lunedì 1 dicembre 2014

Propaganda e realtà

Con una tem­pi­stica assai sospetta, ieri mat­tina alle 9 e mezza il mini­stero del Lavoro ha reso pub­blica «un’anticipazione dei dati sulle Comu­ni­ca­zioni obbli­ga­to­rie rela­tivi al terzo tri­me­stre del 2014». Mezz’ora dopo — «come da pro­gramma reso noto anno per anno» — l’Istat ha dif­fuso i dati sugli occu­pati del mese di otto­bre. E alla stessa Istat — nono­stante lo scio­pero dei pre­cari in attesa di rin­novo che ha fatto sal­tare la pre­sen­ta­zione del bol­let­tino — ammet­tono di non ricor­dare un altro caso di comu­ni­cato del mini­stero, spe­cie se in con­tro­ten­denza con i loro dati.

Numeri «come mele e pere, da non met­tere assieme»: nel primo caso riguar­dano i con­tratti avviati da luglio a set­tem­bre; nel secondo il saldo delle per­sone che risul­tano occu­pate nel mese di otto­bre. Dati che difatti hanno un segno pra­ti­ca­mente opposto.

Lecito dun­que pen­sare che il mini­stero del Lavoro abbia voluto dare una buona noti­zia — «oltre 400mila nuovi con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato in tre mesi con un aumento del 7,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno pre­ce­dente» — anti­ci­pando i dati nega­tivi dell’Istat. Il tasso di disoc­cu­pa­zione tocca un nuovo mas­simo sto­rico: 13,2 per cento, in aumento di 0,3 punti per­cen­tuali rispetto al mese pre­ce­dente e di 1,0 punti nei dodici mesi. Così come cala il tasso di occu­pa­zione — al 55,6 per cento, meno 0,1 punti rispetto al mese pre­cen­dente. La disoc­cu­pa­zione gio­va­nile — Under 25 — è pari al 43,3 per cento, in aumento di 0,6 punti per­cen­tuali rispetto al mese pre­ce­dente e di 1,9 punti nel con­fronto tendenziale.

Se «mele e pere non sono para­go­na­bili», il frut­teto è sem­pre lo stesso: il mondo del lavoro in Ita­lia, che non se la passa di certo bene. La verità sta nel mezzo. I dati dell’Istat sono obiet­ti­va­mente molto nega­tivi, ma ne con­ten­gono uno posi­tivo: la dimi­nu­zione degli inat­tivi — coloro che un lavoro non lo cer­ca­vano nean­che — dello 0,2 per cento rispetto al mese pre­ce­dente (-32mila unità) e del 2,5 per cento rispetto a dodici mesi prima (-365 mila). «Un dato che è sin­tomo di una mag­giore mobi­lità del mer­cato del lavoro, seb­bene in un qua­dro alta­mente alta­le­nante», fanno sapere dall’istituto. Per il resto i dati del terzo tri­me­stre dell’Istat sono «non desta­gio­na­liz­zati» e quindi poco attendibili.

D’altra parte, nello stesso comu­ni­cato del mini­stero del Lavoro ci sono dati tutt’altro che posi­tivi. Le ces­sa­zioni dei rap­porti di lavoro da luglio a set­tem­bre sono state 2milioni 415mila, con una aumento dello 0,9 per cento rispetto all’anno pre­ce­dente. Tra le cause di ces­sa­zione che spie­gano anche l’aumento dei nuovi con­tratti — va sot­to­li­neato il deciso aumento di pen­sio­na­menti: addi­rit­tura il 55 in più rispetto al 2013.
Ma il segno «più» basta al governo per lasciarsi andare alla pro­pa­ganda, affer­mando che «que­sti dati, in con­ti­nuità con quelli rela­tivi al secondo tri­me­stre, con­fer­mano che il cosid­detto decreto Poletti ha pro­dotto l’esito che era auspi­ca­bile, cioè un incre­mento dei con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato e dei con­tratti di apprendistato».

Da Cata­nia invece Renzi con­ti­nuava con la disin­for­ma­zione: «Il tasso di disoc­cu­pa­zione ci pre­oc­cupa ma guar­dando i numeri il dato di occu­pati sta cre­scendo. Da quando ci siamo noi ci sono 100mila posti di lavoro in più», nascon­dendo invece che da quando è in carica il suo governo (marzo) i posti sono in calo di 31mila unità.

La situa­zione la spiega bene il pro­fes­sor Carlo Dell’Aringa, stu­dioso della mate­ria e ora par­la­men­tare della mino­ranza dia­lo­gante del Pd. «In que­sta situa­zione i dati sono sog­getti a parec­chie acci­den­ta­lità: siamo costretti a mani­fe­stare entu­sia­smo un mese e coster­na­zione il mese suc­ces­sivo». Per Dell’Aringa «una certa ten­denza da parte dell’imprese a sce­gliere con­tratti più garan­titi rispetto al pas­sato, sosti­tuendo quelli pre­cari con tempi deter­mi­nati, comun­que c’è». Allo stesso tempo «è facile pre­ve­dere che i nuovi con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato negli ultimi mesi dell’anno saranno ridotti in attesa dell’entrata in vigore del Jobs act — col con­tratto a tutele cre­scenti — e della legge di sta­bi­lità — con gli sgravi fiscali sulle assun­zioni». Il qua­dro però è ancora scon­for­tante. «Anche la dimi­ni­nu­zione degli inat­tivi è dovuta alla dispe­ra­zione della povertà che porta tutti — spe­cie al Sud — a cer­care un lavoro pur­ché sia: un aumento dell’offerta di lavoro, un fun­zio­na­mento mar­gi­nale della peri­fe­ria, men­tre il cen­tro del lavoro è ancora in gran­dis­sima sof­fe­renza, come dimo­strano i dati sugli ammor­tiz­za­tori sociali».

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