Nulla è come appare nel grande groviglio siriano,
l’ombelico di un intrico ancora più grande che si propaga sul mondo. La
narrazione dei mass media dominanti è la risultante di infinite
manipolazioni. Per chi la accetta passivamente è impossibile capire la
realtà. Quella narrazione da noi si intreccia con le eterne pressioni che si scaricano da sempre sulla politica italiana.
Seguo da molti anni in dettaglio la
crisi siriana e la vedo come parte di una crisi più vasta, in cui certi
equilibri cambiano ogni giorno, mentre certi cliché non cambiano mai.
1) Il bombardamento della notte del 14 aprile
tecnicamente non ha avuto nessun impatto strategico-militare reale. Del
centinaio di missili lanciati il 70% è stato abbattuto dall’antiaerea
siriana che usa vecchi sistemi sovietici. Il rimanente 30% ha colpito
perlopiù edifici abbandonati privi di qualsiasi interesse strategico e
un laboratorio dove si producevano farmaci.
Molti missili sono stati lanciati contro
il centro di ricerca e sviluppo di Barzah, ritenuto colpevole, secondo
le dichiarazioni ufficiali, di “produrre clorina e sarin”. Solo che il
22 novembre scorso l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi
Chimiche (OPCW) aveva ispezionato proprio il centro di Barzah e aveva
escluso che producesse armi chimiche. I risultati sono stati
riconfermati il 23 e il 28 febbraio del corrente anno. Lo si può leggere
nel report del 13 marzo:
In pochi minuti le forze armate
statunitensi hanno mandato in fumo proprie dotazioni per un valore di
duecento milioni di dollari e i fornitori di missili si sono sfregati le
mani perché saranno loro a ricostituire le scorte. Mi pare
chiaro che a Washington non abbiano nemmeno lontanamente voluto sfidare
la vera capacità di risposta dell’alleato di Damasco, la Russia,
che disponeva sia di sistemi antimissile di trent’anni più avanzati
rispetto a quelli delle forze armate siriane, sia di capacità di
rappresaglia in grado di annichilire tutti i punti di lancio dei missili
(navi o altro). Questo significa che all’interno dell’amministrazione
Trump quelli che volevano una guerra di grandi proporzioni sono stati
gentilmente accompagnati a un vicolo cieco, almeno per ora. E significa
che c'erano canali di comunicazione fra le capitali occidentali e Mosca
per assicurarsi che la costosissima e rischiosissima rappresentazione
teatrale non generasse equivoci ed escalation. Alla fine tutti salvavano la faccia.
Fa nondimeno impressione che dentro
questa consapevolezza in qualche misura “collaborativa” sul limite da
non oltrepassare (dove comunque i russi erano in massima allerta), la pièce
dovesse comunque svolgersi con tutti i suoi sviluppi obbligati, dalle
esplosioni alle indignazioni ai titoloni alle riunioni ONU. Tutto
dannatamente teatrale eppure autentico.
2) Le armi di distruzione di massa
(in particolare il "gas", sia che si parli di un attentato a una ex
spia "bruciata" e innocua, sia che si tratti di stragi che coinvolgono
civili) vengono richiamate come un feticcio, un'allusione a un tabù storico che fa oltrepassare una "linea rossa": laddove si allude a un gas si allude a un qualche nuovo Hitler da strapazzare.
Per chi spinge alla guerra, le prove non contano più nulla, conta solo
un'opinione sul gas, non importa se sia cloro, sarin, o il
misteriosissimo gas "di consistenza gelatinosa" di cui parla
l'imprenditore mediatico Roberto Saviano. Si prendono per oro colato
notizie inverificabili provenienti da ambienti compromessi con
l'oscurantismo jihadista e le si usa per una rapida hitlerizzazione di
un qualche governante da abbattere con i mezzi della guerra totale in un
contesto alle soglie della guerra atomica, come se i disastri e le
menzogne delle aggressioni all’Iraq e alla Libia non avessero insegnato
nulla.
Di fronte a rischi così forti risulta
essere un gravissimo errore intellettuale e politico (purché non si
tratti di malafede) il sollecitare nel pubblico reazioni emotive
incontrollate ed esasperate, basate su dicerie rilanciate da un circuito
politico-mediatico gravato da pessimi precedenti che lo rendono
inattendibile. È confortante notare che in questo contesto difficoltoso,
in cui le pressioni sono molto intransigenti, emergano prese di coscienza ragionate come quella dell'ex ambasciatore britannico in Siria, Peter Ford,
che punta il dito sull'ultimo caso gas in Siria, da lui visto come
l'ennesima creazione della premiata ditta jihadista per giustificare il
pretesto per una guerra totale.
