Perché se il costo dell’energia all’ingrosso
scende, la bolletta della luce è sempre più cara? Strana legge di
mercato o precisa strategia per favorire
chi fa cartello e imporre prezzi più salati al dettaglio? Di solito le
fregature si nascondono in mezzo a termini incomprensibili, come la voce
“oneri e sussidi”, che può raccontarci molto. Ad esempio che ogni anno
spendiamo oltre 300 milioni di euro per smantellare (lo chiamano
decommissioning) le centrali nucleari, anche se il programma è
sostanzialmente fermo da anni.
Oppure gli oltre 800 milioni di euro per la costruzione di un elettrodotto che va dalla Serbia all’Italia (li chiamano progetti di interconnection). Nei piani di chi l’ha pensata, quella struttura che non esiste e che paghiamo, servirebbe per importare energia che costerà 950 milioni di euro l’anno, ovvero il doppio che se la producessimo da soli. Poi ci sono i 48 milioni di euro (oltre 20 l’anno) per 2013 e 2014 per mantenere in vita il rigassificatore Olt di Livorno (di cui ci siamo già occupati), mai messo in funzione. Ma la lista delle cose che non vanno è lunga. E chi ha fatto i conti dice che i cittadini pagano oltre 10 miliardi in più di quello che devono. Perché?
I motivi sono differenti. Ma rimaniamo per ora sul prezzo dell’energia. Sappiamo che la diminuzione del suo costo è dovuta a diversi fattori, tra cui un minor utilizzo delle fonti tradizionali a combustibili fossili a favore delle rinnovabili. Infatti, la grande generazione di energia da eolico e fotovoltaico di questi ultimi anni ha fatto calare i prezzi all’ingrosso. Ma quel risparmio non è ancora stato trasferito nelle bollette degli italiani.
Da tempo l’Autorità per l’energia deve rivedere la struttura della bolletta, come previsto nel decreto Competitività, per far pagare meno i cittadini. Ma per il momento se la prendono comoda e i benefici da rinnovabili non li abbiamo ancora visti, anche se ci sono. Pressioni dalle lobby delle fossili? Forse. Ma di fatto esiste una differenza tra prezzo in borsa dell’energia (in costante calo dal 2009) e quella al dettaglio che invece è sempre più alta. Parliamo di 10 miliardi di euro, conti del M5S in Senato.
La forbice in questi anni si è allargata in maniera anomala, impedendo di fatto che l’effetto calmierante delle rinnovabili sul prezzo all’ingrosso arrivasse in bolletta. Stiamo parlando di una cifra spaventosamente alta, che in dieci anni ha fatto schizzare in alto i costi al dettaglio del 53%. Tutti soldi sottratti ai bilanci delle famiglie italiane, che ormai da tempo si sentono ripetere che devono tirare la cinghia.
Anche per la Commissione europea i produttori hanno esagerato, aumentando i propri utili a dismisura e in modo improprio. La situazione italiana è anche peggio: le utilities pubbliche realizzano profitti anche più alti delle cugine europee. Il margine di Enel, ad esempio, è cresciuto da 116 milioni di euro nel primo trimestre del 2009 a ben 322 milioni di euro nel primo trimestre del 2014. Troppo? Considerate premesse sembrerebbe di sì. Soprattutto perché l’Italia sconta un ritardo preoccupante tra investimenti per così dire sbagliati e norme stranamente ignorate. Ogni provvedimento mancato però è un danno economico per le famiglie.
Oppure gli oltre 800 milioni di euro per la costruzione di un elettrodotto che va dalla Serbia all’Italia (li chiamano progetti di interconnection). Nei piani di chi l’ha pensata, quella struttura che non esiste e che paghiamo, servirebbe per importare energia che costerà 950 milioni di euro l’anno, ovvero il doppio che se la producessimo da soli. Poi ci sono i 48 milioni di euro (oltre 20 l’anno) per 2013 e 2014 per mantenere in vita il rigassificatore Olt di Livorno (di cui ci siamo già occupati), mai messo in funzione. Ma la lista delle cose che non vanno è lunga. E chi ha fatto i conti dice che i cittadini pagano oltre 10 miliardi in più di quello che devono. Perché?
I motivi sono differenti. Ma rimaniamo per ora sul prezzo dell’energia. Sappiamo che la diminuzione del suo costo è dovuta a diversi fattori, tra cui un minor utilizzo delle fonti tradizionali a combustibili fossili a favore delle rinnovabili. Infatti, la grande generazione di energia da eolico e fotovoltaico di questi ultimi anni ha fatto calare i prezzi all’ingrosso. Ma quel risparmio non è ancora stato trasferito nelle bollette degli italiani.
Da tempo l’Autorità per l’energia deve rivedere la struttura della bolletta, come previsto nel decreto Competitività, per far pagare meno i cittadini. Ma per il momento se la prendono comoda e i benefici da rinnovabili non li abbiamo ancora visti, anche se ci sono. Pressioni dalle lobby delle fossili? Forse. Ma di fatto esiste una differenza tra prezzo in borsa dell’energia (in costante calo dal 2009) e quella al dettaglio che invece è sempre più alta. Parliamo di 10 miliardi di euro, conti del M5S in Senato.
La forbice in questi anni si è allargata in maniera anomala, impedendo di fatto che l’effetto calmierante delle rinnovabili sul prezzo all’ingrosso arrivasse in bolletta. Stiamo parlando di una cifra spaventosamente alta, che in dieci anni ha fatto schizzare in alto i costi al dettaglio del 53%. Tutti soldi sottratti ai bilanci delle famiglie italiane, che ormai da tempo si sentono ripetere che devono tirare la cinghia.
Anche per la Commissione europea i produttori hanno esagerato, aumentando i propri utili a dismisura e in modo improprio. La situazione italiana è anche peggio: le utilities pubbliche realizzano profitti anche più alti delle cugine europee. Il margine di Enel, ad esempio, è cresciuto da 116 milioni di euro nel primo trimestre del 2009 a ben 322 milioni di euro nel primo trimestre del 2014. Troppo? Considerate premesse sembrerebbe di sì. Soprattutto perché l’Italia sconta un ritardo preoccupante tra investimenti per così dire sbagliati e norme stranamente ignorate. Ogni provvedimento mancato però è un danno economico per le famiglie.
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