella possibilità di poter trovare occupazione.
In Germania la percentuale complessiva di questo tipo di disoccupati è ferma all'1,2%, e sembra logico vista la differente situazione dell'economia tedesca. Ma persino nella derelitta Grecia, con la disoccupazione oltre il 25%, quest'area è rimasta stabile all'1,9%.
Non stupisce neanche la spaccatura consueta tra Nord e Sud. Nel Nord la percentuale di scoraggiati è del 6,5% (vicina alla media europea), mentre il Sud sprofonda con il 30,7% (su 100 forze lavoro tra i 15 e i 74 anni), e quasi il 48% tra le donne.
Se non ci togliamo questa classe di servi della Troika dalle spalle finiremo nel peggior baratro che si sia mai visto.
In Italia - rileva Eurostat, l'istituto di statistica dell'Unione Europea, che lavora sui dati Istat - ci sono oltre 3,6 milioni di persone che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano impiego. Rappresentano ormai il 14,2% della forza lavoro, oltre tre volte la media Ue-28 (4,1%), e vanno ad aggiugersi a quelle ufficialmente classificate tra i disoccupati perché registrate come in cerca di occupazione. Una distinzione sottile, quasi soltanto burocratica, che attraversa una popolazione di 6,6 milioni di persone.
Nel terzo trimestre 2014, calcolando in percentuale, la quota è salitanell'Unione Europea di 0,2 punti, mentre in Italia addiritura dell'1,1%.
Se si sommano dunque ai tre milioni di disoccupati ufficiali (secondo i dati del terzi trimestre, da luglio a settembre; perché a novemebre ne sono stati già calcolati oltre 3,4 milioni) si raggiunge una cifra del 7,8% superiore a quella registratatì nello stesso periodo del 2013. Non c'è male come risultato per le "politiche a favore dell'occupazione"!
Naturalmente, come tutti gli istituti che fanno seriamente il proprio lavoro, Eurostat avverte che la situazione rischia di aggravarsi nell'ultimo trimestre. In Italia non solo la disoccupazione è più alta in media rispetto all'Europa (a novembre al 13,4% contro l'11,5% dell'Eurozona e il 10% dell'Ue a 28) con un aumento di quasi un punto rispetto all'anno precedente ma è enorme il divario sulle ''forze lavoro potenziali'' (ovvero i 3,6 milioni di persone che non cercano impiego ma sono pronte a lavorare. Si tratta di persone considerate "inattive" (non hanno fatto ricerche di lavoro nelle quattro settimane precedenti la rilevazione) anche a causa della sfiducia nella possibilità di poter trovare occupazione.
In Germania la percentuale complessiva di questo tipo di disoccupati è ferma all'1,2%, e sembra logico vista la differente situazione dell'economia tedesca. Ma persino nella derelitta Grecia, con la disoccupazione oltre il 25%, quest'area è rimasta stabile all'1,9%.
Non stupisce neanche la spaccatura consueta tra Nord e Sud. Nel Nord la percentuale di scoraggiati è del 6,5% (vicina alla media europea), mentre il Sud sprofonda con il 30,7% (su 100 forze lavoro tra i 15 e i 74 anni), e quasi il 48% tra le donne.
Se non ci togliamo questa classe di servi della Troika dalle spalle finiremo nel peggior baratro che si sia mai visto.
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