martedì 30 dicembre 2014

Al Jobs Act non c’è fine

È con­fer­mato: il regalo di Natale del governo Renzi sarà un bel pacco pieno di licen­zia­menti. Ieri il pre­mier ha incon­trato il mini­stro del Lavoro Giu­liano Poletti, per met­tere a punto i decreti dele­gati che saranno varati al con­si­glio dei mini­stri (Cdm) di domani: «Al Cdm avremo tutto pronto», ha spie­gato Poletti uscendo dal con­fronto con il capo dell’esecutivo.
Il Jobs Act, quindi, avrà una sua prima decli­na­zione, e pro­prio sul fronte della parte più con­te­stata, quella che ha messo in sof­fitta l’articolo 18 per pas­sare al pre­ca­riz­zante «con­tratto a tutele cre­scenti». Non si cono­sce ancora il con­te­nuto del prov­ve­di­mento, e ieri è anzi tra­pe­lato — voce non smen­tita — che il governo sta­rebbe pen­sando ad auto­riz­zare il licen­zia­mento per «scarso rendimento».
Biso­gnerà capire se que­sta tipo­lo­gia — sem­pre che venga con­fer­mata l’intenzione — verrà inse­rita nell’ambito dei licen­zia­menti di carat­tere oggettivo/economico (il che sarebbe tec­ni­ca­mente più sem­plice, e non darebbe luogo, in forza della riforma stessa, al rein­te­gro) o invece in quelli disci­pli­nari (il che invece, visto che que­sti ultimi pre­ve­de­reb­bero in alcuni casi la rein­te­gra, com­pli­che­rebbe poi l’applicabilità). Ed è chiaro che un licen­zia­mento del genere, dovun­que lo inse­ri­sci, lasce­rebbe piena discre­zio­na­lità all’imprenditore.
Come sap­piamo con Mat­teo Renzi l’asticella del pos­si­bile si spo­sta sem­pre più verso l’hard, quindi pur­troppo c’è da temere di tutto: basti ricor­dare come fino all’estate il pre­mier insi­stesse ovun­que che l’articolo 18 non era tema di discus­sione, per poi ese­guire una bella gira­volta improv­visa a fine agosto.
I sin­da­cati per ora restano divisi sul da farsi. La Cisl pro­cede tran­quilla, e aspetta che tutto sia defi­nito per (even­tual­mente) pro­nun­ciarsi: «Non siamo abi­tuati a scon­tri pre­ven­tivi — dice la segre­ta­ria gene­rale Anna Maria Fur­lan — Siamo abi­tuati a veri­fi­care le leggi quando le abbiamo davanti. Il con­fronto non fini­sce qui. È fon­da­men­tale che il con­tratto a tutele cre­scenti dia rispo­ste al precariato».
Deciso a «resi­stere», come aveva già annun­ciato nel corso dello scio­pero gene­rale del 12 dicem­bre, è invece il segre­ta­rio gene­rale della Uil, Car­melo Bar­ba­gallo: «Dob­biamo dar vita a un’altra resi­stenza facendo bat­ta­glie sul merito di un Jobs Act e di una riforma del lavoro ini­que — ha spie­gato — Quello che non è riu­scito a fare Ber­lu­sconi lo sta facendo que­sto governo».
«La con­cer­ta­zione — ha pro­se­guito Bar­ba­gallo — non trova più spa­zio nella poli­tica dell’esecutivo, che invece si spreca in spot che spesso non cor­ri­spon­dono alla verità. L’intenzione di esten­dere i diritti a tutti i lavo­ra­tori, fino a prova con­tra­ria, è rima­sta sulla carta: l’articolo 18 è stato depo­ten­ziato, la faci­lità di licen­zia­mento è stata legit­ti­mata. Pro­vando a rele­gare il sin­da­cato e le parti sociali nell’angolo, annul­lando la con­trat­ta­zione nazio­nale e ridu­cendo il ruolo del sin­da­cato all’ambito aziendale».
«E non bastano — ha con­cluso il lea­der Uil — gli 80 euro, elar­giti peral­tro solo ad alcune cate­go­rie di lavo­ra­tori, dimen­ti­cando inca­pienti e pen­sio­nati. Que­sta riforma accon­tenta solo gli impren­di­tori, parla di licen­zia­menti e non di assun­zioni rese più facili. Tut­ta­via non per­diamo la spe­ranza che arrivi la con­vo­ca­zione per i decreti attuativi».
Né la Cgil, né la Fiom, ieri hanno fatto dichia­ra­zioni sul tema, ma nei giorni scorsi Susanna Camusso e Mau­ri­zio Lan­dini ave­vano spie­gato che la mobi­li­ta­zione sarebbe cre­sciuta: a mag­gior ragione se i decreti doves­sero essere peg­giori del previsto.
Even­tuali pro­te­ste sci­vo­lano a dopo le feste, con la pos­si­bi­lità per il governo — con il Paese in vacanza — di licen­ziare (la parola pare cadere a pen­nello) testi parec­chio spinti nei contenuti.
Pre­oc­cupa anche il capi­tolo inden­nizzi, che come è ormai noto, rischiano di essere molto infe­riori rispetto agli incen­tivi alle assun­zioni, ren­dendo quindi con­ve­niente per le imprese assu­mere per poi licen­ziare, senza sta­bi­liz­zare mai. La sot­to­se­gre­ta­ria al Lavoro Teresa Bel­la­nova ieri cer­cava di ras­si­cu­rare: «Sicu­ra­mente non ci sarà un peg­gio­ra­mento rispetto agli inden­nizzi attuali».
E intanto il pre­si­dente del Pd Mat­teo Orfini, per tenere buoni i pre­cari, ha pre­an­nun­ciato «un prov­ve­di­mento orga­nico sul lavoro auto­nomo», che con­terrà «diritti e tutele». Aggiun­gendo poi che nelle pros­sime set­ti­mane ver­ranno fatti incon­tri con le asso­cia­zioni delle par­titeIVA.

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