I media
occidentali ci hanno raccontato che l’Isis è l’organizzazione
terroristica più ricca al mondo, ci hanno raccontato che parte delle
risorse finanziarie dell’Isis provengono dalle vendita del petrolio, ci
hanno spiegato che l’Isis è un gruppo (il più potente, probabilmente)
che fa parte della galassia di Al Qaida. Vi siete mai chiesti dove viene
custodita questa montagna di denaro? Otto anni fa la Cia e l’Fbi si
erano posti la stessa domanda. L’Isis non esisteva, ma Al Qaida sì.
Venne messa su una squadra speciale di cui fecero parte membri di tutti i
servizi segreti Usa (compresi dei consulenti esterni). Dopo due anni di
indagine la cassaforte era stata individuata. I consulenti vennero
pagati profumatamente, venne stilato un rapporto, venne tenuta una
seduta a porte chiuse presso una sottocommissione del Congresso. E alla
fine venne tutto insabbiato. Chi sapeva e tenne la bocca chiusa fece
carriera, chi si ribellò finì in galera. La banca in questione era
l’Unione banche svizzere (Ubs). Membro di quella commissione era
l’allora senatore dell’Illinois Barak Obama. Il principale finanziatore
delle sue campagne presidenziali è divenuto il presidente di Ubs
Americans. La rete finanziaria e bancaria di Al Qaida è oggi utilizzata
dall’Isis. Ma andiamo per ordine.
In piena “guerra al terrore”, promossa dall’Amministrazione Bush, negli Stati Uniti 2006 venne creata una squadra speciale d’investigazione finanziaria su Al Qaida. Cia ed Fbi stavano nel contrasto al terrorismo. E così si pensò che prosciugando i loro fondi bin Laden e gli altri estremisti islamici potessero esaurire la loro spinta bellica. Popoff in passato ha spiegato (documenti alla mano) di come fossero gli stessi servizi segreti statunitensi ad aiutare Al Qaida. Ma come tutte le strutture umane, anche quella dell’Amministrazione Usa non era un monolite: fianco a fianco lavoravano persone che servivano padroni e ideali diversi e che perseguivano scopi talvolta opposti.
A capo della squadra venne messo un consulente esterno. Booz Allen Hamilton era da tempo già consulente per il Pentagono. Era stato lui ad aver selezionato Edward Snowden quando era stato assunto dal National Security Agency. Hamilton era anche esperto di finanza internazionale. Facevano parte della sua squadra anche l’ufficiale dell’esercito Scott Bennett (vice di Hamilton), il capo dell’ente di controllo dei servizi segreti Mike McConnell e altri quattro funzionari del Nsa: James Clapper, Thomas Drake, William Binney e J.Kirk Wiebe.
Nell’anno e mezzo successivo i sette uomini indagarono sotto traccia in tutto il mondo. Seguirono molto tracce. Ma soprattutto trovarono un uomo, un funzionario della seconda banca svizzera: l’Unione banche svizzere, più conosciuta come Ubs. Brad Birkenfeld era il classico banchiere tutto d’un pezzo e (cosa, invece, non comune) convinto che il buon nome del suo istituto di credito fosse più importante della quantità di soldi ammassati nei suoi caveau.
Birkenfeld era anche un uomo interessato al denaro. E i centoquattro milioni di dollari versati dalla squadra di Hamilton su un suo conto furono un argomento molto convincente. Lo svizzero fornì i numeri di diciannovemila conti bancari, e poi numeri di cellulare, numeri di stanze d’albergo, date di appuntamenti, indirizzi email e altre informazioni in grado di smantellare la rete finanziaria del terrorismo.
«Ci vollero sei mesi per verificare tutte le informazioni dateci da Birkenfeld e per scrivere il rapporto finale. Finalmente, all’inizio del 2008 eravamo pronti per essere ascoltati dalla sottocommissione presieduta dal senatore democratico del Michigan Carl Levin», ha spiegato Benett a Popoff.
Le audizioni si tennero a porte chiuse. Solo i nove senatori poterono ascoltare tutta la storia e leggere il rapporto, intitolato “Shell Game” (127 pagine che Popoff ha avuto modo di visionare). Tra questi c’era il senatore dell’Illinois Barak Hussein Obama, futuro presidente degli Stati Uniti.
Ancora Bennett: «Ascoltarono Birkenfeld, ascoltarono me, ascoltarono altri testimoni chiave. E poi che cosa fecero? Minacciarono l’Ubs e la Hsbc? Le comminarono una multa? Denunciarono pubblicamente la cosa? Si rivolsero al governo svizzero e a quello britannico? Non fecero nulla di tutto questo. Insabbiarono tutto, sbatterono in galera me e Birkenfeld, secretarono “Shell Game” e si dimenticarono della faccenda. Ecco quello che fecero».
I due colossi bancari (l’Hsbc è la quarta banca del pianeta, l’Ubs la quattordicesima) non subirono alcun contraccolpo e i diciannovemila conti proseguirono nel veder transitare i soldi del terrorismo islamico. Bennett: «La cosa che scopersi solo dopo è che parte di quei conti era talvolta utilizzati anche dalla Cia. Ecco perché è stato insabbiato tutto, pensai. Ma forse c’erano anche altre ragioni più importanti, di valore geopolitico».
Che cosa ne è stato dei membri della sottocommissione e di tutti coloro che hanno messo gli occhi su quel rapporto? C’è chi è diventato ambasciatore, chi capo dell’antiterrorismo, chi presidente di commissione e chi inquilino della Casa Bianca.