3) Per quanto il bombardamento del 14
aprile fosse sostanzialmente “contraffatto”, gli Stati Uniti, il Regno
Unito e la Francia hanno violato in modo “vero” la legalità internazionale, eccome. Si è trattato di un’aggressione – l’ennesima – a carico di un paese sovrano che fa parte dell’ONU,
con effetti indiretti in grado di generare comunque pericolose
ripercussioni. Ad esempio non è la prima volta che in occasione di
aggressioni dirette delle potenze occidentali a danno delle forze armate
siriane, i tagliagole dell’ISIS lancino delle
offensive con qualche successo. Anche in questa circostanza, infatti,
l’esercito siriano, in vista dell’attacco annunciato ha dovuto lasciare
sguarnite certe aree contese con l’ISIS, che ne ha approfittato
all’istante. Non va mai dimenticato che chi ha retto l’urto dell’ISIS
fino a infliggergli sconfitte decisive è stata la Siria con l’aiuto
decisivo della Russia. È imperdonabile oggi voler offrire altre chances
all’ISIS.
4) Stati Uniti, Regno Unito e Francia
sono membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con diritto
di veto e sono altresì membri del “club nucleare”. In questa veste si
sono ripreso ancora una volta il ruolo abusivo di potenze sciolte dal
vincolo di dover sottostare a importantissime norme internazionali. Con
queste azioni fanno valere un peso speciale che comprime le alleanze sovranazionali di cui fanno parte, soggette costantemente a subire la loro preponderanza. Nella NATO e nella UE loro sono “animali più uguali degli altri”.
Dispongono di mezzi diplomatici fortemente orientati a far valere
questa preponderanza, presidiano abilmente l’ordine del giorno dei
principali media per stabilire l’agenda delle notizie e condizionare le
mosse degli attori internazionali nonché il sentimento medio
dell’opinione pubblica, zavorrano gli spazi di manovra delle personalità
politiche nazionali con lacci e lacciuoli. Nella scorsa legislatura la commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro
ha messo agli atti alcune importanti scoperte sulle dinamiche che hanno
condizionato nel corso dei decenni la sovranità italiana per via del
peso di alleati che da un lato ci sono amici, dall’altro ci investono
con mille pressioni e azioni ostili e perfino golpiste. Non è solo
materia sanguinosa di una storia passata, è ancora carne viva e dolente della politica italiana attuale:
vi saremo ancora dentro finché non rinunceremo ad esercitare un ruolo
nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, finché non decideremo di appaltare
tutta la nostra politica estera a potenze straniere, finché non
concepiremo le alleanze come meri vassallaggi anziché come
partecipazioni più equilibrate. Ognuno degli attori politici attuali sa
di affrontare una perenne corrente di influenze esterne profondamente
radicate nel sistema, influenze a cui non par vero di sfruttare ogni
spiraglio generato da una crisi di governo difficilissima come quella di
oggi. Se nulla è come appare, ogni parola spesa per risolvere la crisi
di governo nasce in un contesto che non ammette semplificazioni.
5) Il quadro degli accordi di governo possibili
in Italia è gravemente condizionato dal fatto che pezzi significativi
del sistema politico e molti apparati hanno un’abitudine ormai rodata a
sottomettersi a coloro che dicono “fate presto”. Lo spiega bene Debora Billi:
«I media come sempre fanno la loro parte, che è poi quella del leone.
Remano con forza nella direzione del governo “responsabile”, con la
speranza che le leve del comando siano riconsegnate a chi le ha tenute
saldamente finora, tradendo così la volontà popolare del 4 marzo. Ma
anche molti media alternativi sul web -forse non volontariamente-
contribuiscono allo stesso frame, pretendendo a gran voce dai
politici più in vista dichiarazioni adamantine contro la guerra, contro
la Nato, contro gli alleati, e stigmatizzando come servo e zerbino chi
non ottempera all’istante. I social fanno il resto, alimentando tra gli
stessi cittadini tale battaglia ideologica, e chiudendo così il cerchio
destinato a legare inestricabilmente il futuro governo agli eventi di
questi giorni in Siria.» Molti stanno inconsapevolmente lavorando - come
si usa dire - per il Re di Prussia, e rischiano di far sì che si
abbiano «i missili sulla Siria come movente perfetto per cancellare con
un colpo di spugna la scomoda volontà popolare: sta quindi a noi non
cadere nella trappola, e continuare a reclamare un governo che rispecchi
ciò che è accaduto il 4 marzo e non ciò che è accaduto il 14 aprile».
6) È importante risolvere la partita del governo senza farsi vincere dalla fretta, anche in materia di politica estera.
Il programma esteri con cui il Movimento Cinque Stelle si è presentato
alle elezioni offre spunti decisivi per costruire assieme ad altre forze
parlamentari un accordo di governo grazie al quale la Repubblica
Italiana possa recuperare il proprio importante ruolo di grande
mediatore del Mediterraneo, con un governo in grado di vantare un
approccio profondamente iscritto nella vocazione storica dell’Italia
democratica, molto più equilibrato rispetto a quello imposto da chi in
questi anni ha usato la guerra per nuove avventure neocoloniali, tutte
dannose anche per la nostra repubblica.
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