Non tutti gli scandali vengono per nuocere. Anzi…
E’ la triste lezione della Tangentopoli numero uno,
oltre venti anni fa. Il terremoto politico innescato da una banale
mazzetta in un Pio Albergo Trivulzio qualsiasi sfociò, al termine di due
anni convulsi come pochi, tutto il potere nelle mani del re dei
corruttori. Anche Tomasi di Lampedusa sarebbe rimasto sorpreso dell’abilità dei gattopardi contemporanei…
Gli arresti per il Mose di Venezia arrivano a pochi giorni di distanza da quelli per l’Expo 2015 a
Milano. Testimoniano entrambi del fatto che classe politica e imprenditori sono edificatori
solidali di un sistema corruttivo senza alternative. Siamo in un
micromondo dove il capitalismo non è mai davvero arrivato e prevalgono
ancora le logiche della cosca rispetto a quelle dell’imprenditorialità.
Non che queste siano “migliori”. Semplicemente corrisponderebbero più
precisamente al contesto – “i mercati” – entro cui anche questo paese
risulta inserito.
Il governo Renzi rappresenta forse l’ultimo tentativo, col pieno sostegno dell’Unione Europea e della Troika, di trasformare la governance di questo paese mettendo al centro l’impresa tout court,
senza più quel groviglio di interessi intrecciati tra amministrazione
pubblica corrotta, impresa fuori mercato ma corruttrice e quindi
sopravvivente solo grazie agli appalti pubblici, malavita organizzata e
cecità generale.
Per questo, dunque, gli scandali recenti possono essere gestiti al meglio, come “il passato che non vuol passare”, come la “vecchia politica” che va “rottamata” creando nuovi poteri e nuove regole. E’ un regime super centralizzato contro cui nessuno si deve poter illudere di continuare ad agire come prima.
La reazione alla raffica di arresti è stata dunque scontata: un’accelerazione sul ddl anticorruzione,
per dare immediatamente tutti i poteri operativi necessari al “grande
commissario”, all’uomo solo al comando, per il momento incarnato dal
magistrato anti-camorra Raffaele Cantone. Un personaggio al di sopra di ogni sospetto, con una carriera cristallina alle spalle. Un nuovo Di Pietro, simile a quell’icona prima dell’ingresso “in politica”.
Il problema centrale per il governo è infatti quello di dare seguito alle grandi opere,
non ripensarne l’utilità o “necessità”. Soprattutto per quanto riguarda
l’Expo, elevato ormai a “vetrina” della ritrovata verve italiana
davanti al mondo.
Di fatto, si tratta di una torsione centralizzatrice perfettamente
coerente con l’orizzonte istituzionale del nuovo governo. Naturalmente
“motivata” con nobili intenzioni, ma generante un potere
incontrollabile. Non osiamo pensare a cosa potrebbe accadere se al posto
di Cantone, un futuro governo (o anche questo) dovesse piazzare un più
disinvolto referente delle lobby dei grandi appalti…
Una torsione evidente da mille dettagli. Si può forse credere che lo
“tsunami di sgomberi” delle occupazioni di immobili, attivato in tutta
Italia nelle ultime due settimane, sia una pura coincidenza temporale di
autonome iniziative delle questure locali? Chiaro che no.
Una prova addirittura solare è nella querelle sul proclamato sciopero
della Rai. Dichiarato velocemente “illegittimo” – a causa della quasi
coincidenza con lo sciopero nei servizi pubblici proclamato da U.s.b. –
ha “animato” reazioni mediatiche generali pro e contro il governo. Ma
quando Usb si è fatta sentire per invitare i lavoratori Rai ad unirsi
allo sciopero del 19, invece che insistere sulla data del 21, è
improvvisamente calata una cortina di silenzio generale. Che non si può
non definire “complice”.
La costruzione di un regime implica davvero un “cambio di passo”.
Non solo una nuova retorica e un nuovo immaginario, ma un campo di
valori completamente diverso e soprattutto una centralizzazione assai
più ferrea. La priorità programmatica resta naturalmente quella chiesta
dall’Unione Europea e dalle imprese: liquefare il mercato del lavoro, in
modo da consegnare alle imprese lavoratori spogliati di diritti e forza
contrattuale, soli e senza collegamenti solidali. Ma per far passare
questo programma con il minimo di conflittualità possibile vanno
benissimo – anzi: servono come il pane – scandali che facciano vedere ex
potenti, politici, amministratori e imprenditori felloni varcare le
porte delle galere.
Un lavacro pubblico che dovrebbe consegnare alla “nuova classe
politica” le chiavi dello Stato per almeno un paio di decenni a venire.
Per portare a termine le “grandi opere”, tutto sommato, si stanno già
facendo avanti altri imprenditori. Si cambiano le facce e persino il
gioco. Ma non di molto.
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