domenica 5 ottobre 2014

La Democrazia: un insediamento fallito in Afghanistan

Nel 2000 George W.Bush e Al Gore sono stati il vincitore e il perdente in un’elezione presidenziale degli Stati Uniti molto combattuta, con Gore che aveva ottenuto il 48,4% dei voti, e Bush il 47,9%, tra irregolarità e brogli. Alla fine il problema è stato
risolto non ricontando i voti, ma con una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di non contare i voti. Questo è stato irregolare, bizzarro e una parodia dell’elezione. Ma la recente elezione afgana è stata peggiore.
Considerate tutta la disperazione di coloro che si sono resi conto che i loro voti non contavano, tutta la disillusione per un sistema elettorale non trasparente che si è avuta negli Stati Uniti nel 2000, e immaginate dei cambiamenti. Immaginata un paese straniero, diciamo il Regno Unito, che arriva a negoziare un accordo di condivisione del potere tra Gore e Bush. Immaginate l’accordo che comportava il dover fare cambiamenti d’urgenza alla Costituzione degli Stati Uniti per soddisfare le ambizioni sia del vincitore che del perdente della competizione. Immaginate il perdente che insiste non soltanto per l’annullamento del risultato elettorale, ma anche perché il risultato non venga mai reso pubblico. Questo ci porta più vicino – ma la recente elezione afgana è stata ancora peggiore.
L’antefatto: nell’ottobre del 2001, il vincitore dichiarato dell’elezione degli Stati Uniti, George W. Bush, ha mandato le truppe a invadere l’Afghanistan e a causare un cambiamento di regime a Kabul. La maggior parte degli afgani dal 1996 al 2001 erano stati sotto il controllo dei talebani, un gruppo appoggiato dal Pakistan che stava combattendo per il controllo del territorio e delle risorse dell’Afghanistan. Gli oppositori dei talebani erano una coalizione di comandanti, che univano il potere militare, territoriale e commerciale con l’attività legale e illegale, in modo che li ha caratterizzati come ‘signori della guerra’. I signori della guerra avevano governato a Kabul, avevano distrutto e saccheggiato le loro parti di Afghanistan dal 1992 al 1996 e avevano ancora il controllo di zone dell’Afghanistan nel 2001. L’invasione di Bush ha fatto ritirare i talebani e ha riportato al potere i signori della guerra. I talebani sono andati prima al di là del confine con il Pakistan, e poi, anni dopo, sono ritornati a combattere il governo afgano e gli Stati Uniti dalle loro basi nelle zone dell’Afghanistan meridionale.
Dall’invasione degli Stati Uniti del 2001 fino ad adesso, l’Afghanistan è stato governato di un tipo diverso di coalizione. I signori della guerra sono tornati. Il governo afgano, creato dagli Stati Uniti, e guidato dal presidente Karzai, ha cercato di assorbire in esso i signori della guerra, con un certo successo. Gli Stati Uniti hanno sovrainteso alla nomina dei signori della guerra al governo, alla stesura della costituzione, e a due eventi elettorali che hanno portato nella legislatura quei signori della guerra, con Karzai alla sua guida. La forza militare è stata fornita dalle forze armate degli Stati Uniti (dal Canada e da altri partner) che hanno combattuto i talebani dalle loro basi fortificate, e hanno condotto attacchi aerei in tutto l’Afghanistan meridionale e nelle zone di confine con il Pakistan. Anche l’economia è stata organizzata dagli Stati Uniti e dai loro partner della NATO che hanno incanalato i finanziamenti per un modello neo-liberale, motivato dalla beneficienza che favoriva le organizzazioni non governative (NGO) invece che i programmi governativi. Il governo afgano era appoggiato contemporaneamente dall’Occidente in campo militare ed economico ed era anche deriso come corrotto e inefficace.
Gli Stati Uniti sono riusciti a installare le loro basi in Asia centrale e ad assicurarsi l’influenza nella regione, ma hanno anche istruito l’Afghanistan sul modo in cui dovrebbero farcela da solo – opponendosi, presumibilmente, all’alleato degli Stati Uniti, il Pakistan, e ai talebani. Il 2014 è stato fissato come la data per il ritiro degli Stati Uniti, e anche se sarà un ritiro tipicamente ambiguo, con le truppe e le basi che rimarranno, è stata stabilita una data simbolica e importante, e l’elezione afgana del 2014 si è stabilito che fosse importante. Se andrà bene, sarà un pacifico passaggio di potere da un governo eletto a un altro. Dopo 13 anni di occupazione, gli Stati Uniti sarebbero in grado di sostenere che avevano instaurato con successo una democrazia, almeno nel senso più limitato di una ‘democrazia’ come paese che ha avuto due s governi eletti l’uno dopo l’altro.
Quello che ha invece avuto l’Afghanistan non ha una precisa definizione secondo la scienza politica, ma in nessun modo potrebbe essere chiamata una democrazia in nessun senso della parola.