Lo sapete chi è stato il principale finanziatore singolo della campagna presidenziale di Obama del 2008 e di quella che ha portato alla sua rielezione? Un certo Robert Wolf, presidente della Ubs Americas, il ramo statunitense dell’Unione banche svizzere. Ha donato mezzo milioni di dollari la prima volta e 434.800 dollari la seconda.
Ha concluso Bennett: «Oggi Quei diciannovemila conti sono la linfa vitale dell’Isis. Si sarebbe potuto evitare tutto questo. E, invece… Gli stiamo permettendo di finanziarsi e gli facciamo guerra al tempo stesso». Li hanno anche addestrati e armati, come ha dimostrato Popoff in diversi articoli già pubblicati da questo giornale.
In piena “guerra al terrore”, promossa dall’Amministrazione Bush, negli Stati Uniti 2006 venne creata una squadra speciale d’investigazione finanziaria su Al Qaida. Cia ed Fbi stavano nel contrasto al terrorismo. E così si pensò che prosciugando i loro fondi bin Laden e gli altri estremisti islamici potessero esaurire la loro spinta bellica. Popoff in passato ha spiegato (documenti alla mano) di come fossero gli stessi servizi segreti statunitensi ad aiutare Al Qaida. Ma come tutte le strutture umane, anche quella dell’Amministrazione Usa non era un monolite: fianco a fianco lavoravano persone che servivano padroni e ideali diversi e che perseguivano scopi talvolta opposti.
A capo della squadra venne messo un consulente esterno. Booz Allen Hamilton era da tempo già consulente per il Pentagono. Era stato lui ad aver selezionato Edward Snowden quando era stato assunto dal National Security Agency. Hamilton era anche esperto di finanza internazionale. Facevano parte della sua squadra anche l’ufficiale dell’esercito Scott Bennett (vice di Hamilton), il capo dell’ente di controllo dei servizi segreti Mike McConnell e altri quattro funzionari del Nsa: James Clapper, Thomas Drake, William Binney e J.Kirk Wiebe.
Nell’anno e mezzo successivo i sette uomini indagarono sotto traccia in tutto il mondo. Seguirono molto tracce. Ma soprattutto trovarono un uomo, un funzionario della seconda banca svizzera: l’Unione banche svizzere, più conosciuta come Ubs. Brad Birkenfeld era il classico banchiere tutto d’un pezzo e (cosa, invece, non comune) convinto che il buon nome del suo istituto di credito fosse più importante della quantità di soldi ammassati nei suoi caveau.
Birkenfeld era anche un uomo interessato al denaro. E i centoquattro milioni di dollari versati dalla squadra di Hamilton su un suo conto furono un argomento molto convincente. Lo svizzero fornì i numeri di diciannovemila conti bancari, e poi numeri di cellulare, numeri di stanze d’albergo, date di appuntamenti, indirizzi email e altre informazioni in grado di smantellare la rete finanziaria del terrorismo.
«Ci vollero sei mesi per verificare tutte le informazioni dateci da Birkenfeld e per scrivere il rapporto finale. Finalmente, all’inizio del 2008 eravamo pronti per essere ascoltati dalla sottocommissione presieduta dal senatore democratico del Michigan Carl Levin», ha spiegato Benett a Popoff.
Le audizioni si tennero a porte chiuse. Solo i nove senatori poterono ascoltare tutta la storia e leggere il rapporto, intitolato “Shell Game” (127 pagine che Popoff ha avuto modo di visionare). Tra questi c’era il senatore dell’Illinois Barak Hussein Obama, futuro presidente degli Stati Uniti.
Ancora Bennett: «Ascoltarono Birkenfeld, ascoltarono me, ascoltarono altri testimoni chiave. E poi che cosa fecero? Minacciarono l’Ubs e la Hsbc? Le comminarono una multa? Denunciarono pubblicamente la cosa? Si rivolsero al governo svizzero e a quello britannico? Non fecero nulla di tutto questo. Insabbiarono tutto, sbatterono in galera me e Birkenfeld, secretarono “Shell Game” e si dimenticarono della faccenda. Ecco quello che fecero».
I due colossi bancari (l’Hsbc è la quarta banca del pianeta, l’Ubs la quattordicesima) non subirono alcun contraccolpo e i diciannovemila conti proseguirono nel veder transitare i soldi del terrorismo islamico. Bennett: «La cosa che scopersi solo dopo è che parte di quei conti era talvolta utilizzati anche dalla Cia. Ecco perché è stato insabbiato tutto, pensai. Ma forse c’erano anche altre ragioni più importanti, di valore geopolitico».
Che cosa ne è stato dei membri della sottocommissione e di tutti coloro che hanno messo gli occhi su quel rapporto? C’è chi è diventato ambasciatore, chi capo dell’antiterrorismo, chi presidente di commissione e chi inquilino della Casa Bianca.
Lo sapete chi è stato il principale finanziatore singolo della campagna presidenziale di Obama del 2008 e di quella che ha portato alla sua rielezione? Un certo Robert Wolf, presidente della Ubs Americas, il ramo statunitense dell’Unione banche svizzere. Ha donato mezzo milioni di dollari la prima volta e 434.800 dollari la seconda.
Ha concluso Bennett: «Oggi Quei diciannovemila conti sono la linfa vitale dell’Isis. Si sarebbe potuto evitare tutto questo. E, invece… Gli stiamo permettendo di finanziarsi e gli facciamo guerra al tempo stesso». Li hanno anche addestrati e armati, come ha dimostrato Popoff in diversi articoli già pubblicati da questo giornale.
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