domenica 12 ottobre 2014

LA TRAGEDIA DI GENOVA

Un giorno di pioggia intensa e a Genova si manifesta, per l’ennesima volta, l’intesa perfetta tra urbanizzazione e stagione delle piogge. L’ennesima, repentina, alluvione. Un deja-vù. A una quantomeno strana estate, è seguito un torrido settembre e, così, nel giro di pochi giorni, i primi giorni di piogge, torrenziali, hanno di nuovo bussato alla porta di Genova. Senza scomodare i cambiamenti climatici, certamente influenti sulle dinamiche meteorologiche e ecologiche dell’area del mediterraneo, senza dilungarsi sui fenomeni meteorologici importanti a cui è sottoposta questa particolare area geografica, senza inoltrarsi nella climatologia ligure, con piogge intense e ben localizzate, né nelle dinamiche idrografiche e del regime torrentizio ligure, è evidente che, a Genova, il problema è l’urbanizzazione e la saturazione di cemento e infrastrutture, il cui impatto sull’ambiente è ormai sotto gli occhi di tutti, innegabile. Chi dice il contrario, chi nega, mente, parla in malafede, o in ignoranza. Ancora una vittima, ancora un morto. Sempre a Marassi.
La causa dell’ alluvione, degli allagamenti, di tutti i “danni” della pioggia di oggi sono da addebitare alla colata di cemento a cui è sottoposto il territorio genovese dallo scorso secolo, a chi l’ha voluta, sostenuta e sviluppata, a quella classe dirigente politico-economica assassina, che tutt’ora persevera nel gonfiarsi le tasche con la distruzione del territorio, dividendosi il bottino con aziende, lobby e affaristi senza scrupoli. Non è una caso che le zone più colpite, ancora una volta, siano la Valbisagno e la Valpolcevera, i quartieri collinari e le aree urbane a fondo delle valli genovesi. Ma è tutta la città di Genova, da ponente a levante, a subire di nuovo i disastri voluti dalla classe politico-economica, fautrice locale di quel modello di sviluppo che sta devastando il pianeta: lo sviluppo capitalista. Aggressione edilizia del territorio, estesi disboscamenti, sfruttamento delle aree fluviali, l’urbanizzazione, con il suo treno di cementificazione, di dissesto idrogeologico e costrizione delle dinamiche idrografiche naturali, l’industrializzazione, sono all’origine dell’eterna emergenza di Genova. Ebbene, vediamo che negli anni la classe dirigente, ha trovato sempre il modo di tradurre i disastri che ha causato in nuovi profitti e nuovi progetti distruttivi (oltre che in più ampi spazi di potere e controllo), di nascondere tutto sotto una spessa coltre di menzogne, e senza neanche domandarsi se fosse il caso di fermarsi, ha continuato (per nulla indisturbata) a perseverare nel distruggere il territorio per farne profitto. Le esondazioni dei torrenti Sturla, Scrivia, Bisagno e Fereggiano e dei rii minori sono fenomeni naturali; a non esserlo sono il contesto urbano che le determina e caratterizza, in cui avvengono e in cui sono costrette, con tutte le conseguenze. Per Genova, l’ennessimo bollettino di guerra.
A Trasta, ancora una volta, un fiume di fango dovuto al dilavamento delle zone disboscate per i cantieri del TAV-Terzo Valico ha invaso la strada principale. Allagamenti e colate di fango diffuse in tutta la Valpolcevera, sia sul lato destro che sinistro di tutta la vallata. Laddove sorgevano i boschi e le colline di Trasta e San Quirico, sorgono ora due enormi cantieri dell’Alta Velocità, quello della “galleria Campasso” e quella della “finestra Polcevera”, voluti da COCIV con la sentita partecipazione del Comune di Genova, Regione Liguria e dello Stato italiano. Qui, fino all’anno scorso, vivevano le due colline sopra Via Castel Morrone e Via Tecci, che giorno dopo giorno vedevano la città avvicinarsi minacciosa sempre più. I loro boschi saldavano i versanti, impedivano il veloce scorrere dell’acqua, ne rallentavano la forza. COCIV e istituzioni, lì, hanno avuto la meglio sulla lotta no tav che da due anni continua con coraggio da Genova fino al Basso Piemonte. Gli operai del COCIV, incitati dai sui dirigenti, acclamati dal governi Comunale e Regionali per bocca di Doria, La Paita e Bernini, applauditi da Ministri e segretari di governo, hanno iniziato la loro opera distruttiva. Benne, ruspe, trivelle, camion e gallerie hanno sostituito quelle distese di alberi. E le conseguenze non hanno tardato a presentarsi. Non è la prima volta che Trasta viene colpita dai fiumi di fango dei cantieri del TAV, solo pochi giorni fa era successo a San Quirico-Pontedicimo. Così più volte nell’ultimo anno, così chissà quante altre volte ancora. Questo è solo l’inizio. Chi ancora avrà il coraggio di dire che le priorità di Genova sono le grandi opere e il Tav-Terzo Valico, si commenta da solo, dovrà essere zittito in ogni occasione.
Quello che abbiamo sotto gli occhi ancora una volta oggi, è lo scenario a cui ci vorrebbero abituare, se non fermiamo i loro piani scellerati. Questo, il triste futuro a cui ci vorrebbero rassegnati e impotenti. La realtà dei fatti ci travolge; a chi ancora non ha aperto gli occhi, a chi ancora non ha alzato la voce, a chi ancora non si è messo di mezzo sul serio: questo è il momento. Sollevarsi, ribellarsi, rivoltarsi, è possibile.La rassegnazione è il primo nemico da sconfiggere.La consapevolezza di chi si oppone a questo modello di sviluppo e alle Grandi Opere trova ancora una volta la realtà a dargli conferma ulteriore.C’è dice NO, chi lotta, chi resiste a questa devastante e disastrosa idea di mondo che anche nell’Alta Velocità si concretizza.
Quello che i no tav, insieme a tanti altri, dicono da anni si manifesta ogni giorno di più. Lo scenario di oggi fa rabbia, rabbia enorme: bisogna continuare a lottare. Bisogna bloccare il Terzo Valico e le grandi opere, una volta per tutte. Fermiamoli.

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