I talebani hanno minacciato gli elettori e hanno tentato di fermare le elezioni, ma la gente ha comunque votato. Secondo la costituzione afgana, se un candidato non ha ottenuto la maggioranza assoluta al primo turno, ce ne è un secondo con i candidati arrivati primo e secondo posto al ballottaggio. Al primo turno di voto nell’aprile 2014, Abdullah ha avuto il 45% dei voti, Ashraf Ghani il 31,56%.
Entrambi i candidati principali hanno collegamenti con i signori della guerra. Abdullah era vicino ad Ahmed Shah Massoud, che era il capo dell’Alleanza del Nord contro i talebani, fino alla sua uccisione appena prima dell’11 settembre 2001, e ha fatto la propaganda elettorale parlando della sua contiguità con il famoso militare e politico. Ashraf Ghani ha legami più deboli con i signori della guerra, ma il suo partito comprende il generale Rashid Dostun, uno dei signori della guerra che è sopravvissuto più a lungo e che è meglio organizzato ( vedere il libro di Anthony Giustozzi “Empires of Mud – Imperi di fango – per conoscere il contesto di vita di Dostun e di altri signori della guerra). Ghani ha condotto la sua propaganda come fautore del libero mercato, vicino all’Occidente, interessato allo sviluppo economico e nemico della corruzione. Partecipa anche un TED talk, una credenziale filo-occidentale molto solida. E’ stato al secondo turno, in giugno, che le cos hanno cominciato ad andare storte. E’ diventato chiaro all’inizio del secondo turno che Ghani avrebbe vinto. I risultati preliminari avrebbero dovuto essere annunciati in luglio, ma sono stati rimandati. Quando sono stati annunciati, con Ghani al 56,44% e Abdullah al 43,56%, Abdullah ha detto che avrebbe rifiutato di accettare il risultato, dichiarando che c’erano brogli. Dato che il nuovo governo dell’Afghanistan dovrebbe o combattere o negoziare con i talebani, (probabilmente entrambe le cose) e forse non potrebbero permettersi il lusso di un’opposizione assoluta da parate di una potente fazione, Abdullah deve aver deciso che aveva potere sufficiente per imporre dei termini indipendentemente dal risultato elettorale. E’ stata organizzata una verifica dei voti con la supervisione dell’ONU ed è stata completata in settembre.
Quale è stato il risultato della verifica dei voti fatta con la supervisione degli Stati Uniti? Potremmo non saperlo mai, perché gli Stati Uniti hanno negoziato un accordo di condivisione del potere, nominando Ghani presidente e creando una carica che potrebbe occupare Abdullah, che si chiama “Chief Executive”. Una delle clausole dell’accordo su cui insisteva Abdallah, era che i risultati del riconteggio non siano resi pubblici. Non soltanto i voti degli afgani non contano, i conteggi non possono essere neanche conosciuti.
Alcuni dei commenti occidentali sono stati strani quanto l’elezione stessa. L’editoriale del New York Times sull’argomento loda simultaneamente Kerry per aver negoziato l’accordo che chiamava “lungi dall’essere democratico” e notando che “alla fine della giornata i milioni di elettori afgani che hanno sfidato le minacce talebane di i voti sono stati lasciati a domandarsi se i loro voti contavano.” Un commentatore della BBC, David Loyon, ha deciso di pubblicare le congetture che ha sentito circa il risultato elettorale: “una fonte mi ha riferito che il margine della vittoria poteva essere del 3%, ma altre cifre che vengono citate dai funzionari afgani dicono che è più probabile si del 10%,” ma poi ha concluso che “nulla è sicuro a meno che o fino a quando la Commissione Elettorale Indipendente dell’Afghanistan non pubblicherà il risultato finale,” lasciando i lettori a chiedersi perché ha buttato lì le cifre 3% e 10% .I media occidentali hanno anche notato che sia Ghani che Abdullah appoggiano un accordo che permetta alle forze statunitensi di restare in Afghanistan. Un modo di riassumere questi commenti potrebbe essere: in realtà non sappiamo e non ci importa come hanno votato gli afgani, ma sembra che gli interessi occidentali saranno protetti dall’accordo che l’Occidente ha negoziato.
Tra tutte le incertezze circa quello che era accaduto, circa le agende reali e nascoste dei protagonisti, sui erano contati e ignorati, cioè una costante: ci si prende cura degli interessi occidentali. Questi interessi sono il motivo per cui gli afgani sono stati bombardati, sono questi il motivo per cui agli afgani sono stati offerti questi candidati, sono il motivo per cui i voti sono stati contati e sono il motivo per cui i loro voti sono stati fondamentalmente ignorati. Sia che l’accordo regga o che non regga – e probabilmente non reggerà – l’Afghanistan è un altro esempio di come le invasioni degli Stati Uniti non portano la democrazia anche più di dieci anni dopo.

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